
Casermette di Borgo San Paolo, Torino, 1957. © Archivio Storico della Città di Torino.
Una pagina di storia e accoglienza torinese, sotto l’egida dell’E.C.A. (Ente Comunale Assistenza)
Le ex Casermette di Borgo San Paolo, con ingresso da via Veglia 44, sono state realizzate nel 1939, su un’area vasta oltre 200 mila mq, accanto alla Cascina San Paolo, al confine fra Torino e Grugliasco, tra corso Allamano e la sede ferroviaria della linea Torino–Modane. Durante il secondo conflitto mondiale ospitano fanteria e bersaglieri, fino al 1943; durante la Repubblica Sociale Italiana diventano un centro di raccolta per rastrellati dalle milizie nazifasciste, destinati ad essere inviati in Germania.
Una pagina poco conosciuta riguarda l’accentramento e la deportazione di persone provenienti dalla Val Roya, territorio italiano fino al Trattato di Pace che la cederà in parte alla Francia, nel 1947, come risarcimento di guerra.
In particolare, l’operazione riguarda gli abitanti di Breil–sur–Roya, Fontan e Saorge, con numeri imponenti, quasi una migrazione di massa forzata, accaduta fra novembre e dicembre 1944: Breil contava circa 2.000 abitanti, la metà di essi arriva alle Casermette; anche Fontan subisce la stessa sorte, con la metà dei suoi 800 abitanti; 350 residenti a Saorge (su 600) vengono reclusi alle Casermette di San Paolo. I detenuti vivono in camerate che contengono 50–60 persone, con una infermeria e una scuola per i più piccoli. In questo periodo prende forma concreta la solidarietà dei torinesi: molte famiglie hanno ospitato bambini prigionieri, fornendo vitto e alloggio; per il Natale 1944 molti pacchi doni pervengono da aziende torinesi, prime fra tutte la Lancia. In segno di riconoscenza verso la città di Torino, il consiglio comunale di Breil, il 29 ottobre 1954, decide di chiamare “via Torino” la sua strada più lunga.
In una cappella allestita con mezzi di fortuna il cardinal Fossati, Arcivescovo di Torino, celebrerà la Pasqua del 1945.
A marzo 1946, a seguito della chiusura del XXI Campo Profughi di Moncalieri (che era stato aperto l’anno precedente) le Casermette ospitano le persone provenienti da qui. Alla data del 31 agosto 1946 risultano 1.389 le persone presenti alle Casermette.
La gestione concreta e il fabbisogno dell’Accantonamento (altro nome delle Casermette) erano a carico dell’ECA, Ente Comunale di Assistenza (1), con i fondi forniti dal Ministero della Assistenza (2).
Dopo la guerra, le Casermette si trasformeranno in uno dei più importanti centri di raccolta di profughi del Nord, accogliendo sinistrati torinesi, sfollati, rimpatriati dall’estero, ex internati nei campi di concentramento tedeschi. Solo in un secondo tempo ospiteranno i profughi giuliano–dalmati e alluvionati del Polesine.
La struttura era una vera e propria città nella città, è dotata di servizi necessari ad agevolare la vita quotidiana degli ospiti: una cucina, poi dismessa, provvede al confezionamento e alla distribuzione dei pasti; un’infermeria e un ambulatorio medico; una scuola materna e una scuola elementare. Nel centro sono anche presenti spacci per la vendita di generi alimentari e tabacchi e luoghi di svago (una sala cinematografica, una biblioteca e un circolo ricreativo). Il mantenimento dell’ordine pubblico è affidato a una squadra di polizia, responsabile della regolamentazione giornaliera dei flussi di entrata e uscita dal campo, al cui interno la vita si svolge tra precarietà e disagi.
