L’etichetta tedesca CPO pubblica un incantevole disco di arie settecentesche interpretate dal soprano Stéphanie Varnerin accompagnata dall’ensemble torinese L’Astrée.
Oltre alla Biblioteca Universitaria Nazionale, che custodisce al suo interno la Raccolta Foà-Giordano, con la maggior parte dei manoscritti vivaldiani giunti fino ai giorni nostri, Torino ospita altri tesori musicali, forse meno conosciuti dal grande pubblico, ma non per questo meno preziosi.
Tra di essi spicca l’Accademia Filarmonica, un’istituzione fondata nel 1814, che oggi conserva il fondo della Nobile Società dei Cavalieri, l’ente che nel XVIII secolo gestiva i due principali palcoscenici della capitale sabauda, ossia il Teatro Regio e il Teatro Carignano.
Da questo fondo – che comprende oltre 5000 partiture raccolte in 3000 volumi – Giorgio Tabacco, clavicembalista e direttore dell’ensemble di strumenti originali L’Astrée – ha selezionato una vasta antologia di arie, che dimostrano quanto fosse vivace il panorama culturale torinese nell’ultimo scorcio del XVIII secolo.
Apparentemente (le note di copertina firmate da Annarita Colturato non dicono nulla in proposito), il programma non ruota intorno a un particolare fil rouge, ma propone una serie di arie tratte da opere prevalentemente buffe scritte da compositori noti e meno noti tra il 1753 (Il pazzo glorioso di Gioacchino Cocchi) e il 1787 (La scuffiara di Giovanni Paisiello).
La vicinanza non solo geografica, ma anche e soprattutto storica e culturale, che in quel periodo univa il Piemonte sabaudo alla Francia prerivoluzionaria viene rimarcata dall’inserimento alla fine del programma di due arie di Pierre-Alexandre Monsigny e di André-Ernest-Modeste Grétry, la celebre «Air de la fauvette» dall’opera Zémire et Azor.
Non manca poi qualche incursione nell’opera seria, come l’aria «Per placar gli astri tiranni» dall’Andromeda di Cocchi e «Odo il tuono» dall’Adriano in Siria di Giovanni Battista Borghi, nelle quali il soprano Stéphanie Varnerin sfoggia un’interpretazione intensa e ricca di pathos, che viene opportunamente sottolineata da un’ornamentazione misurata e sempre in linea con l’affetto di ogni pagina.
Qualche licenza in più si nota nelle arie dal carattere più brillante, come «Una ragazza che non è pazza» dal Filosofo di campagna di Baldassare Galuppi, un’aria intrisa di una sottile malizia, che il soprano francese interpreta in maniera molto convincente, potendo contare sull’accompagnamento agile, fresco e scattante dell’ensemble L’Astrée, tra le formazioni strumentali che nel corso degli ultimi anni si sono dedicati con maggiore profitto ai generi vocali da camera della seconda metà del XVIII secolo, guidata sapientemente da Tabacco e dal violinista Francesco D’Orazio, a più riprese impegnato anche in veste solistica.
Il disco si chiude come detto con l’Air de la fauvette di Grétry, nel quale Stéphanie Varnerin dà a mio giudizio il meglio di sé, duettando alla grande con il flauto traversiere del bravo Giulio De Felice.
Un disco particolarmente indicato per tutti coloro che amano andare alla scoperta del repertorio meno noto della seconda metà del XVIII secolo.
ARIE DA OPERE SETTECENTESCHE DALLA SOCIETÀ DEL WHIST DI TORINO
Stéphanie Varnerin, soprano
L’Astrée
CPO555664 (CD alto prezzo)
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