Vittime della guerra fredda
Durante le vacanze estive finalmente ho letto, “Vaticano. Un affare di Stato. Le infiltrazioni – l’attentato – Emanuela Orlandi”, un dossier scritto da Ferdinando Imposimato, Koinè (II ristampa 2009) Una ristampa, che peraltro ha venduto 25.000 copie. Il testo si occupa di vent’anni di indagini e ricerche portate avanti, nonostante ostacoli di ogni genere, anche dopo la caduta del Muro di Berlino. Una storia vera e affascinante, dall’uccisione di Moro, all’attentato al Papa, dalle infiltrazioni delle spie dell’Est in Vaticano al sequestro di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori.
L’autore è Ferdinando Imposimato, investigatore di razza, giudice istruttore dei più importanti casi di terrorismo. Eletto al Senato della repubblica e alla Camera dei Deputati per tre legislature. Il testo prefato da Francesco Bruno è dedicato a Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, vittime della guerra fredda. Nonostante scritto due decenni fa, il testo, può ancora essere utile per comprendere la complicata e intrigata storia che ha condizionato per diversi anni l’attività di Giovanni Paolo II, assoluto protagonista degli anni ’80. Infatti, il tutto nasce dalla elezioni al soglio pontificio di Karol Wojtyla, arcivescovo di Cracovia della Polonia comunista.
Breznev capo politico dell’URSS, lo aveva capito, la sua elezione sarebbe stata una vera e propria sciagura per il Comunismo internazionale. Interessante il colloquio tra Breznev e Gierek, il segretario politico del partito comunista polacca, riportato dal Dossier Mitrokhin e ripreso da Imposimato. I comunisti erano convinti che “Giovanni Paolo II avrebbe messo in discussione l’intero blocco sovietico”. Il rapporto del KGB poneva l’accento sul fatto che Wojtyla si era definito più volte non solo il ‘Papa polacco’, ma anche frequentemente il ‘Papa slavo’”.
Pertanto la visita del Papa in Polonia era vista come un cataclisma per il governo comunista. Bisognava dissuaderlo con tutti i mezzi secondo i sovietici. E’ evidente che il Papa polacco era un nemico per il sistema comunista per questo il KGB ha organizzato la sua eliminazione fisica che doveva avvenire il pomeriggio del 13 maggio 1981 in Piazza S. Pietro a Roma ad opera di un killer turco ingaggiato dai servizi segreti bulgari (X-HVA): “Bisognava assassinare il Papa”. I bulgari hanno una lunga tradizione di attività terroristiche e sono i più sicuri ed i più servili. Sono i prediletti dell’URSS, dice l’ex capo dei DS bulgaro, Stefan Svedlev.
Wojtyla diventa il nemico numero uno di Mosca. Imposimato scrive che subito i sovietici misero in moto tutte le spie e agenti infiltrati in Vaticano. Tuttavia, dopo il fallito attentato, la situazione peggiorò, per i Paesi del patto di Varsavia: “l’attivismo di Giovanni Paolo II divenne inarrestabile. Colpire il Papa era diventato ancora più necessario anche se più difficile”. Ma era necessario farlo attraverso “operazionispeciali”, sequestri e omicidi contro persone dello schieramento nemico. Così nacque il progetto contro giovani cittadine vaticane appartenenti a famiglie molto legate al Papa e quindi si pensa di sequestrare alcune familiari, le figlie di alcuni operatori del Vaticano.
Prima il 7maggio 1983, Mirella Gregori e poi il 22 giugno 1983, Emanuela Orlandi. Questi rapimenti servono per ricattare il Papa, i giudici italiani e il governo italiano. Non solo, ma le due ragazze, soprattutto Emanuela serviva come merce di scambio per la liberazione dell’attentatore turco Ali Agca, appartenente ai cosiddetti “Lupi Grigi”. Il testo di Imposimato descrive tutti i vari passaggi della cattura della povera Emanuela, basandosi su documenti e dichiarazioni a volte dei protagonisti di queste oscure storie, che hanno tenuto in apprensione non solo i familiari delle due ragazze ma la gran parte degli italiani.
Per la verità anch’io ho dato poca importanza o perlomeno minimizzato, i due casi dei sequestri delle due ragazze. Come si può notare nella mia Antologia su San Giovanni Paolo II, ho fatto soltanto qualche breve accenno all’attentato al Papa. Peraltro ancora oggi, sottovalutato e minimizzato anche dal mondo cattolico. Infatti, esistono poche pubblicazioni sul grave episodio.
