Una fonte di inquinamento “eterno” che sta avvelenando anche le acque del Piemonte
Il film: “Cattive acque” narra 20 anni di cause civili e penali portate avanti da un avvocato di provincia contro il colosso chimico DuPont, responsabile della molecola PFOA usata nella costruzione del Teflon. In pochi anni, la DuPont aveva sbarazzato in acqua milioni di litri di rifiuti velenosi, inquinando un’intera cittadina. Moltissime persone a contatto col materiale si ammalarono di cancro, in alcuni casi trasmisero deformità ai figli.
La pellicola è una cronaca di quanto avvenuto a Parkersburg, nella Virginia occidentale, quando l’avvocato Robert Bilott viene contattato da un allevatore in seguito a decine di mucche nate deformi. Un’inchiesta che ha smascherato il delitto ambientale della DuPont, che si ripropone comunque in altre aree del mondo, compreso il Piemonte, dove, a Spinetta Marengo, per i medesimi crimini, da anni è in atto un contenzioso contro un’altra multinazionale chimica, la belga Solvay. In questi giorni però, le indagini sulle acque si stanno espandendo in tutta la regione.
I perfluorati (PFAS), sono dei derivati del fluoro prodotti dalle industrie chimiche e destinati a numerosi settori industriali. Le proprietà che li rendono particolarmente apprezzati sono: l’impermeabilità all’acqua e ai grassi; la resistenza nel tempo a ogni forma di degrado. I prodotti più noti e diffusi sono il “Teflon” e il “Goretex”, ma anche altri materiali con cui si producono oggetti di uso comune sono realizzati con queste sostanze o le contengono.
I PFAS si distinguono per una catena alchilica idrofobica (impermeabile) completamente fluorurata con la molecola costituita da 4 a 16 atomi di carbonio e da un gruppo idrofilico. La struttura di queste molecole le rende alquanto durevoli, se non eterne e indistruttibili, perciò i PFAS godono di un’elevata persistenza nell’ambiente. Della vasta famiglia di sostanze comprese nei PFAS, le più diffuse sono i PFOS (acido perfluoro-octansulfonico) e i PFOA (acido perfluoro-octanoico).
Molte di queste sostanze sono state riversate nell’ambiente attraverso lo smaltimento scriteriato dei rifiuti industriali, ma non solo. La Fondazione Veronesi mette in guardia dai PFAS che si trovano ormai dappertutto:
- dalle pentole antiaderenti, a protesi medicali e dentistiche;
- nei materiali edili impermeabili, quali cavi & cablaggi, cementi, piastrelle, lastre di pietra e vernici;
- negli indumenti e nelle scarpe impermeabili, fino ad alcuni imballaggi alimentari, pesticidi e acque del rubinetto;
- in cere, detergenti e vari additivi soprattutto antincendio;
- in varie famiglie di polimeri plastici di uso comune (PP, PE) ad alta densità di fluorati (HDPE), usati per stock di pesticidi;
- loro uso si sta espandendo anche nel settore elettronico, aerospaziale e dell’autotrasporto.
Il prof. Emilio Benfenati, garante del Dipartimento di Ambiente e Salute dell’IRCCS Mario Negri di Milano ha fornito una motivazione del loro impiego sottovalutato nei suoi risvolti, in quanto il loro effetto si è esteso al suolo, a fonti di acqua potabile, fino agli alimenti.
«Le valutazioni iniziali sui PFAS, a causa della loro grande stabilità, sono state poco approfondite e avvedute. Sono sostanze che non provocando danni acuti nell’immediato e per le molte caratteristiche utili alle produzioni industriali, sono state utilizzate in gran quantità, trascurando alcuni aspetti molto importanti. Queste sostanze, infatti, essendo assai durevoli, si accumulano nell’ambiente dove si conservano nel tempo. Inoltre, sebbene le loro catene di polimeri rimangano stabili, i monomeri che le compongono sono molecole piccole e volatili (…) che, raggiungendo l’atmosfera, danneggiano l’ozono».
