
La piazza di Viù nei primi anni del '900. (Collezione Privata)
Di Alessandro Mella
Capita, assai spesso, di leggere nomi di illustri personaggi della storia, dell’arte o della letteratura associati a Viù (Torino) e dintorni. Su volantini, siti internet, cartelli esplicativi per i turisti e così via. Chi legge, se non sa, rimane colpito, stupito e compiaciuto nell’accorgersi di vivere (od aver scelto per la propria villeggiatura) in una comunità dalle frequentazioni “storiche” così illustri. Il voler citare questi nomi non è solo una questione d’opportunità turistica, ma rappresenta, soprattutto, il rivendicare qualcosa che si ha a cuore, che inorgoglisce e gratifica l’animo. Mi sono chiesto, mille volte, da dove provenissero quelle notizie, quali fonti avessero, se appartenessero unicamente alla tradizione orale ed al filone delle leggende che ogni paesello si tramanda. Animato dalla curiosità ho provato a redigere un elenco che raccogliesse le varie personalità tentando, per come si può, di dare un riferimento documentale alla notizia della loro, anche fugace, presenza in Viù. Ecco, dunque, dove mi ha condotto, per ora, l’impresa.
LA TARGA DI VILLA FRANCHETTI
La celeberrima residenza estiva, edificata nel 1861 dal barone Raimondo Franchetti, dopo il magnifico restauro voluto dai benemeriti coniugi Martinetto, fu completata con una targa che ricordava anche alcuni dei personaggi che fecero visita ai Franchetti nei tempi d’oro della villa. Vi si trovano Eleonora Duse, Umberto I Re d’Italia, Guglielmo Marconi, Giacomo Puccini ed Hermann Göring. La prima, grande attrice di teatro, soggiornava volentieri in Val d’Ala e, come Marconi, frequentò anche l’attigua valle. Niente di strano, dunque, se i due avessero fatto visita in Viù ai Franchetti. Più curiosa la notizia di Göring che, già asso dell’aviazione nella grande guerra, si rese poi maggiormente celebre legandosi alle tristi vicende del Terzo Reich. A Villa Franchetti venne anche Umberto di Savoia (allora principe di Piemonte, erede al trono e colonnello di fanteria) la cui presenza in Viù, Lemie, Col San Giovanni ed Usseglio è ampiamente documentata da testimonianze, fotografie, articoli di giornali e dal magnifico volume che gli fu dedicato da Claudio Santacroce per la Società Storica delle Valli di Lanzo.
VITTORIO EMANUELE III
Si diceva che andasse a caccia nelle Valli di Lanzo e vi soggiornasse. Certo passò da Viù nel 1939 di ritorno dalle grandi manovre del Regio Esercito ad Avigliana:
(…) La macchina del Sovrano è stata vista passare velocemente da Viù ed è stata fatta segno delle più entusiastiche manifestazioni di affetto. Lungo tutti le vie della alta e bassa valle di Lanzo le popolazioni sono uscite per le vie ed hanno detto al Sovrano con le loro acclamazioni tutta la fedeltà delle genti piemontesi alla Augusta Casa Regnante (..) (1).
Non si possono certo escludere altre visite e passaggi, ma di questa vi è traccia certa. La Stampa di Torino ne diede notizia nel 1939 al tempo in cui una sua firma prestigiosa, Filippo Burzio, frequentava proprio Viù (2).

