Di Alessandro Mella
Molte sono le vicende drammatiche legate agli anni tormentosi dell’ultima guerra mondiale. Molte le storie di uomini e donne travolti dalla storia e da essi spazzati via come foglie al vento. Giovani e meno giovani in balia di fatti terribili dei quali non avevano colpa alcuna.
Olivio Bertolotto fu una di queste giovani vittime di una guerra assurda tra tante guerre assurde. Nacque a Brione, in provincia di Torino, il 10 marzo 1927 figlio di Francesco e di Maria Macario. (1)
Crebbe nell’Italia del fascismo, del regime e delle sue soffocanti politiche di condizionamento delle opinioni. Nel tempo in cui le coscienze dei giovani venivano condizionate fin dalla più tenera età. Olivio, tuttavia, maturò una coscienza propria ed un suo senso critico. Tali da renderlo libero, capace di emanciparsi, di fare scelte decisive dopo i drammatici fatti dell’estate 1943.
Il 20 marzo 1944, infatti, ostile ai Bandi Graziani per l’arruolamento forzato nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana, raggiunse le formazioni partigiane unendosi alla III divisione Garibaldi “A. Tonani”, 17 brigata “Felice Cima”. Aveva, in quel momento, da poco compiuto diciassette anni soltanto. Assunse il nome di battaglia di “Livio” che, talvolta, viene per errore considerato il suo nome vero.
Non sappiamo molto dei combattimenti, degli scontri, cui forse prese parte. Ma sappiamo che il 1° maggio 1944, nel corso di un’azione di rastrellamento, fu catturato. Tuttavia, non si può escludere che la cattura possa essere avvenuta anche alcuni giorni prima:
Il 15 corrente, alle ore 7, elementi della G.N.R. muniti di autoblinda, eseguirono, un’operazione di rastrellamento nel territorio del comune di Valdellatorre. Scontratisi in frazione Brione con tre ribelli ne uccisero due e catturarono il terzo recuperando, inoltre, un automezzo. (2)
Quel che è certo è che dopo la cattura fu deportato in Germania, in uno dei famigerati lager nazisti.
La sua giovane età, la sua forte tempra, gli permisero di sopravvivere ai mesi passati nell’inferno dei campi di sterminio e di veder arrivare le truppe alleate liberatrici.
Ma quando queste giunsero egli era ormai ridotto ad un uomo distrutto, in condizioni precarie, malato e denutrito.
Purtroppo, al contrario di quanto si crede, non tornò tra le braccia dei suoi cari ma terribilmente morì durante il viaggio di ritorno. Chiuse gli occhi per sempre, ancora lontano da casa, il 17 settembre 1945.
Suo padre, Francesco, lo raggiunse nella terra dei giusti nel 1957 a soli sessantatré anni, forse stroncato dal dolore per la perdita del figlio in circostanze così strazianti.
Nel 1974 il comune di Val della Torre volle ricordare quel suo figlio perduto con un omaggio perpetuo:
Un nuovo centro sportivo a Val della Torre, intitolato a un Caduto della guerra di Liberazione. Domani mattina sarà inaugurato a Val della Torre il Centro sportivo comunale Intitolato a Livio Bertolotto. Per l’occasione il sindaco geometra Franco Mussino e la giunta hanno organizzato una serie di manifestazioni: canti sulla Resistenza eseguiti dal Coro alpino di Rivoli, commemorazioni di Livio Bertolotto, un rito religioso e un incontro di calcio.
Livio Bertolotto il primo maggio ‘44, a 17 anni, fu preso dai nazifascisti e trasferito in un lager. Morì cinque mesi dopo la Liberazione per gli stenti e il denutrimento patiti.
Per commemorare il trentennale della Liberazione, il comune di Val della Torre ha programmato una serie di manifestazioni che si concluderanno domani con una mostra sulla Resistenza allestita nelle scuole di Brione. (3)
Il giovane Olivio Bertolotto vive oggi nella memoria dei suoi paesani, di quelle persone che ne ricordano il coraggio giovanile ed il drammatico sacrificio. Le sofferenze patite, il suo sfiorire nel nome di un sogno che non poté vivere ma che contribuì a regalare a noi.
Alessandro Mella
NOTE
1) Commissione regionale piemontese per l’accertamento delle qualifiche partigiane, scheda Olivio Bertolotto tramite il portale Partigiani d’Italia.
2) Notiziario della GNR del 23 aprile 1944, p. 29.
3) La Stampa, 107, Anno CIX, 10 maggio 1975, p. 4.
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