Per quest’ultimo risvolto, i CFC furono messi al bando già dal 1987, con l’ingiunzione della loro totale eliminazione dagli impianti nel 2016, anche se perdurano fino a vent’anni una volta giunti negli strati alti dell’ozonosfera.
Tornando sulla Terra, i PFAS, per capacità di bioaccumulo causano effetti tossici di vario tipo. Sono sostanze definite “interferenti endocrini”, poiché possono interagire con le funzioni delle ghiandole ormonali. L’elevata solubilità ne favorisce una presenza diffusa in tutte le acque, diventando un primario inquinante per molti elementi della catena alimentare, quali crostacei e pesci, trasferendosi ai loro predatori, uccelli compresi e naturalmente, gli umani.
Occorre specificare che di per sé, il Teflon, il Gore-Tex e gli altri derivati non sono tossici, ma la produzione, l’uso o lo smaltimento non devono creare un contatto diretto col PFOA, poiché nocivo per la salute di ogni forma di vita.
Nonostante decreti legge restrittivi emessi dal 2001, i rilievi degli enti per la tutela delle acque hanno ravvisato particelle dei PFAS nei comparti idrici sia di falda che di superfice in varie zone d’Italia, con percentuali insostenibili rilevate nelle province venete di Vicenza, Padova e Verona, e in tempi più recenti anche di Alessandria. Situazioni di insostenibile degrado ambientale già denunciate da Greenpeace, dal WWF e da numerose testate giornalistiche già dal 2019
La buona notizia è che il corpo può espellere in modo naturale i PFAS, anche se ci vuole tempo e pazienza. Bisogna bere molta acqua depurata dai PFAS con le apposite tecnologie, quindi, seguire una dieta equilibrata. Le tecnologie più efficaci per eliminare i PFAS dalle acque sono l’osmosi inversa & “l’adsorbimento” con carboni attivi granulari che inibiscono quasi del tutto la presenza di PFAS nell’acqua… “potabile!?”
Ulteriore passo che autorizza un cauto ottimismo è stato compiuto il 4 Luglio 2020, con il Regolamento delegato (UE) 2020/784 (PFOA, suoi sali e composti correlati), vieta la fabbricazione, l’immissione in commercio e l’uso del PFOA, ai sensi del Regolamento (UE) 2019/1021 (POPs – Persistent Organic Pollutants), in quanto riconosciuto come “inquinante eterno”, e l’Europa ne è zeppa.
L’inchiesta The Forever Pollution Project, condotta da un consorzio di 18 redazioni europee ha rivelato che in Europa la contaminazione è molto più estesa di quanto sia noto nell’opinione pubblica. The Forever Pollution Project ha individuato in Europa oltre 17.000 siti contaminati dai PFAS.
I dati sono stati ricavati dai campioni prelevati in acqua, suolo o organismi viventi da scienziati e autorità a partire dal 2003 fino a oggi. La mappa, realizzata dai reporter di Le Monde, è stata costruita raccogliendo e organizzando dati da diverse fonti, pubbliche e private, e mostra i luoghi in Europa in cui è stata accertata una contaminazione da PFAS da parte di autorità ambientali (come le ARPA in Italia).
Fonte: https://www.radarmagazine.net/pfas-mappa-europea-degli-inquinanti-eterni/
Un ulteriore scempio della Terra e un efferato delitto “insostenibile” perpetrato da multinazionali senza scrupoli che ci porta a chiedere quante altre siano le attività petrolchimiche assassine della razza umana. Tutto questo però, accade con la volubile complicità dei nostri acquisti verso nuovi, seducenti prodotti di cui si sa, ma non si approfondisce, evitando ogni dubbio. Alla luce di quanto sta accadendo, chi butterà le nuove scarpe trendy o anche solo una vecchia padella che usa da tempo?