BENEDETTO CROCE
Una delle più illustri figure della filosofia e della letteratura italiane. Frequentava Viù ben volentieri e spesso la sua presenza è citata. Ad offrirci un paio di riferimenti precisi è, ancora una volta, La Stampa di Torino in due distinti pezzi:
Leggendo l’affettuoso libretto di Elena Croce “Ricordi familiari” edito dal Vallecchi, m’è tornata alla mente un’estate lontana, in cui ebbi l’immeritata fortuna di godere della compagnia di Benedetto Croce per tutto il tempo della villeggiatura. Era il 1918, la guerra stava per finire. Io e una mia amica e precisamente la moglie di Luigi Ambrosini, riuscimmo ad affittare una casetta che faceva al caso nostro: avevamo ciascuna un bambino e i nostri mariti erano ancora al fronte. Il paese dove avevamo trovato la casetta si chiamava Viù, nella Val di Lanzo. Era la prima volta che lo vedevo e fu anche l’ultima, non vi tornai mai più. Né so se in tanti anni è mutato; so che, dopo quel tempo, vidi molti paesi di montagna, montagna alta, alla moda, ma nessun luogo montano mi fece mai un’impressione così deliziosa. (..) Anche Benedetto Croce amava quel luogo e non era la prima volta che vi passava l’estate in villeggiatura. Come lo conobbi? Chi mi presentò a lui? Qualche professoressa amica della signora Croce? Qualcuno dei giornalisti di comune conoscenza che veniva qualche volta lassù? Pippo Naldi? Missiroli? Non ricordo. Sta di fatto che conobbi tutta la famiglia Croce in piazza una mattina di domenica, dopo la Messa. La signora Adelina non poteva fare che un’impressione di semplicità, di dolcezza e di bontà. Mai si sarebbe detta una donna laureata e colta qual era; appariva semplicemente come un modello di moglie e di madre, una madre che piangeva ancora il suo primogenito, un maschietto morto in fasce. Le sue tre piccoline le stavano intorno, tre bimbe di cui Elena era la maggiore. In quanto a Benedetto Croce, sapevo, come tutti, che era un famoso filosofo e letterato, ma in realtà, digiuna di studi classici e severi com’ero, non potevo giudicarlo secondo il suo valore, non avendo poi letto niente di suo, solo un ritratto su Maria Cristina di Savoia (..) (3).
Ma, molti anni dopo, comparve uno studio piuttosto interessante nel quale si dava cenno all’allontanamento del Croce dal nostro amato paesello:
Dopo Gozzano, nel pantheon locale, Croce. Avanti di scegliere come luogo di villeggiatura Meana, in Val di Susa, il filosofo era solito riposare (o coltivare l’ozio creativo) a Viù. Salvo fare definitivamente i bauli quando subì l’offesa: «Gli capitò qualche cosa» racconterà Carola Prosperi, fra le voci delle “Divagazioni sulla villeggiatura nelle Valli di Lanzo di Ines Poggetto e Fernanda Drappero”. Che cosa capitò a Don Benedetto? «Cadde, la gente rise, fece qualche sberleffo, qualcosa… che lui che amava tanto Viù la prese in odio e da quel momento andò a Meana. E andò sempre là. E a Viù non tornò mai più.» (4).
L’episodio, ma occorrerebbe definirlo equivoco, va contestualizzato e compreso: Croce era un uomo molto colto e particolare e le ironie dei valligiani finirono, probabilmente, per minarne profondamente l’orgoglio. Nell’estate del 2017, a Viù, gli fu dedicato un importante convegno i cui atti sono stati recentemente pubblicati.
MASSIMO D’AZEGLIO
Come vedremo, non sarà l’unica delle figure risorgimentali approdate a Viù. Pittore e politico, ma anche prode ufficiale nella Prima Guerra d’Indipendenza, il D’Azeglio fu amatissimo da Vittorio Emanuele II che non mancò di offrirgli ripetutamente la sua fiducia quando lo volle primo ministro. Nel suo più celebre volume, I miei ricordi, il D’Azeglio offre una testimonianza diretta della sua presenza a Viù:
Fui a Viù sopra Lanzo, ed in una passeggiata per quei monti, trovandomi su un dorso d’un giogo, ebbi la rara sorte di sentirvi una forte scossa di terremoto. Non s’ha idea di quanto esso appaia più grandioso e terribile fra le alte montagne. Che si scuotano le case sembra quasi naturale; ma a vedere traballare quelle rupi immense sorge l’idea d’una spaventosa potenza nascosta nelle viscere della terra; ed a me fece il senso d’una manifestazione affatto nuova. Venuto novembre mi ritirai nel mio studio e cominciai a lavorare (5).
Il volume uscì, nella sua prima edizione e postumo, nel 1867 un anno dopo la sua scomparsa.
