Una visione alternativa, forse troppo onirica, in cerca d’opinione.
Sabato 31 agosto ore 22: contusi tra gli agenti, ripresi i 4 fuggitivi, violenza nella maxi rivolta al carcere Cesare Beccaria di Milano, in teoria istituto detentivo minorile, in realtà ospita detenuti anche di 23 anni… Vita dura per gli agenti della Polizia Penitenziaria. È la rivolta più recente in questo anno che sta diventando esplosivo in ogni prigione del Paese.
63 suicidi nelle carceri italiane dall’inizio del 2024, violenza e sommosse, il sovraffollamento è il problema principale, spina nel fianco di questo, quanto di ogni precedente governo. Il ministro Carlo Nordio ha la patata bollente in agenda e aveva assicurato che entro quattro mesi qualche risultato del “Decreto carceri”, in qualche modo si vedrà. Ma quando?
Il grado di civiltà di una società si misura dalle sue prigioni (Fëdor Dostoevskij)
Di fronte alla criticità, ogni fazione politica punta il dito verso l’altra direzione. Il problema è nato e si è moltiplicato nelle periferie dimenticate delle città già da un ventennio, dall’inizio di un’immigrazione dilagata a macchia d’olio, senza limiti né codici, prendendo in contropiede tutto il Vecchio Continente.
Le “celle aperte” non sono state una soluzione. Ora si valutano i domiciliari per chi ha ancora o solo un anno da scontare, così da liberare migliaia di soggiorni nelle celle italiane. Intanto, la cronaca riporta brutalità intollerabili per le strade delle nostre città. I cittadini meritano per primi maggiori attenzioni da parte dello Stato.
In realtà, per i condannati con pene non superiori a 18 mesi, l’occasione di scontare la pena presso un dato domicilio è prevista dalla legge N. 199 del 2010 < N.146 del 2013, ma può essere concessa solo dal tribunale di sorveglianza. Solo una norma da parte del Ministero della Giustizia potrebbe “liberare” migliaia di posti nelle carceri, e per mandarli dove? Non è questa la soluzione che il cittadino si attende.
Stabilito che lo scopo della carcerazione dovrebbe tendere al recupero umano e sociale del detenuto, nello stato attuale, un’impresa già complessa si presenta come inattuabile, a meno che…
“Colui che apre la porta di una scuola, chiude una prigione” (Victor Hugo).
L’origine del sovraffollamento è dovuta perlopiù allo sbando in cui si trovano masse di “fantasmi” privi di ogni inquadramento sociale, e poi, giovani privi di etica e di cultura, spesso per scelta al di fuori del sistema, che nella maggior parte dei casi si riuniscono in bande criminali poiché unica famiglia da cui dipendere e sulla quale contare.
Forse si potrebbe tentare di convogliare le attitudini di una aggressività in cerca d’autore, in un insieme di “corpi di recupero” nei quali riciclare un atteggiamento regressivo e violento, in una forma di appartenenza a uno Stato che sappia offrire un’occasione (una sola), per ricavarsi un ruolo inquadrato e remunerato.
Un ruolo da imprimere in un contesto parzialmente carcerario, quali alcune caserme dismesse da riadattare ad hoc, gestite da un corpo carcerario-militare egualmente preparato a un ruolo che, (chi ha fatto il servizio di leva non ha dubbi), saprebbe svolgere con strategica efficienza.
È soprattutto in prigione che si crede a ciò che si spera (Honoré de Balzac).
Lo Stato potrebbe offrire l’opportunità al detenuto che lo desidera (ed è ritenuto idoneo), di essere inserito un percorso di addestramento fisico e culturale per onorare la certezza della pena in un plesso detentivo effettivamente rieducativo, per essere inserito in:
- corpi di soccorso civile quali ad esempio Vigili del Fuoco specializzati in incendi o interventi specifici a livello territoriale;
- corpi specializzati nella pulizia del territorio e in un effettivo riciclo di materiali predisposti, oggi spesso dati alle fiamme, oppure abbandonati;
- corpi di controllo della legalità per quei soggetti giudicati adatti per entrare nelle forze dell’ordine;
- ruoli d’altro genere, quali la specializzazione in pulizia dei mari, oppure imbarco, ruoli portuali…;
- corpi militari di seconda linea, piccoli contingenti simili ai soldati di leva di buona memoria, addestrati per il controllo del territorio nazionale;
- altri ed eventuali ruoli di cui la fragilità geologica del nostro territorio ha bisogno, oppure il rifacimento e la manutenzione di strutture, soprattutto cementizie autostradali… Insomma, il concetto è offrire un lavoro, una paga, un inserimento alternativo alla strada, da guadagnarsi credendo…
Di caserme vuote ce ne sono. Perché costruire altri penitenziari? Forse c’è un’alternativa tra il rimettere tutti per strada e il come far saldare il debito del detenuto; con severa creatività.
Sono un uomo di mondo, ho fatto il servizio militare a Cuneo (Totò, principe de Curtis).
Chiedo scusa per il progetto onirico, ma chi non propone… tace e subisce. Ogni commento, ogni proposta alternativa e ogni critica saranno bene accette.
Trovo che il problema non sia di facile soluzione dal momento che i delinquenti sanno che le pene sono blande e questo ne alimenta la tentazione. Ci fossero le possibilità sarei propenso a lavori di utilità comunitaria come la pulizia dei fiumi tanto per dirne una ma chiaramente con catene ai piedi.
Completamente d’accordo. L’obbligo del lavoro e, se possibile, d’istruzione dovrebbe essere il filo conduttore del tempo trascorso in carcere.
È certo che se un detenuto rimane in carcere aspettando solo che passi il tempo che lo separa dalla fine della pena, ne uscirà nel migliore dei casi uguale a prima. Ben venga, perciò, come propone l’autore del pezzo, un periodo di formazione in apposite strutture volto a fornire a chi è uscito di strada la possibilità di rientrarvi fornito di competenze e abilità tali da risultare utili sia a lui (per rafforzarne l’autostima), sia al contesto sociale in cui si troverà a operare.
Credo sia una proposta costruttiva
Il lavoro dà dignità alla persona.
Ci vuole molta volontà a creare tutto questo dovrebbe esserci in giro un sognatore di potere
Grazie Carlo per darci ogni volta nuovi stimoli per confrontarci con la realtà.
Penso che per liberarci definitivamente del problema “carceri” dovremmo risolvere prima i conflitti che ognuno di noi ha dentro di sé, quelli che ci tengono prigionieri, quei sensi di colpa di veniamo dotati fin dalla nascita, che piano piano arrivano a toglierci la libertà, anche se siamo fuori dal carcere.
Allenandoci a far cadere questi muri, spariranno anche quelli in cui abbiamo rinchiuso altri esseri umani credendo di risolvere un problema che è anche nostro.
Speriamo che parte dei fondi europei che stiamo percependo sia destinata anche al miglioramento di questo aspetto 😩. Davvero una tematica difficile da risolvere…