Una nuova pagina verrà scritta con l’arrivo dei profughi giuliani, dalmati ed istriani; quando si decide lo smantellamento del campo profughi (fra il 1955 e il 1957), gran parte delle persone ospitate si era già trasferita al neonato “Villaggio Santa Caterina”, nel quartiere Lucento di Torino. Sempre in quel periodo, le Casermette ospiteranno, all’interno dell’area sud, molte famiglie provenienti dalle baracche di corso Polonia, distrutte in concomitanza con i lavori preparatori che vedranno Torino diventare il centro propulsore di “Italia 61”, i grandi festeggiamenti per il primo centenario dell’unità nazionale.
Bibliografia
Giancarlo Libert – Città Giardino Casermette San Paolo – Aqu4ttro edizioni – 2010
Note
(1) Ente Comunale di Assistenza (E.C.A.) è la nuova denominazione che la legge 3 giugno 1937, n° 847, assegna alle preesistenti Congregazioni di Carità, che vengono soppresse (il fascismo sostituì la parola “Carità” con la parola “Assistenza”). I nuovi enti acquisiscono anche il patrimonio delle Congregazioni di carità. Nel trasferimento in mani pubbliche dei compiti di assistenza, l’Ente si dota di uno statuto e si pone lo scopo di assistere coloro che si trovano in condizioni di necessità, doveva anche promuovere il coordinamento delle varie attività assistenziali esistenti nel comune. Compiti sussidiari sono: curare gli interessi dei poveri, assumendone la rappresentanza legale davanti alle autorità amministrative e giudiziarie; promuovere i provvedimenti amministrativi e giudiziari di assistenza e di tutela degli orfani e dei minorenni abbandonati, dei ciechi e dei sordomuti indigenti; amministrare le istituzioni di assistenza e di beneficenza ad esso affidate, così come i lasciti e le donazioni. La legge dispone che i lasciti e i legati che hanno come destinatari i poveri debbano pervenire all’E.C.A. Nel corso degli anni sono demandate agli ECA altre forme di assistenza: post bellica (1945-1963), soccorso invernale (1954-1963), assistenza agli invalidi civili ciechi (1966-1975).
(2) Ministero della Assistenza. Viene istituito con Decreto Luogotenenziale n. 380 del 21 giugno 1945. Riuniva le competenze dei tre Alti Commissariati per i prigionieri di guerra, per l’assistenza morale e materiale ai profughi di guerra e per i reduci e del Ministero dell’Italia occupata, con il compito di prestare assistenza morale e materiale a: civili e militari internati e rimpatriati, civili sfollati in seguito ai bombardamenti o provenienti dalle ex colonie italiane, profughi, partigiani smobilitati in seguito allo scioglimento delle formazioni alle quali appartenevano e relative famiglie, anche dei caduti. Ha un forte radicamento sul territorio, con uffici presenti in ogni capoluogo di provincia: fino al 1946, a Milano, era presente una sede staccata del Ministero con il compito di coordinarne le attività nel Nord Italia. Nel 1947 il Ministero stila una relazione secondo cui 1.45 milioni di Italiani sono ancora detenuti in campi di prigionia nel mondo. Verrà soppresso con Decreto Legislativo del Capo provvisorio dello Stato, n. 27, del 14 febbraio 1947: le sue competenze vengono spacchettate tra il Ministero dell’Interno (istituenda Direzione Generale dell’Assistenza Postbellica), Ministero della difesa e Presidenza del Consiglio dei ministri (apposito Sottosegretariato di Stato). Gli Uffici provinciali vengono soppressi solo nel 1954, confluendo nella Divisione Assistenza delle Prefetture. Presso tale dicastero era inserita la Commissione Riconoscimento Qualifica Partigiani, per il riconoscimento degli status di patriota, partigiano combattente, caduto per la lotta di liberazione, mutilato o invalido per la lotta di liberazione. Avrà tre ministri: Emilio Lussu (Partito d’Azione), Luigi Gasparotto (Partito Democratico del Lavoro), Emilio Sereni (Partito Comunista Italiano).
Foto di copertina: Casermette di Borgo San Paolo, Torino, 1957. © Archivio Storico della Città di Torino.