Come sempre Antonella Barina coglie nel segno mostrando la fragilità dell’essere umano attraverso il racconto di esopiana memoria, oggi più che mai attuale. C.M.
C’era una volta l’Isola di Rivo Alto, un’isola dalle rive così alte che i fiumi precipitavano in mare con grandiose cascate e trionfo di muschio sulle pietre a strapiombo e gorgogliare di onde là in basso.
In quest’isola viveva in armonia un popolo di scimmiette il cui corpo era praticamente perfetto: avevano code come timoni e braccia e gambe robuste per correre e arrampicarsi sugli alberi saltando di ramo in ramo.
Alcune di loro all’altezza del tronco avevano sorta di membrane fatte come le ali dei pipistrelli con le quali volavano di albero in albero e le più abili si slanciavano in volo sopra l’isola e rinchiudendole di scatto si tuffavano a capo fitto dall’alto nell’acqua del mare, dove ogni giorno prendevano il bagno nuotando in ampi cerchi come le mante.
Avrete capito che si trattava di animali di terra, d’aria e d’acqua e che la loro felicità era perfetta.
I tuffi erano il loro maggior divertimento.
Oppure stavano immerse nell’acqua deliziandosi delle onde che le accarezzavano, si assopivano sognando tra i vapori che salivano dal mare in certe mattine di sole luminoso e coperto, lasciandosi dondolare beate a pancia in su.
La loro occupazione principale, poi, era pulirsi l’un l’altra il pelo, per catturare qualche insettino che intendeva farci il nido e pettinare i nodi, in modo che così il pelo diventava forte e lucente.
Mai avevano dovuto interrompere quei loro riti benefici e mai avrebbero pensato che sarebbe venuto giorno nel quale avrebbero dovuto interromperli.
Poi, un giorno, arrivarono gli squali.
La piccola scimmia li vide profilarsi all’orizzonte. All’inizio vide una sola pinna e un sesto senso l’avvertì che non era nulla di buono.
Avanzavano compatti, le pinne a fior d’acqua.
Da lontano, la scimmietta ne percepiva il sincronico scatto della coda che tagliava l’acqua.
Aveva buona vista la piccola scimmia, ferma su un pinnacolo di roccia vicino alla cascata e dette l’allarme. Ma nessuno le badò.
E gli squali avanzavano.
Solo all’ultimo fu avvertito il segnale di allarme.
Quelle che poterono si aggrapparono alle rocce minacciando invano con sbattere di denti gli aggressori.
Risalirono quando non c’era più nulla da fare per le altre.
Gli squali restavano sotto costa. Non se ne andavano.
Passarono giorni e giorni.
Mai era successo che le scimmie non prendessero il loro quotidiano bagno di mare per così tanto tempo.
La cosa spiaceva loro al punto che persero anche la voglia di volare.
E poiché non volavano, smisero anche di correre e di giocare.
E stavano sul bordo dell’isola a guardare il mare sottostante, irto di pinne e musi che con i loro occhi ciechi sembravano guardare verso di loro. Invece annusavano. Gli squali avevano fame.
E le scimmie ragionavano tra loro e poi dalla noia cominciarono a litigare.
“Perché non chiediamo aiuto alla scimmia saggia?” chiese la piccola scimmia.
“Oh, risposero, è tanto tempo che non la vediamo, non sappiamo neanche più dove sta di casa”.
“Andiamo a cercarla” esortò la piccola scimmia.
Quelle risero, che da molte generazioni nessuna sapeva più dove stava di casa la scimmia saggia.
“Io la voglio incontrare” affermò la piccola scimmia, ma non le dettero bada.
Poi, poiché insisteva, per dileggiarla le diedero mandato di andarla a cercare.
La piccola scimmia infilò la strada dietro gli alberi, attraversò le piane centrali dell’isola e si inoltrò nella forra dei grandi sassi. Camminò e camminò, poi, stanca che era, si appoggiò ad un masso. Ad un certo punto, notò una grossa lucertola che si infilava in una fessura nascosta dall’erba, tra due pietre. Quando vi si affacciò, la piccola scimmia sentì uscire una folata di vento che sapeva di profondità.
Uno stormo di pipistrelli le volò sopra la testa.
In breve, per curiosità e coraggio, decise di entrare in quella breve apertura.
La prima caverna era buia e umida, la piccola scimmia scalpicciava scivolando tra fango e roccia. Ma proseguì.
