Di Alessandro Mella
A volte le storie di guerra possono essere strane, controverse, difficili da capire ma nondimeno interessanti. E particolarmente complesse furono le vicende legate al difficile periodo che andò dal settembre 1943 al maggio 1945 quando la guerra di liberazione si fece progressivamente anche guerra civile. Con tutta la ferocia, i rancori, la rabbia che quei momenti fatalmente si trascinarono dietro.
Ritratto di quei tempi difficili fu la vicenda di Pietro Minchiante. Egli nacque a Poirino, in provincia di Torino, figlio di Giuseppe, il 24 settembre del 1921. (1) Giovane travolto dal corso degli eventi, dopo il servizio nel Regio Esercito, secondo più fonti egli militò da principio nelle formazioni delle SS italiane. I volontari italici che, dopo l’armistizio, scelsero di combattere ancora con la Germania e direttamente nelle sue fila.
Una scelta pericolosa perché non si trattava, solo e soltanto, di schierarsi dalla parte del fascismo morente ma anche di farsi carico di parte delle responsabilità degli orrori e dei crimini che gli uomini con le “rune al bavero” avevano commesso in tutta Europa nel nome del “Reich millenario”. Che, per fortuna, millenario non fu affatto.
Secondo alcuni volumi egli, nel marzo del 1945, scelse di lasciare le file tedesche per unirsi ai partigiani della 142° brigata Romeo, Divisione Val D’Orda (in realtà Val D’Arda), nel piacentino per combattere insieme a loro dalla parte della Resistenza. (2) Tra l’altro una formazione, garibaldina, attivissima:
142ª Brigata Divisione Valdarda “Romeo”. La brigata si forma da gruppi partigiani gravitanti nell’area di Gropparello e della val Vezzeno, in particolare da quello di Primo Carini, “Pip”, originario del luogo, già facente parte della 38° brigata, che l’8 agosto 1944 si rende protagonista, unitamente a un distaccamento della 59° “Caio” di val Nure dell’attacco alla caserma della GNR di Gropparello che libera il paese, da allora retto da una libera amministrazione civica, Quando, il 30 ottobre ‘44, nasce ufficialmente la I Divisione garibaldina “V. Bersani”, con comandante Prati, a Gropparello si stabilisce il comando della 142° brigata agli ordini dell’ex tenente dell’esercito di origine napoletana Renato Raiola, “Romeo”, con “Pippotto” Narducci vice. È una brigata attiva anche con squadre volanti verso la pianura. Il 4 dicembre 1944 il suo distaccamento di Gusano lascia sul campo il comandante Giacomo Callegari nell’imboscata al passo dei Guselli. Del rovinoso rastrellamento del gennaio ‘45, che disperde parte della formazione costretta a riparare in alta val Nure, è vittima lo stesso comandante “Romeo”, catturato a Pertuso di Ferriere e tradotto a Bettola, dove è tra i trucidati di rio Farnese il 13 gennaio. Con la riorganizzazione delle formazioni nella primavera 1945, quando ne fanno parte 290 uomini, il comando viene assunto da “Pippotto” Narducci, commissario Vittorio Cravedi. (Franco Sprega) (3)
Finita la guerra il nostro Pietro rientrò nella sua Cavoretto sentendosi sicuro di non correre rischi data la scelta che recentemente aveva compiuto. Ma la sua precedente militanza non era sfuggita e non era stata dimenticata dai partigiani locali che, quando lo riconobbero, lo fermarono all’istante.
A nulla valsero le sue spiegazioni, motivazioni e forse documenti provanti la sua militanza nella Resistenza piacentina. Probabilmente non fu creduto, forse la sua conversione fu giudicata tardiva, ma resta il fatto che il 10 maggio 1945 egli venne condotto davanti al plotone d’esecuzione “in quanto SS italiana”. (4)
Lo stesso giorno la salma ormai inerme venne condotta a Torino, presso il cimitero centrale, per essere tumulata. Pietro aveva solo 24 anni ed era morto di fronte, quasi certamente, a ragazzi ventenni come lui.
Perché? Perché la guerra è una bestia feroce, più feroce ancora quando assume i contorni della guerra civile, fratricida. Ragione per ricordare questa vicenda, che molte simili ne ricorda, e che dev’essere monito per impedire, nell’avvenire, tragedie come quelle che i nostri nonni vissero nel Novecento.
Alessandro Mella
NOTE
1) Torino 1943-1946 Martirologio, Ultima Crociata Editrice, 2005, p. 393.
2) Del Minchiante non si è rinvenuta la scheda nella banca dati del portale Partigiani d’Italia. Probabilmente non fu mai avviata l’istanza di riconoscimento della qualifica da parte della famiglia.
3) AAVV, Comando Militare Nord Emilia – Dizionario della Resistenza nell’Emilia occidentale, p. 42.
4) Tosca, Michele, I ribelli siamo noi, Tomo II, Roberto Chiaramonte Editore, Collegno, 2019, p. 367.
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