Già qualche anno prima, comunque, egli aveva manifestato il suo desiderio di andare nelle nostre valli. Ne scrive, infatti, il 29 maggio 1851:
A dirtela non ne avevo, e non ne avrei proprio voglia (…) d’andare a Londra. Sono stanco di testa e sopratutto stufo e seccato di due anni continui di tribolazioni, ed il mio desiderio e bisogno sarebbe, non d’andar a Londra a parlar di politica, star a pranzo tre ore ed andar a letto a giorno, bensì d’andarmene a Viù, o simili, e passar il mio tempo all’ombra d’un albero, a far Verhou fourcù sull’erba e far uscire i grilli dal buco con una paglia. Ma per quanto fossi deciso a consacrarmi per qualche tempo a queste occupazioni, me ne dici tante e mi prendi per il mio debole – l’utile della patria – che comincio a tentennare e vado vedendo che forse la vincerai tu. (6)
Le montagne, del resto, erano e restano un ristoro per lo spirito.

VINCENZO GIOBERTI E SILVIO PELLICO
Un altro personaggio di grande rilevanza nel Risorgimento italiano fu senz’altro il Gioberti. Cattolico, coltissimo, egli era un accanito sostenitore del ruolo del papa nelle vicende politiche italiane. Propugnava apertamente che il capo religioso degli italiani dovesse essere, di diritto, anche quello politico. Tesi che non gli fece mancare le ironie dell’ala anticlericale del vasto ed assai eterogeneo mondo di coloro i quali sostenevano l’unificazione e l’indipendenza nazionali. Anche Gioberti ci lasciò tracce, fortunatamente, piuttosto precise della sua venuta in Viù:
Alla penultima tua non ho risposto per essere andato alla valle di Viù tra le Alpi, dove stetti una settimana. L’aria, il latte, i diporti, i passatempi continui mi vantaggiarono la salute; se non che quel medesimo incremento di vita che ho riportato da quel soggiorno, dopo qualche intervallo mi ha nociuto, attesa la mia complessione, schiva del troppo oziando nel bene. (7)
La sua permanenza, si deduce, avvenne in tempi piuttosto remoti e parrebbe risalire almeno al 1832:
E se lasciava Torino anche per poco, il suo pensiero ricorreva subito ai suoi cari che aveva lasciati, e si affrettava a dare ad essi per lettera notizia delle sue peregrinazioni e dell’esser suo. Ne darò un saggio citando una di queste lettere, tanto più che in essa la forma ed il concetto rendono immagine esatta e dell’indole di lui e delle impressioni che sperimentava. È in data di Viù 21 agosto 1832, ed indirizzata all’amico suo carissimo l’abate Gian Gioseffo Boglino, allora prete dell’Oratorio: “Mio carissimo Beppino, Dopo molti casi che non meritano di esser posti in istoria e dopo parecchi contrattempi che furono gloriosamente combattuti e vinti dalla costanza dell’animo nostro, siamo finalmente, il mio compagno ed io, giunti tra queste balze, dove abbiamo già incominciato a conoscere per prova la virtù che hanno di rinvigorire le gambe e dì stuzzicare ed accrescere l’appetito. Mi sono sempre sentito a rivivere ogniqualvolta mi occorse di condurmi nelle montagne; e questo effetto io credo che provenga parte dalla bontà e forza dell’aria e dalla semplicità e salubrità dei cibi, parte dalla grandiosità e varietà dello spettacolo, che rapisce i sensi e l’immaginativa”. (8)
Altra figura di primo piano qui giunta alla ricerca di pace interiore fu Silvio Pellico. Patriota, carbonaro, cospiratore e scrittore di grande levatura, egli ne aveva indubbiamente bisogno dopo essere stato detenuto nella famigerata fortezza boema dello Spielberg, ove le autorità austriache trattenevano i liberi pensatori italiani:
Silvio Pellico poeta e patriota risorgimentale reduce dallo Spielberg ospite dei marchesi Barolo qui soggiornò ritemprandosi 1834 1836. (9)
Egli, segretario dei marchesi Barolo, trovò in Viù ristoro e serenità.

