Di Alessandro Mella
Tutta le comunità italiane, comuni grandi e piccoli, concorsero allo sforzo bellico della Prima guerra mondiale inviando al fronte moltissimi uomini. Alcuni si fecero onore, altri tornarono a casa, molti furono travolti dalla furia della guerra e non tornarono più.
Alla fine del conflitto non ci fu borgata o frazione che non avesse i suoi morti da piangere e melanconicamente ricordare.
Un trauma forte che dopo la tumulazione del milite ignoto al Vittoriano, nel 1921, fu esorcizzato in ogni angolo d’Italia con l’elevazione di monumenti a ricordo di queste perdite dolorose. Ogni comune, perfino qualche piccola contrada, volle costruire il proprio secondo le proprie disponibilità e possibilità.
E così fu per Germagnano, grazioso borgo collinare, posto a guardia degli accessi principali alle Valli di Lanzo. Un paese un tempo reso rigoglioso dall’enorme cartiera che offriva lavoro a molte persone e famiglie.
Percorrendo la strada principale, l’odierna via Celso Miglietti, ad un tratto si scorge su di un lato, quasi in un piccolo parco, un monumento di modeste dimensioni, spartano nelle linee, sobrio e semplice, eppure pieno di significato. Si tratta dell’opera voluta per ricordare i caduti locali.
Su di un basamento in pietre dei monti poggia un obelisco in marmo con alla base un’allegoria in bronzo composta da un elmo Adrian posto sull’incrociarsi di un moschetto, una sciabola, l’asta di una bandiera e così via.
Poco sopra la scritta “Ai suoi caduti” ed in cima alla punta della snella piramide si nota un globo in pietra sovrastato da un’aquila in bronzo dalle ali spiegate.
Ai lati della base è posta una prima targa sovrastata da un altro elmo Adrian e da serti d’alloro sotto ai quali è posto l’elenco dei caduti della guerra 1915-1918.
Sull’altro lato, invece, si trova una seconda targa posta dopo il 1945, decorata di stella tricolore, con i nomi dei caduti civili e dei martiri germagnanesi della Resistenza.
L’opera fu inaugurata nel 1922 con una solenne cerimonia cui parteciparono popolazione ed autorità come scrisse la Gazzetta del Popolo del 21 settembre:
Il XX Settembre non poteva essere più solennemente celebrato in valle di Lanzo. Contemporaneamente a Germagnano ed a Ceres venivano inaugurati marmorei ricordi ai caduti in guerra.
A Germagnano la funzione assumeva un particolare rilievo per la presenza dell’on. Bevione, che aveva accettato di tenere il discorso ufficiale.
Alle 10 in punto, mentre la piazza del Municipio è gremita di cittadini e villeggianti, il cav. Giuliberti, anima, assieme al cav. Giacomo Passera, dell’organizzazione della riuscitissima, commovente riunione, legge le adesioni. Indi il parroco locale benedice la lapide, pregevole opera dello scultore Gastone Guerrini.
Prende la parola il presidente del Comitato esecutivo, cav. Passera, con felice parola esalta il significato della manifestazione, ringraziando le autorità intervenute e dà la lapide in consegna al sindaco di Germagnano, che risponde adeguatamente.
Parlano ancora, per il sindaco di Torino, il cav. Plassa, un rappresentante dei combattenti, quindi prende la parola l’on. Bevione.
Impossibile riassumere il bellissimo discorso, improntato al più austero e inusitato senso di realtà, al patriottismo più puro ed alto.
Celebrazione più degna non avrebbero potuto desiderare per i valorosi loro caduti gli abitanti di Germagnano. Al fine del suo dire l’on. Bevione fu calorosamente applaudito e mentre la banda locale intonava la suggestiva Canzone del Piave, fra la generale profonda commozione, l’on. Bevione distribuì, a parenti di caduti, numerose decorazioni, avendo per ciascuno una parola di conforto e di austera lode (…).
Ancora oggi il cippo ricorda, a chi vi posa lo sguardo, la storia, la memoria, i ricordi di un tempo lontano in cui dal paese gli uomini partivano per la guerra senza sapere se sarebbero tornati. E quei nomi appartennero proprio a chi, purtroppo, non tornò.
Alessandro Mella
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