Invito alla lettura dell’ultimo libro di Marcello Foa
Succede talvolta di trovare, tra le mille inutili pubblicazioni che popolano la saggistica contemporanea, qualche libro che lascia il segno e che ci compiacciamo di aver letto, o perché ci ha svelato nuovi orizzonti o perché raccoglie in sé tutto o gran parte di ciò che già pensiamo.
Sul finire di quest’anno ci siamo imbattuti in un libro che riunisce in sé entrambe le caratteristiche e ci dà forza intellettuale per affrontare un 2023 ancora pieno di incognite sul futuro delle nostre democrazie occidentali: si tratta de Il sistema (in)visibile di Marcello Foa (Guerini e Associati, 2022), un saggio di grande lucidità scritto da un intellettuale altrettanto lucido.
Molti conoscono Marcello Foa come giornalista di lungo corso formatosi alla scuola di Indro Montanelli e poi come presidente della Rai dal 2018 al 2021 e a cui, di conseguenza, non manca la conoscenza del mondo dell’informazione e della comunicazione, tant’è che insegna oggi queste discipline all’Università Cattolica di Milano e all’Università della Svizzera italiana di Lugano.
Ma Foa è anche un attento critico di questi due settori, di cui ha evidenziato le antiche e attuali perversioni, il servilismo verso il potere, l’inestirpabile e diffusa attitudine alla menzogna mediatica.
Il lavoro iniziato con Gli stregoni della notizia (Guerini e Associati 2006 e 2018), in cui Foa mette a nudo le tecniche di costruzione delle notizie al servizio dei governi, prosegue nel saggio attuale ma con una latitudine molto più estesa e accattivante fino a raggiungere i confini di una vera e propria critica di questa nostra civiltà assaltata da poteri più o meno occulti dotati di infiniti mezzi economici e di un altrettanto infinita mancanza di scrupoli.
Le parentesi che dividono il termine invisibile sono un espediente per porre le tesi di Foa fuori dal perimetro del complottismo: il sistema che dà l’assalto al governo del mondo infatti non è un buio intreccio di trame occulte, che pure esistono, ma un fatto in gran parte evidente, pubblico, dichiarato, sotto gli occhi (spesso ciechi) dell’opinione pubblica, come la lettera rubata che -nel racconto di Poe- nessuno vedeva proprio perché posta in bella evidenza nello studio del ministro.
I grandi poteri internazionali non hanno neppure più la necessità di nascondersi dal momento che, come nota Foa, sono talmente consapevoli della loro invulnerabilità da non vergognarsi di nulla e muoversi totalmente e serenamente nella loro completa mancanza di eticità.
Le cose dette da Foa nel suo saggio non sono nuovissime. Da molti anni ormai la sociologia e la scienza politica mettono in guardia contro il degrado dei sistemi democratici in Occidente, sempre meno controllati dai popoli e sempre più controllati dai signori della finanza e da quel mostro oligarchico che è il partenariato pubblico-privato, dove gli interessi dei grandi monopoli e dei grandi oligopoli hanno infiltrato potentemente organizzazioni decisionali che solo più formalmente sono pubbliche, e quindi democraticamente legittimate, ma che in realtà sono le cinghie di trasmissione degli interessi elitari delle grandi corporations finanziarie e industriali, per tacere delle organizzazioni criminali globalizzate.
L’OMS, che sopravvive in buona parte grazie ai finanziamenti della Bill and Melinda Gates Foundation, è un esempio lampante di ciò che andiamo dicendo, ma ce ne sono infiniti altri: il recente scandalo Qatar-UE è un pesante esempio di come un lobbismo che spesso sconfina nella corruzione può determinare le decisioni pubbliche a livello di istituzioni internazionali. E restiamo in trepida attesa che si scoperchi il pentolone venefico dei rapporti Bourla-Von der Leyen.
I “luoghi del potere”, come li chiama Foa, sono difficilmente individuabili, anche perché si tratta di flex nets, reti flessibili di managers privati e funzionari di stato, aziende globalizzate e istituzioni pubbliche semi-pubbliche e private, agenzie governative, fondi di investimento, fondazioni e oligarchi vari. Un bestiario immenso e variegato, dove però sono assenti proprio quei soggetti che -in una democrazia- dovrebbero essere i veri, grandi, unici detentori del potere legittimo, e cioè gli stati, i quali, a loro volta, dovrebbero rendere conto ai veri, grandi, unici detentori del potere di legittimazione democratica, e cioè i popoli.
In questo oceano senza regole, tranne quella del potere a tutti i costi, cerca di navigare l’informazione, quel quarto potere che, al pari degli altri tre, dovrebbe rappresentare una garanzia di democraticità in ogni sistema sociale e politico.
Ma, nell’analisi di Foa, così non è, soprattutto perché l’informazione si è ormai piegata trasformandosi, con rarissime e timide eccezioni, in comunicazione e propaganda al servizio di quella “guerra cognitiva” che è uno dei concetti base e originali del libro.
Concepita nell’immediato dopoguerra dal KGB sovietico e dalla CIA, la guerra cognitiva diventa un potente complemento della guerra fredda fra le due superpotenze di allora ma anche fra due concezioni del mondo e della società o -se si vuole- fra due civiltà: in sostanza è un complesso di raffinate tecniche psicologiche e comunicative per imporre agli avversari vere e proprie visioni del mondo in grado di modellare la società e le idee degli individui secondo i propri interessi.
La feroce propaganda sanitaria in epoca covid, quella ecologista dilagante e ossessiva, quella bellicista anti-russa e filo-ucraina in tempi più recenti sono solo gli esempi più vicini di quella guerra cognitiva che i poteri forti globalisti hanno mosso e stanno ancora muovendo alle nostre intelligenze e alle nostre coscienze tramite i grandi mezzi di comunicazione.
Ma questi sono solo alcuni dei temi che Foa affronta nel suo libro. La cosa stupefacente è che essi si sommano e si articolano in una grande summa di visioni alternative del nostro tempo, un vero gioco di intelligenza libera e creativa che ci porta su un gradino più alto nella comprensione di una realtà che, per molti versi, è diventata un velo di Maya calato sui nostri occhi e sulle nostre menti, una realtà virtuale creata con sapienti tecniche spesso cinematografiche (interessanti le considerazioni di Foa sul ruolo di Hollywood nella creazione di un “immaginario americano” da proporre come nuova etica mondiale) in grado di creare un consenso tanto incosciente quanto ferreo nelle masse popolari.
Soprattutto in quell’”uomo metropolitano” che, molto informato ma “liquido” e privo di radici culturali, diviene paradossalmente quello più malleabile e più facilmente assoggettabile alle grandi visioni conformiste proprio in virtù del suo sradicamento da quelle tradizioni che nei secoli hanno cresciuto spiritualmente i popoli e che la nuova civiltà mondialista vuole prima disarticolare e poi distruggere.
Una lettura, dunque, affascinante che -pur nella rigorosa e documentata ricchezza di fatti, opinioni, pensieri e pensatori disallineati- risulta altamente godibile nella sua freschezza espositiva.
Un libro, come dicevamo all’inizio, che può costituire un ottimo viatico, una vera road map concettuale per chi si appresta a iniziare questo nuovo anno pieno di incognite, di incertezze e anche di minacce, ma non vuole rinunciare ai suoi strumenti intellettuali di uomo libero e consapevole.