Scrittore e giornalista, oggi dimenticato, è stato un temibile oppositore politico del Conte Camillo Cavour
Giorgio Briano nasce a Carcare, in provincia di Savona, il 5 gennaio 1812, il più giovane dei tre figli di Bernardo e Felicita Seghino. Verso i diciotto anni si trasferisce a Torino dove entra in seminario per poi uscirne dopo due anni.
Nello stesso periodo diviene corrispondente di Silvio Pellico e, dopo la morte ne scrive la biografia, pubblicata nel 1861.
Giorgio Briano svolge una intensa attività di scrittore e giornalista.
Collabora col giornale “L’Eridano”, stampato a Torino nel 1842, e dopo la liberalizzazione della stampa, nel 1847 è fra i redattori de “Il Risorgimento”, diretto da Camillo Cavour, ma non è d’accordo con la linea più progressista che viene a prevalere nel giornale. Quando Cavour inizia le trattative per la formazione dello schieramento di Centro-sinistra in Parlamento, il 7 dicembre 1849, Briano se ne va. Si avvicina a quella parte dei deputati della destra del Parlamento subalpino capeggiata dal conte Ottavio Thaon di Revel, che mette in atto l’opposizione secondo una tendenza conservatrice alla politica del conte Camillo Cavour, diventato presidente del consiglio dal 4 novembre 1852.
Il conte Thaon di Revel e i suoi adepti sono convinti che la fede cattolica rappresenti un solido punto di riferimento per la vita sociale. Così mal sopportano la politica anti-ecclesiastica intrapresa nel Regno di Sardegna, pur con alcune lievi prese di distanza rispetto alla destra cattolica intransigente. In particolare, tutte le gravi problematiche che affliggono lo stato, come la politica antireligiosa, le finanze dissestate ed anche la grave perdita di valori morali, non vengono ricondotte allo Statuto, ma piuttosto a una sua faziosa applicazione.
Tutte queste idee e prese di posizione si concretizzano, secondo l’uso dell’epoca, in un giornale, “La Patria”, diretto dal cavalier Giorgio Briano.
Quotidiano di grande formato, ma dalla breve vita, “La Patria” appare per meno di un anno, dal 26 maggio 1852 al 30 aprile 1853, quando le pubblicazioni si concludono perché il suo direttore, è chiamato a ricoprire un impiego governativo.
Intanto in Torino, Capitale del regno di Sardegna, si manifesta il problema degli “emigrati” politici. dal 1849 al 1859 alcune decine di migliaia di patrioti, esuli da tutti gli Stati preunitari, si erano rifugiati in Piemonte. Questi “emigrati” erano spesso elementi qualificati, ufficiali, giornalisti, scrittori, storici, economisti, giuristi, scienziati. Il Regno Sardo aveva assorbito soltanto in parte queste validi personaggi, inserendoli nell’amministrazione pubblica e nell’insegnamento; la cittadinanza sarda era concessa con parsimonia. Gli “emigrati” costituivano anche un problema di sicurezza pubblica: la maggior parte otteneva permessi di soggiorno, temporanei o permanenti, sotto il controllo della Questura, con possibilità di espulsione dal Regno. I più poveri ottenevano sussidi dal governo e da comitati patriottici.
Dalla lettura dei giornali dell’epoca emerge che la popolazione comune di Torino vedeva in una parte degli emigrati, soprattutto quelli “veneti”, personaggi infidi ed equivoci, chiassosi, poco inclini a pagare il conto all’osteria, non alieni da piccoli furti occasionali. Circolava la voce, non si sa quanto fondata, che alcuni dei sedicenti patrioti veneziani fossero in realtà evasi dalle prigioni approfittando dell’insurrezione del 1848.
I politici dell’opposizione conservatrice della Destra parlamentare, molto ostili agli emigrati politici in Piemonte, insistevano sui costi degli aiuti finanziari loro forniti che imponevano nuove tasse a carico dei residenti e sull’accusa di dominare praticamente lo Stato che li ospitava, anche grazie ai favoritismi nei loro confronti a scapito dei Piemontesi.
Per cavalcare questo malcontento a fini politici, i circoli liberali conservatori piemontesi fanno riferimento alle qualità di pubblicista di Giorgio Briano. Questi, nell’ottobre 1857 e fino al gennaio successivo, riprende l’attività di giornalista e contribuisce con i suoi articoli all’esiguo successo elettorale della coalizione di Camillo Cavour nelle votazioni parlamentari del novembre 1857.
Elabora, infatti, tra il 1856 e 1857 una serie di opuscoli poi riuniti sotto il titolo «Apparecchio alle elezioni generali», dove sono raccolte, secondo un disegno organico e ordinato, le sue idee politiche e, soprattutto, le sue critiche alla politica cavouriana. In particolare, due di questi opuscoli, significativamente dedicati a «I piemontesi e gli emigrati» e «Le tasse ed il popolo piemontese», contribuiscono non poco al successo elettorale delle forze di opposizione a Cavour nelle elezioni del 15 novembre 1857.
Agli opuscoli, dal 6 ottobre 1857 al 3 gennaio dell’anno successivo, si affianca l’”Italia conservatrice”, giornale politico-letterario e scientifico, moderato, di cui il nostro è direttore e redattore capo.
Briano si è candidato ma non viene eletto, anche se ha conseguito un certo successo. Cavour non ha certo apprezzato il suo intervento e così Briano, privo di una occupazione stabile, conosce spesso difficoltà economiche. Soltanto dopo la morte di Cavour ottiene la carica di revisore degli stenografi al Senato. Nel 1865, col trasferimento della capitale, raggiunge Firenze, dove aderisce al gruppo dei “cattolici transigenti” o “clerico-moderati”. Collabora dal 1866 alla “Rivista universale”, per sostenere la partecipazione dei cattolici alla vita pubblica e la necessità della rinuncia a Roma capitale.
Sempre a seguito del Senato, nel 1871 giunge a Roma. Qui, nell’aprile del 1873, tenta con scarsa fortuna di lanciare un nuovo periodico, “L’Eclettico, giornale letterario-artistico”, divenuto poi “L’Avvenire del popolo”.
Nelle poche settimane di pubblicazione del giornale, Briano si dice sdegnato per l’illegalità e la corruzione dell’Italia e manifesta una vera preoccupazione per il futuro del cattolicesimo, a suo avviso ovunque messo in pericolo e scalzato. Muore a Roma il 24 febbraio 1874.
Ricordiamo in conclusione, i suoi libri su personaggi storici e biografie. Oltre a quella sul Pellico, si occupa di vari personaggi, come Massimo d’Azeglio, Cristoforo Colombo, Joseph-Louis Lagrange, Cesare Alfieri di Sostegno, Alberto La Marmora, Oddone di Savoia. Tra suoi maggiori successi si annovera il dramma “Cristoforo Colombo” rappresentato in tutta Italia e pubblicato a Torino nell’estate del 1842.
© 2024 CIVICO20NEWS – riproduzione riservata