Di Alessandro Mella
Carlo Alberto, primo vero padre della patria, a Novara aveva visto cadere il suo astro immeritatamente dopo aver sfoderato sciabola e coraggio in nome dell’indipendenza italiana.
La prima delle guerre condotte per la libertà nazionale aveva, infatti, sorriso all’Austria in particolare dopo, appunto, le ore drammatiche della “brumal Novara”, del 23 marzo 1849.
Quelle giornate furono quelle in cui l’eroismo dei soldati italiani si mostrò con tutta la sua forza ed energia disperate pur non bastando ad arginare la preponderanza di un nemico numericamente superiore per uomini e risorse.
Quando il sospirato percorso di unione del paese fu finalmente completato venne, giocoforza, desiderio di rendere onore a quei martiri caduti ed anche ai loro nemici; in spirito di pacificazione.
Per questa ragione si decise di edificare un monumento che potesse ricordare quei soldati ed unirli nell’ultimo riposo.
La progettazione fu affidata all’architetto milanese Luigi Broggi il quale poté poi contare su di una buona disponibilità resa possibile da una sottoscrizione popolare:
Si sta costruendo un ossario monumentale alla Bicocca, borgata distante due chilometri da Novara, e resa celebre dalla battaglia del 1849. Il monumento, di cui il disegno è dovuto all’ingegnere Broggi di Milano, sarà una piramide grandiosa, simile a quella di Caio Cestio, che si vede a Roma fuori della porta S. Paolo.
Il monumento è dovuto a sottoscrizioni. Fra i sottoscrittori vi è l’Imperatore d’Austria, che, ricordandosi che nella battaglia, fortunata per lui, gloriosa per noi, un gran numero di Austriaci perdettero la vita, ha voluto concorrere a quell’opera pia per una somma considerevole.
L’ossario sarà inaugurato solennemente il 23 marzo prossimo, trentesimo anniversario della battaglia. (1)
Venne innalzata una struttura piramidale di dodici metri di base e di sedici di altezza nei quali furono poi traslati i resti dei combattenti.
Molti anni dopo, era il 1910, fu poi collocato un’opera bronzea a memoria di Carlo Alberto e dei generali che quel giorno caddero sul campo, Giuseppe Passalacqua ed Ettore Perrone di San Martino, i quali si coprirono di gloria.
Fu proprio in coincidenza con l’anniversario dello scontro armato che a Novara si radunarono militari, civili, autorità e veterani per inaugurare quella curiosa piramide che avrebbe raccolto in un solo sacrario laico gli eroi, di entrambe le parti, di quel disperato giorno lontano nel tempo e nella memoria.
Volti commossi, barbe canute, giovani pieni di amore per il paese, diplomatici e petti ricurvi per l’età e per il peso di importanti medaglieri:
NOVARA. – L’inaugurazione del Monumento alla Bicocca che ebbe luogo domenica scorsa, riuscì solennissima. Erano presenti alla cerimonia dieci generali italiani, il rappresentante del Governo Austro Ungarico, molti ufficiali superiori, vani deputati e senatori, e le rappresentanze di tutte le armi dell’esercito.
Molti furono i discorsi, fra i quali notiamo il mesto ricordo fatto dal generale Di-Pettinengo dei due nostri concittadini fratelli Levmy, che in quella giornata sparsero il loro sangue per affetto al re e alla patria. La città era animatissima, e numeroso il concorso dai forestieri. L’Ossario a forma di piramide, nella sua semplicità è grandioso, e fa molto onore al giovine architetto Broggi. – Sembra che a surrogare il prefetto Bosia, invece del Pissavini, sia destinato il Comm. Millo piemontese. (2)
Domenica scorsa, 23, compievasi alla Bicocca presso Novara una pia, solenne ed imponente funzione, inauguravasi cioè l’Ossario, che la pietà italiana fece innalzare a quei prodi, che nella sgraziata battaglia ivi combattutasi nel 1849, vi lasciarono miseramente la vita (…).
L’Ossario a forma di piramide, nella sua semplicità è grandioso ed imponente. L’egregio nostro concittadino Vincenzo Besso, un avanzo onorato delle guerre del 1848 e 49, pronunciava a nome dei veterani il seguente discorso, che in parte vedemmo pure riprodotto sul Popolo di Torino, e che noi, grazie alla gentilezza del Besso, pubblichiamo per intiero.