GUIDO GOZZANO
Colto, dall’animo e dalla poetica delicate. Icona del crepuscolarismo, Gozzano soggiornò per un’estate presso una baita che s’erge tutt’ora nella frazione Bertesseno, oggi parte del comune di Viù. Ne diede notizia, ripetutamente, nelle corrispondenze con la non meno colta Amalia Guglielminetti. Per praticità, se ne sono accorpati alcuni passi:
Questo romitorio dista da Torino due ore di treno, quasi tre di diligenza, due e più di mulo e quasi una a piedi, fra dirupi e macigni d’asprezza dantesca. Il luogo è bello, ma il mio ricovero è così mistico e così squallido che la stamberga di Ronco diventa una reggia al raffronto. Mi rassegno tuttavia sorridendo, per quel gusto che tu mi conosci delle cose modeste: una specie di dilettantismo d’umiltà letteraria. Senza considerare che non potrei trovare di meglio per la mia pace fisica e per la mia vita interiore da tanti mesi offuscata. Che silenzio Amalia mia! (..) Ho ritrovato il filo dei miei sogni, questa volta, e vedo che il paesaggio interiore è l’unica cosa vera nel nostro vivere ingannevole. Lavoro molto, cara Amalia. Alle 6 1/2 sono già accoccolato su qualche macigno a cavaliere della valle, con il taccuino e la matita, e sogno e respiro. Scrivo poesie. (10)
Numerose commemorazioni si sono tenute a Bertesseno negli anni. Particolarmente applaudita è stata quella tenutasi nell’agosto 2016, nel centenario della scomparsa del grande poeta.
GIOVANNI PIUMATI
Corposamente documentata da numerose lettere e documenti, è la presenza a Col San Giovanni di Viù (a quel tempo comune autonomo) del pittore Giovanni Piumati che fu celebre anche per i preziosi studi da lui compiuti sui codici di Leonardo da Vinci. Della Val di Viù egli lasciò numerosi ed incantevoli paesaggi. Affranto dal dolore, dopo un’amara delusione, egli morì proprio nella sua baita nel 1915:
Ieri sera spirava serenamente il Prof. Avv. Giovanni Piumati, Pittore, d’anni 65. La vedova Eugenia Glueck e la figlia Sandra ne danno triste annunzio. Viù, Col San Giovanni, 7 ottobre 1915. La sepoltura avrà luogo a Col San Giovanni venerdì alle ore 10. (11)
Anche Piumati è stato ricordato recentemente in una riuscitissima serata nel corso della quale è stato presentato un volume dedicatogli in occasione della mostra organizzata a Bra (CN) nel 2015.
MICHELE LESSONA
Scrittore, politico, divulgatore scientifico e molto altro ancora fu il Michele Lessona. Memorabili le sue ricerche sulla fauna del Piemonte che, tra l’altro, lo condussero anche a Viù. Ad essa, nel 1880, dedicò uno studio:
Nota intorno ad una collezione di Lepidotteri della Valle di Viù, “Annali della Reale Accademia d’Agricoltura”.
Lessona, tra l’altro, prese parte alle prime ascensioni sulla Torre d’Ovarda. Amico di Garibaldi, Carducci, De Amicis, Sella, Verdi e Giolitti fu, da quest’ultimo, proposto per la nomina a Senatore del Regno. Proposta accolta con entusiasmo da Re Umberto I. (12)
CAMILLO BENSO DEI MARCHESI DI CAVOUR
Anche il più grande statista della storia d’Italia soggiornò nelle Valli di Lanzo ed in particolare in Val di Viù anche se, in questo caso, nella vicina Usseglio:
Albergo della Posta gestito da Cibrario Oreste (Gaudenzio), al capoluogo. L’esercizio fu avviato dal nonno dott. Cibrario Gaudenzio, Medico Chirurgo (1808-1900). Ebbe l’onore di ospitare il Conte Camillo Benso di Cavour. (13)
Chissà se anche i panorami alpestri colti nelle nostre valli lo ispirarono nella sua prodigiosa opera.
