Di Alessandro Mella
Tante sono le vicende umane che, negli anni, abbiamo raccontato e moltissime furono quelle dei giovani travolti dal dramma della guerra che si consumò in Italia. La peggiore, senz’altro, quella che pur essendo di liberazione assunse i contorni della guerra civile tra l’autunno 1943 e la tarda primavera del 1945.
Tra i tanti eroi da ricordare, in quest’occasione, racconteremo di Carlo Mulatero. Nacque a Val della Torre, tra le colline che dividono il ciriacese dai piedi della Val di Susa, il 2 dicembre 1919, figlio di Eugenio ed Ermenilda Brunatti. (1)
Esercitò per qualche tempo la professione di “soffiatore di vetro” prima di essere chiamato alle armi con l’improvvido ingresso dell’Italia nel conflitto nel 1940.
Vestito in grigioverde fu assegnato alla Guardia alla Frontiera ed al 27° settore GAF con zona di copertura la provincia di Fiume.
Miracolosamente, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, riuscì a rientrare a casa in seguito allo sbandamento generalizzato delle forze armate italiane.
“Carlin” doveva averne viste di assai brutte sul confine orientale perché la sua scelta di unirsi alle formazioni partigiane non fu conseguenza dei Bandi Graziani, ma spontanea ed immediata dal momento che già il 15 ottobre 1943 egli prese la “via dei monti” per aggregarsi alla 3° Divisione garibaldina “A. Tonani”. Giovane dotato di abilità e coraggio, il 15 marzo 1944 gli venne affidato il comando del 17° battaglione “Cima”.
Disgraziatamente il nostro non poté vedere l’alba di quella libertà in cui aveva tanto creduto.
Tutto iniziò la sera dell’11 aprile 1944 quando, verso le 23, un corposo gruppo di partigiani attaccò in forze la stazione ferroviaria di Rosta. L’impresa, complice l’oscurità, riuscì ed essi disarmarono e catturarono complessivamente dieci militi della Guardia Nazionale Repubblicana:
L’11 corrente, alle ore 23, oltre 100 ribelli armati circondarono la stazione ferroviaria di Rosta e, protetti dall’oscurità, sorpresero e sopraffecero tre militi della G.N.R. di sentinella.
Successivamente, penetrarono nel fortino e nell’accantonamento del distaccamento G.N.R., sorprendendo e disarmando altri sette militari.
Vennero asportate le armi e le munizioni in dotazione, 30 coperte e oggetti vari personali, nonché in quantitativo di viveri.
I 10 militari vennero condotti dai ribelli alle Grange di Brione del comune di Valdellatorre dove furono rilasciati in libertà. (2)
Lo smacco per le autorità fasciste repubblicane fu grande. Il fatto che i prigionieri, cosa in quei momenti per nulla scontata, non fossero stati giustiziati, ma liberati quietò solo parzialmente la rabbia delle stesse.
Fu chiaro che bisognava tenere d’occhio quella porzione di territorio e quindi disporre pattugliamenti più serrati magari nella speranza di poter catturare qualcuno di quei partigiani.
Di buon’ora, la mattina del giorno 15, una colonna si avviò verso le colline per sorprendere i “ribelli” con un’azione di rastrellamento. Ma proprio alle Grange di Brione il reparto si scontrò subito con alcuni partigiani. Ne nacque una sparatoria nella quale caddero due giovani:
Il 15 corrente, alle ore 7l, elementi della G.N.R. muniti di autoblinda, eseguirono un’operazione di rastrellamento nel territorio del comune di Valdellatorre. Scontratisi in frazione Brione con tre ribelli ne uccisero due e catturarono il terzo, recuperando, inoltre, un automezzo. (3)
Lo scarno comunicato, in stile poliziesco, non ci dice i nomi di quei ragazzi, che pur noi conosciamo. Uno, purtroppo, fu proprio Carlo Mulatero di Eugenio. Aveva poco più di vent’anni quando il fuoco dell’autoblinda lo lasciò in terra.
Lui e Elio Onorato Callet, sulla strada che dal suo paese va verso Alpignano, persero la vita una mattina di primavera nella primavera della loro vita.
Nel tempo della giovinezza, non ebbero modo di pensare al futuro, certo lo sognarono, ma il loro si consumò così. Nella cupezza di un rastrellamento.
E di questi giovani ci resta solo l’esempio di chi, in nome delle proprie idee, si mise in gioco rischiando tutto, mettendo nel computo dei rischi anche quella vita che lasciarono una mattina sulla via. Stroncati dal piombo di un nemico in balia della propria progressiva scomparsa.
Oggi il suo paesello natio lo ricorda con una via dedicata, spesso le persone vi passano e chissà quante conosceranno la storia nobilissima di quel nome. Raccontarla, ricordarla, è senz’altro un dovere morale in questi tempi immemori e spesso ingrati.
Alessandro Mella
NOTE
1) Commissione regionale piemontese per l’accertamento delle qualifiche partigiane, scheda Carlo Mulatero tramite il portale Partigiani d’Italia.
2) Notiziario della Guardia Nazionale Repubblicana del 22 aprile 1944, p. 15.
3) Ibid. del 23 aprile 1944, p. 29.
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