Di Alessandro Mella
Tante volte si è parlato dei mesi burrascosi che gravarono sull’Italia tra il settembre del 1943 e la tarda primavera del 1945.
La disperazione, lo smarrimento, seguiti ai fatti traumatici dell’estate 1943 trovarono risposta nella violenta, feroce, contrapposizione tra coloro i quali si aggrapparono al residuo fascismo morente e coloro i quali scelsero, invece, di lottare nella Resistenza per una nuova libertà.
Le scelte, tuttavia, non furono sempre così nette e nemmeno maturate da interiore maturazione o continuità ideologica. Alle volte furono il caso, fattori indipendenti, circostanze particolari, a decidere in quale dei due schieramenti far trovare le persone. Quel periodo terribile fu l’insieme di migliaia di storie personali intrecciate tra loro e spesso così diverse da rendere indispensabile, se si vuole avere un approccio storico e non dogmatico o politico, indagarle e provare a capirle quanto più possibile singolarmente.
Gino Pucci nacque ad Ancona, figlio di Adriano, il 4 marzo 1920 ma dopo qualche tempo si trasferì a Torino. (1)
Un ventenne come tanti, come i molti divorati dalla lotta fratricida, come i tanti della sua generazione spazzati via da una guerra di liberazione che fu anche spietata guerra civile.
Dopo l’armistizio, infatti, Gino si trovò a prestare servizio nell’Esercito Nazionale Repubblicano della Repubblica Sociale Italiana. Proprio a Torino presso il 1° Deposito Misto Provinciale militare.
Non si sa esattamente quale ragione spinse i suoi assalitori a sequestrarlo la sera del 17 settembre 1944. Il reparto presso il quale Gino operava era assai generico, non particolarmente politicizzato, nemmeno esposto alla propaganda, improbabile avesse mai partecipato ad azioni di rappresaglia o rastrellamento. Forse una vendetta personale o forse solo l’occasione di catturare un “nemico” isolato e facile preda.
Certo fu preso e condotto a Giaveno, nella zona Maddalena, e qui trattenuto per diversi giorni. Forse uno scambio di prigionieri non riuscito? Quel che è certo è che il 5 ottobre 1944 fu condotto davanti ad un plotone d’esecuzione ed ucciso a soli venticinque anni. (2)
La sua morte, a distanza di un mese circa, fu scoperta dai parenti e dai suoi commilitoni i quali, addolorati, gli dedicarono un necrologio sul quotidiano locale:
Il Comandante, gli Ufficiali, Sottufficiali, e Soldati del 1° Deposito Misto Provinciale annunciano con profondo dolore la morte del Sottotenente di Fanteria Pucci Gino caduto vittima dell’odio dei nemici della Patria. Torino, 1° novembre 1944-XXIII Corso Valdocco 9. (3)
Probabilmente non sapremo mai la ragione per cui Gino fu catturato e poi soppresso dai partigiani. Forse ciò fu solo conseguenza della logica bellica per la quale occorre colpire il nemico in qualunque modo possibile. Ma il fatto stesso che mai, nel dopoguerra, siano emerse memorie su questo fatto ed imputazioni alla figura del Pucci è indicativo. Il giovane ufficiale fu semplicemente vittima dei fatti e nulla poté contro un avverso destino. Oggi egli riposa in città, dai più dimenticato.
Ricordare la violenza di quei giorni, il prezzo pagato anche dai vinti, fare le differenze tra coloro che fecero del male e coloro che cercarono comunque di condursi con dignità, non manca di rispetto a nessuno. Esalta anzi il valore di chi compì scelte difficili con coerenza e spirito.
Gino Pucci non fu evidentemente un seviziatore, un rastrellatore, una bestia famelica. Fu solo un ragazzo di poco più di vent’anni sbranato da quella Grande Storia che procedeva senza curarsi di quanti travolgeva nel suo meccanismo. Ricordarlo è umanità e civiltà. E null’altro.
Alessandro Mella
NOTE
1) Torino 1943-1946 – Martirologio, L’Ultima Crociata Editrice, 2005, p. 125.
2) I ribelli siamo noi, Tomo I, Edizione II, Michele Tosca, Chiaramonte Editore, Collegno, 2019, p. 274.
3) La Stampa, 307, Anno LXXVIII, 2 novembre 1944, p. 2.
© 2024 CIVICO20NEWS – riproduzione riservata