Imposimato descrive nei particolari, lo stato d’animo del Papa, per la sofferenza dei familiari e delle ragazze sequestrate, il ricatto dei servizi segreti comunisti era rivolto direttamente alla sua persona. I comunisti erano determinati, bisognava colpire il Papa per via trasversale e poi soprattutto fare di tutto per delegittimarlo. Mai nessun Papa aveva ispirato tanta paura e avversione a Mosca. L’intento del KGB era quello di distruggere moralmente il Santo Padre, prima che fisicamente. Si fece di tutto per trovare anche materiale compromettente. Il compito fu affidato al servizio polacco, l’SB, che aveva più possibilità di creare una rete di spie in Vaticano. Almeno questa è la tesi di Imposimato.
Lenin era convinto che un segretario di un partito comunista, per essere all’altezza del suo compito, se serve doveva essere capace all’occorrenza di vestirsi anche col saio francescano. Imposimato nel testo fa un elenco di nomi pure di religiosi, coinvolti nell’attività spionistica. Il secondo viaggio in Polonia del Papa divenne un incubo per i comunisti. A Mosca, a Berlino e a Sofia si prese la decisione di accelerare il sequestro dei cittadini italiani e vaticani per usarli come mezzi di pressione per costringere il Papa a cambiare condotta. Non c’era più tempo bisognava agire in fretta.
Il rapimento della Orlandi ha coinvolto diversi Stati: Vaticano, Italia, URSS, Bulgaria, Germania Est, Polonia, Turchia, Cecoslovacchia, Germania Ovest…Imposimato anche qui fa i nomi di quelli che hanno partecipato come organizzatori, tutti portano alla pista bulgara. Interessante l’episodio raccontato nel libro, come hanno fatto i bulgari a minacciare Ali Agca all’interno del carcere di Rebibbia. Il turco se voleva salvare la sua vita, doveva ritrattare tutto quello che aveva detto intorno alla pista bulgara. Ecco perchè Agca simulò un delirio religioso farneticante, una lucida follia. Più volte Imposimato chiarisce che l’attentato al Papa in Piazza S. Pietro è stato opera di un complotto e non l’opera di un cavaliere solitario o di un folle farneticante. In quei mesi in molti si ostinavano a sostenere il contrario. Del resto anche la Corte d’Appello di Roma ha sostenuto la tesi di Imposimato.
Dietro l’attentato al Papa c’era l’Unione Sovietica, il quale prevedeva, nel caso di un fallimento, la rapina di una personalità di spicco da usare come merce di scambio per la liberazione di Agca. “Emanuela e Mirella – scrive Imposimato – furono le vittime innocenti del piano terroristico-criminale ordito dai complici del killer turco […] furono il debito pagato dai mandanti dell’attentato al Papa per dimostrare ad Agca che egli non era stato abbandonato, tanto che una cittadina vaticana ed una italiana erano ostaggi dei suoi amici in vista della sua liberazione”. Certo il killer vivo sarebbe stato, e lo fu, un pericolo per i complici. La sua cattura in Piazza S. Pietro, per certi versi, gli salvò la vita.
Sono interessanti i passaggi che il libro offre sull’inquietante sequestro Orlandi. Il nodo principale era quello di dissuadere il Papa nella sua ostinata decisione di andare nel giugno 1983 in Polonia, sostenere la battaglia di Solidarnocs di Lech Walesa contro il regime di Jaruzelski e contro l’URSS. I comunisti hanno attuato una strategia chiara, evitare di sequestrare sacerdoti o uomini del clero di alto rango, non si voleva creare martiri nella Chiesa e poi così il Papa non si sarebbe piegato. La scelta doveva cadere su persone estranee alla gerarchia vaticana ed al clero in generale. Occorreva puntare su giovani vittime. E così si individuarono le figlie adolescenti di impiegati, sconosciuti agli italiani.
Sostanzialmente una strategia molto simile a quella della mafia. “Per quelle giovani vite, meglio se bambine, per innocenti creature il Papa si sarebbe dovuto piegare al ricatto. Avrebbe avvertito un senso di colpa nel sapere che incolpevoli fanciulle, sue suddite, appartenenti a famiglie di uomini che tutti i giorni rischiavano la vita per lui vegliando su ogni passo […]”. E’ evidente la raffinatezza, ma soprattutto la malvagità perversa degli organizzatori dei sequestri delle povere ragazze. L’obiettivo dai rapitori era quello di mettere pubblicamente in difficoltà il Santo Padre umiliandolo agli occhi del mondo. Dopo il rapimento il Papa interviene con ben otto appelli rivolti ai rapitori per la liberazione delle ragazze.