«Bello e nobile fu il concetto d’erigere questo pietoso storico Monumento; lode a chi l’ideò e vi concorse, ed in special modo lode a chi seppe in oggi qui raccogliere tanti e distinti patrioti, tendenti tutti ad incoronare la grand’opera, apponendovi così l’imperituro suggello nazionale, e consegnare il gran fatto alla storia, in un coi nomi di chi sapeva morire da forte (e per quel giorno invendicati) al grido di viva la patria, fuori lo straniero.
Premetto ancora, che la civiltà volle che i resti mortali dei caduti fossero con eguale delicatezza e riverenza raccolti e tumulati in un solo avello patrioti e stranieri. Era il 23 marzo 1849, giorno di rovescio per le armi patriottiche, giorno d’angoscie e di raccapriccio, ma non di perduta fede per la santa causa. Un pugno di prodi su questa celebrata Bicocca seppe in quel giorno tenere in rispetto per molte ore un formidabile nemico esercito. Si attacca battaglia spiegando coraggio e valore; questo istorico terreno vien disputato palmo a palmo; si avanza, si indietreggia; ma al grido di viva Carlo Alberto, viva l’Italia; lo spirito guerriero viemmeglio si riaccende: la zuffa è micidiale, accanita, feroce. Oh, quanto costa il riscatto della nazione! Oh, quanto sangue italiano scorre su terra italiana!… I prodi cadendo cento a cento mostrano allo straniero che cosa sia il diritto e l’amore di patria. I pochi superstiti, a guisa di furenti leoni, che vendicano il patito insulto, tentano ed insistono, spiegando inauditi sforzi per un’ultima prova; ma indarno! I sostegni mancano! E l’orribile fato ci dichiara … vinti !!… Voi, o prodi, cui i resti mortali qui presso a noi stanno religiosamente raccolti ed uniti, almeno voialtri in quel nefasto giorno, avendo di già pagato colla vita il sommo dei tributi alla patria, foste salvati dall’onta e dalla responsabilità imposta di servire da testimonio a quel patto e conseguenze, che era peggiore di mille morti, che Dio solo ne può essere giudice, perciò tiriamoli sopra un pietoso velo. La spada vindice che per poco si credeva caduta nel fango, non a caso venne consegnata nelle mani del Figlio non degenere; e quella temprata di nuovo sui dolori della Nazione, sulla concordia col popolo, divenne terribile folgore che i nemici schiantò.
Ed ora voi, o alme elette, che dall’alto ci vedete qui in atto di venerazione delle vostre mortali reliquie, potete accertarvi che il vostro sangue non venne sparso invano, o che chi sa cadere da forte, cade sì, ma non muore. Novara, 23 marzo 1879. Vincenzo Besso Veterano delle patrie battaglie. (3)
Colpì particolarmente l’intervento del delegato austriaco che, in un clima di grande distensione diplomatica, tenne un discorso unanimemente apprezzato in nome di un futuro di pace tra i due paesi che, purtroppo, fu spezzata qualche anno dopo non senza reciproche ambiguità.
Nondimeno il suo discorso fu, quel giorno, molto apprezzato e notato:
Tutti furono applauditi, specialmente il degno rappresentante dell’Austria, il quale, in buonissimo italiano, encomiò il sublime concetto di accomunare le ossa dei combattenti nemici e terminò gridando: Viva il Re.
Ecco la semplice bellissima iscrizione che si legge sull’ossario, fatto forma di piramide larga alla base m. 12 X12 ed alta m. 18: Ai caduti nella battaglia di Novara delli 23 marzo 1849.
La marcia reale e l’inno nazionale austriaco furono suonati al principio ed al fine della cerimonia d’inaugurazione. (4)
Ancora oggi il monumento, sopravvissuto a guerre e calamità, sorge ove fu innalzato tanto tempo fa. E come sempre capita, molti vi passano innanzi senza fermarsi, senza pensare e spesso senza sapere.
Meriterebbe più restauri, più cura, più affezione ed amorevoli attenzioni. Ma nel terzo millennio c’è poco tempo, poco spazio, per chi diede la vita più di cento anni fa per garantirci questa ingrata modernità.
Alessandro Mella
NOTE
1) Gazzetta Piemontese, 31, Anno XIII, 31 gennaio 1879, p. 3.
2) Corriere Eusebiano, 13, Anno V, 30 marzo 1879, p. 2.
3) Il Corriere Biellese, 13, Anno IV, 29 marzo 1879, pp. 1-2.
4) Gazzetta di Mondovì, 37, Anno XI, 27 marzo 1879, p. 3.
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