Di Alessandro Mella
Quando mi recai, da turista, in visita a Trento con la fidanzata anche io mi illusi di aver di fronte una sorta di santuario laico della storia italiana.
Affacciati sull’odierna piazza Duomo, già piazza Vittorio Emanuele III e piazza Cesare Battisti, scorgemmo un palazzo male in arnese (ma recentemente restaurato), incastonato nel sistema urbano storico, assai triste nel suo insieme, ma con una lapide importante. Un frammento di marmo nel quale si annunciava con solennità sobria che quella casa era quella natale del martire Cesare Battisti. Un eroe adamantino la cui fama non conosce confine e le cui vicende sono a tutti note.
Una delle più belle figure della nostra storia, della Grande Guerra, era nata qui od almeno m’illusi che così fosse. Non che fosse nato molto lontano, ma quella targa era e resta un qualcosa di ingannevole. L’eroe, nato nel 1875 e martirizzato dalla ferocia asburgica nel 1916, in verità era venuto al mondo in via Arcangelo Rizzi.
Fu durante il ventennio fascista che si ritenne troppo umile e modesta la vera casa natale, parte dello stesso già citato complesso di edifici, e si decise di collocarne il ricordo nella più lussuosa e prestigiosa residenza sulla piazza principale. Al posto della casa Bellesini si scelse di spostare il ricordo su palazzo Gerloni. Insomma, un falso storico di regime.
Come detto, in verità Cesare nacque in via Rizzi in una piccola torre medievale, al secondo piano, sorta forse sull’antico castrum romano, dove la sua famiglia si era trasferita nel 1874. Ove, tra l’altro, è posta un’altra targa precedente.
La questione della “doppia sede di nascita” suscitò non poche polemiche alcuni anni fa con strascichi giornalistici di facile reperibilità.
Obbiettivamente la lapide “fascista” rappresenta un falso storico, ingannevole per i forestieri, ma de facto anche un reperto significativo di un’epoca passata e di una concezione particolare delle cose e dei fatti.
Rimuoverla forse sarebbe un azzardo sconsigliabile ma, al netto delle problematiche con i proprietari dello stabile e le difficoltà a metterci mano, non sarebbe più saggio installare un pannello nei pressi che spieghi la questione?
Illustrando la storia della seconda targa, contestualizzando la sua storicità e rimandando il turista alla vicina “vera casa natale”?
Ammesso che, ovviamente, ciò non si stato fatto nel frattempo mancando da qualche tempo lo scrivente dalla città. In ogni caso questo curioso aneddoto alla fine rappresenta pur sempre le vicende di un monumento con una sua storia da raccontare e ricordare.
Alessandro Mella
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