Imposimato nel libro racconta fin nei dettagli le varie telefonate, le missive dei rapitori della Orlandi. Nonostante le diverse prove, c’era gente che dubitava che si trattava di un sequestro di matrice terroristica. E forse ancora oggi, anche se leggo dai giornali che il giudice Ilario Martella, davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui cold case delle due ragazze scomparse a Roma nell’estate del 1983.
Il magistrato, ora in pensione, indagò sui sequestri di Emanuela e Mirella dal 1985 al 1990. I sequestri furono “un’operazione di distrazione di massa ideata e compiuta dalla Stasi (i servizi segreti dell’allora Germania”, per evitare che “la Bulgaria e tutto il mondo dell’Est venissero coinvolte nell’attentato al Papa, dopo che Ali Agca, interrogato da me, aveva iniziato ad accusare tre funzionari bulgari”.
Quanto alle sorti delle giovani rapite, Martella ha detto: “Credo siano state sacrificate, uccise non subito, ma magari dopo un po’. Tenerle in vita sarebbe stato pericoloso perché avrebbero potuto essere dei testimoni fondamentali”. (Rosa Scognamiglio, Orlandi-Gregori, il giudice che indagò sui cold case: “Rapite e uccise dai servizi segreti dell’Est”, 28.6.2024, Il Giornale).
L’attentato al Papa può essere “un punto di partenza”. È “emerso che sin da 1982 la Bulgaria era molto preoccupata di poter essere coinvolta nell’attentato al Papa”. Martella, che ha indagato sull’attentato al Santo Padre, ha ricordato le indagini sul caso del bulgaro Antonov e ha aggiunto che il collegamento con i casi Orlandi e Gregori è che si voleva “determinare una disattenzione totale” e una “sorta distrazione di massa.
E chi poteva porre in essere una simile operazione? Non era certo una cosa di bassa manovalanza tipo la banda della Magliana ma serviva che le cose venissero fatte con altissima qualità professionale”, da un’organizzazione “quale era la Stasi all’epoca“. “Questa operazione di distrazione di massa doveva fare in modo di creare episodi su cui attrarre l’attenzione dell’opinione pubblica”, ha concluso.
Torno al libro di Imposimato, ci sono diversi drammatici passaggi, spesso ignorati, dalla stampa di allora. Talvolta i genitori di Emanuela, direttamente interessati, venivano ignorati. Il testo si sofferma sulla figura del Papa che sostanzialmente con questo sequestro e con il consequenziale ricatto, stava subendo anche un vero “calvario mediatico”, preso di mira dai servizi segreti bulgari e russi. Bisognava tenere sotto scacco il Papa e il Vaticano. Imposimato usa la frase drammatica ben precisa: “si vuole assassinare moralmente il Papa, dopo aver fallito di eliminarlo fisicamente”.
Il Papa aveva capito bene la portata del ricatto dei sequestratori, prendeva sul serio i loro messaggi, i loro Komunicati, a differenza degli inquirenti, quello dei sequestratori, “era un piano criminale lucido e preciso, tutt’altro che delirante e illogico”. Drammatica era la lettera di Emanuela del 29 agosto 1983, anche questa non sarà presa sul serio.
Intanto la disinformatia dei servizi segreti della Stasi in particolare, opera incontrastata. Nell’opera di disonformazione, Ivan Ivanovic Agayants, il capo dei Servizi del KGB, afferma: “Dobbiamo continuamente incoraggiare i giornalisti occidentali a scrivere ciò che rappresenta l’esatto contrario delle nostre vere intenzioni […]”. In pratica chi scrive la verità sul complotto terroristico del KGB, “deve venire prontamente ridicolizzato come fascista o esponente della destra”.
Imposimato sa quello che scrive perché ha anche intervistato Gunther Bohnsack, collaboratore della Stasi. L’obiettivo era quello di destabilizzare con qualsiasi mezzo i Paesi occidentali, non solo ma anche il Vaticano e il Papa. Il libro si chiude con la significativa lettera che il giudice ha scritto al Santo Padre. Imposimato sottolinea la sua fede di cattolico, apprezza la battaglia per la libertà di Wojtyla contro la tirannide comunista.
Successivamente il Papa lo riceverà, esortandolo a proseguire nella ricerca della verità.
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