Un romanzo interessante, pieno di spunti e sentimenti
Partiamo da un dato fondamentale: anche se oggi nel panorama editoriale italiano la proposta di narrativa ha raggiunto livelli quantitativi elevatissimi: non si può dire altrettanto dal punto di vista qualitativo. Infatti scrivere un romanzo è difficile: è un’operazione che prevede di non perdere mai di vista il contesto e soprattutto di avvalersi di personaggi che, anche quando sono lontani nel tempo e nello spazio, non perdano la credibilità. Alessandro Sponzilli sa farlo: e lo fa bene. È uno scrittore che dopo una serie di romanzi ambientati nel mondo antico, oggi propone Il cacciatore di Innocenti, ambientato nella Torino di inizio 900. È sicuramente un romanzo interessante, pieno di spunti e sentimenti, che permette al lettore di creare una buona empatia con i personaggi, tanto da sperare di ritrovarli in un’altra storia.
L’ambiente è quello di una città divisa fra la nascita della rivoluzione industriale e il crescente trasformismo politico, forte della presenza ingombrante del socialismo e delle incomprese riforme sociali. Ma anche in un luogo misterioso, pericoloso in alcuni quartieri più poveri, totalmente in mano alle bande di ladri e truffatori, uomini in cui le tasche non si trovavano mai documenti di identità ma solo lunghe lame scattanti. Il thriller offre un’ambita opzione alle “solite” Parigi e Londra, facendoci respirare le nebbie e le notti nostrane di una Torino piena di vicoli rischiosi e di fumose osterie.
E qui che, in una delle piazze più commerciali, scompare una bambina di pochi anni, praticamente sotto gli occhi dei genitori, esercenti in un caffè rinomato. La polizia non ha mai avuto un caso del genere e mentre indaga nel nulla, senza una traccia, la città si avvolge nella paura che non sarà l’unico rapimento. Il romanzo parte così e subito si è coinvolti nell’indagine attraverso personaggi che si fanno ricordare. Un baro con pochi scrupoli e un futuro incerto, un maresciallo senza macchia, irascibile e con una famiglia problematica, infine una delle prime donne medico del Regno, caparbia e determinante. Il loro umano comune denominatore sarà Cesare Lombroso, incaricato dalla Questura di tracciare un ritratto del rapitore, che intanto colpisce ancora.
Sarà il professore che guiderà con saggezza e acume la squadra di improbabili investigatori, con le loro difficoltà ad amalgamarsi, impegnati a spuntare gli angoli più acuti del loro carattere. A mano a mano che si avvicineranno al colpevole, diverranno coscienti che la loro vita cambierà e che nulla sarà come prima, perché dovranno scendere negli Infernotti, l’oscuro territorio del Cacciatore.
La tensione risulta salda e non molla sino alla fine, i dialoghi funzionano, così le scene dove l’azione deve essere raccontata senza edulcoranti, come un bel pugno allo stomaco. Come accade nei suoi romanzi, la storia che ci propone l’autore è ad ampio respiro e si muove fra tante pieghe e su tanti piccoli palcoscenici. Ci si ritrova in una delicata inchiesta che coinvolge la polizia più corrotta e violenta, si assiste al dibattersi della prima emancipazione femminile dalla rete del maschilismo più testardo e conservatore e alla nascita del primo ufficio segreto degli affari riservati. Tutto si intreccia per poi trovare alla fine il giusto impiego, convergendo nella caccia all’uomo più inquietante degli inizi del secolo.
Alessandro Sponzilli, Il cacciatore di Innocenti, Leone Editore, pag. 544; euro 19,00.
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