GIUSEPPE BOTTAI
Attorno a questo famoso gerarca un piccolo mistero fa capolino. Bottai fu uomo coltissimo, nel regime ebbe posizioni importanti, la sua adesione, seppur di facciata, alle leggi razziali fu un colpo molto duro per gli intellettuali italiani. Dopo la caduta del fascismo, il 25 luglio 1943, cui diede il proprio contributo, Bottai si arruolò nella Legione Straniera come semplice caporale per combattere i tedeschi ed espiare in qualche modo le responsabilità che sentì dentro di lui. Venne mai a Viù o semplicemente ne sentì parlare? Non si sa ma di certo lui scrisse:
Il poeta, che ero io, si lagnava ‘avere avuto i natali in un quartiere qualunque da una grande città e sospirava di non esser venuto alla luce in un paesello dal nome grazioso e cordiale. Non c’è che dire, la vita m’aveva preso in parola; e ora un paesello dovevo cercarmelo a tutti costi. Ma chi mi suggerì quando fui al dunque, questo complicatissimo nome: Montalto Uffugó? (…). Così, Per rendere omaggio all’amicizia, ho finito col compromettere nella buona estimazione degli scritturali della Legione un onesto paese dal nome difficile. Parola d’onore che un’altra volta rinasco, per esempio, a Viù. (14)
La certezza assoluta non c’è, ma la conosceva.

CONCLUSIONI
Naturalmente questo breve studio non può considerarsi esaustivo. Certamente possono esistere altri nomi, altri documenti, altre tracce anche più blasonate. Tuttavia, si è cercato di raggruppare in un elenco, quanto più completo possibile, i nominativi dei grandi personaggi della storia che visitarono Viù. Il tema potrà essere ancora approfondito e studiato ma, intanto, è stato possibile attribuire ai personaggi qualche fonte che ne confermasse la venuta nei nostri borghi. Amati, ieri come oggi, da chiunque ne abbia incontrato i colori, i tramonti e le mille piccole meraviglie.
Alessandro Mella
1) La Stampa 8 agosto 1939 p. 6.
2) Burzio, che anni dopo diventerà direttore del quotidiano torinese, parla di Viù in un pezzo del 25 gennaio 1938 a pagina 3.
3) Carola Prosperi, Un amabile conversatore Benedetto Croce – Lunghe passeggiate col filosofo sui sentieri della Val di Lanzo, in La Stampa del 5 luglio 1962, p. 3.
4) Bruno Quaranta, A Viù cercando Gozzano e Croce, in La Stampa del 23 ottobre 2004, p. 11.
5) Massimo d’Azeglio, I miei ricordi, Tipografia editrice Bideri, Napoli 1908, p. 275.
6) N. Bianchi a cura di, Lettere inedite di Massimo D’Azeglio al marchese Emanuele d’Azeglio, Roux e Favale, Torino, 1883.
7) Giuseppe Massari, Ricordi biografici e carteggio di Vincenzo Gioberti raccolti per cura di Giuseppe Massari, Vol. 2, Tipografia Eredi Botta, Torino 1861, p. 97.
8) Giuseppe Massari, Ricordi biografici e carteggio di Vincenzo Gioberti raccolti per cura di Giuseppe Massari, Vol. 1, Tipografia Eredi Botta, Torino 1860, pp. 145-146.
9) Dalla targa posta presso Villa Schiari – Viù.
10) Estratti di lettere di Guido Gozzano scritte a Viù nel 1909.
11) Necrologio apparso su La Stampa del 7 ottobre 1915, p. 5.
12) Relativamente alla figura del Lessona, desidero ringraziare Milo Julini per la segnalazione.
13) D. N. Drappero, Usseglio Parrocchia e Comune, Volume II, Ristampa anastatica edizione 1968 a cura dell’Ass. Pro Loco Usseglio, Usseglio 2005.
14) G. Bottai, Legione è il mio nome, Gianni Iuculano Editore, S.A., p. 11. Si ringrazia il cav. uff. Marcello G. Novello per la segnalazione.
Bravissimo Alessandro per mettere insieme tutte queste testimonianze sulle famose personalità che hanno frequentato il nostro amato paese. È molto bello averle tutte insieme per poter riferirsi se necessario. Molto interessante! Grazie.