Nella seconda c’erano specchi d’acqua nei quali a caduta dall’alto scendevano sommesse cascatelle.
La terza grotta risplendeva di quarzi, poiché la luce scendeva da un unico foro sulla sommità, grande abbastanza da illuminare i cristalli scintillanti. Tra queste si apriva una sorta di minuscola soglia che portava ad una stanza tutta buia, alla quale la piccola scimmia si affacciò.
La stanza si illuminò di luce solare, era grandissima.
Seduta, nella posizione del meditare, stava la scimmia saggia. Alle sue spalle, un immenso lago.
“Accomodati” disse la scimmia saggia alla piccola scimmia “Che cosa posso fare per te?”
“L’isola” spiegò la piccola “è circondata dagli squali e nessuna di noi può più tuffarsi in acqua e fare il bagno. Gli squali attaccano chiunque si prenda questo piacere. Non c’è verso di smuoverli. Hanno provato di tutto le nostre sorelle. Hanno gettato sassi, fatto il verso del rapace, o si sono nascoste per far credere loro che non ci fosse più nulla da mangiare, ma non c’è stato verso. Non c’è niente di cui abbiano paura!”
“Sbagli” disse la scimmia saggia. Anche gli squali hanno paura”
“E di che cosa” chiese la piccola.
“Questo dovrai scoprirlo tu” rispose la scimmia saggia. E riprese a meditare.
La piccola tornò sulla riva dell’Isola di Rivo Alto e stette ad osservare gli squali per lunghi giorni e lunghe notti, ma qualunque cosa gli gettasse contro o qualunque verso facesse quelli, sordi e ciechi, non si scomponevano.
Poi avvenne una cosa strana.
Due grossi squali procedevano da opposte direzioni e, pavoneggiandosi davanti al branco, non si accorsero che stavano finendo l’uno contro l’altro. Si urtarono con il muso e fecero entrambi un balzo indietro, fuggendo impauriti, in opposte direzioni.
“Ho capito! Ho capito di cosa hanno paura gli squali” urlò la piccola scimmia attraversando le grandi sale della casa della scimmia saggia.
“Gli squali” disse quando le fu davanti “hanno paura di se stessi”. La scimmia saggia quindi le diede le giuste istruzioni e una piccola noce di fuoco.
Mentre gli squali giravano in carosello intorno all’Isola di Rivo Alto e le scimmiette si lasciavano andare all’inedia sulle sue rive, la piccola scimmia raccolse rami, foglie e rametti e poi scavò e raccolse dell’argilla e cominciò a costruire qualcosa di cui non volle dire nulla a nessuno. Attorno cominciarono a venire da ogni parte dell’isola le altre scimmie a chiederle cosa stesse facendo e quando lo videro si arrabbiarono moltissimo.
“Non solo abbiamo squali tutto attorno a riva” le dissero “ma ora tu ne costruisci uno di gigantesco!”
La piccola scimmia, come le aveva raccomandato la saggia, non rispose a nessuna di loro. Soltanto, quando tutto fu pronto, chiese aiuto alle altre, che la aiutassero a gettarlo in acqua.
“Come” dissero quelle “hai fatto tutta questa fatica e ora lo vuoi gettare in mare?” Pur facendosi pregare, la aiutarono.
La scimmietta incendiò la propria opera con la noce di fuoco e l’enorme squalo che aveva costruito finì in acqua e si immerse gorgogliando tra le onde. Planò sul fondo. Il suo corpo friggeva spegnendosi in bolle e vapori. Nell’oscurità i suoi denti di pietra brillavano di una luce sinistra. Gli occhi di madreperla raccoglievano le lame di luce che venivano dalla superfice e sembravano osservare ogni cosa.
A quella vista gli squali spaventatissimi si diedero alla fuga e le acque dell’Isola di Rivo Alto furono libere.
Le scimmiette fecero una grande festa e ripresero confidenza con l’acqua. Ripresero a meditare, a spulciarsi a vicenda, a giocare e a fare i loro splendidi tuffi.
E gli squali? Ah, gli squali che assediavano l’isola di Rivo Alto fuggirono e stanno ancora fuggendo!
Le scimmiette poterono nuovamente farsi cullare dalle onde sulle sponde rocciose dell’Isola di Rivo Alto e fare tranquille una splendida nanna!
Illustrazione di Chiara Rota
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Se poi si guardano allo specchio, si terrorizzano ancora di più! 😉👍🏻
Grazie per la bella favola!
Dalla penna di Antonella escono solo perle.