E così l’India si riscopre induista
Narendra Modi ha vinto le elezioni, riconfermando la sua guida nazionalista indù in opposizione al progressismo oscurantista della “dinastia” Gandhi.
Mentre i giornali nostrani gridano allo scandalo e al pericolo antidemocratico, i popoli, se chiamati alle urne, si muovono in ben altra direzione.
Dimostrando consapevolezza che vi sono diversi modelli politici atti a garantire la democrazia, e non solamente il modello unico parlamentare tanto amato dai liberali occidentali.
L’affermazione di Modi in India non è altro che un andamento che vede coinvolti diversi paesi, specie quelli delle ex colonie anglosassoni. Dove i vecchi revanscismi identitari etno-religiosi stanno emergendo in contrapposizione al sistema liberale vigente.
E così l’India si riscopre induista, Israele sogna il ripristino di un grande Regno biblico, il Sudafrica perseguita bianchi e zulù polarizzandosi sull’identità bantù.
Il modello liberale, incentrato su e nell’Anglosfera, si sta lentamente sgretolando. Se i BRICS da soli non costituiscono una minaccia totale al sistema occidentale; in quanto alleanza eterogenea e persino divisa negli scopi strategici dei suoi singoli componenti, indubbiamente costituisce un segnale d’allarme importante, dove si evidenzia che il malato d’Occidente si ritrova in una condizione grave se non terminale.
I terreni di scontro fra gli interessi russo-cinesi e quelli americani si espandono anziché ridursi. Ci troviamo sempre più in quella che Papa Francesco definì una “Guerra Mondiale a pezzi”, dove questi pezzi si allargano sempre più. Oggi in Ucraina e in Palestina, domani in Africa, nei Balcani, nel Caucaso e nel Pacifico.
Le tensioni sono aumentate vertiginosamente, soprattutto in vista delle Elezioni Europee e delle future Elezioni americane di novembre.
La crisi pandemica aveva fortemente ridimensionato i governi e i leader sovranisti di tutto il mondo. Ora da Trump a Netanyahu, passando per la Le Pen e Orban, fino ai nostri Salvini e Meloni; tutto il fronte sovranista sembra ricompattarsi, dall’Europa all’America.
Tutto il vecchio mondo liberal progressista, aiutato dalla pandemia, oggi si ritrova nuovamente con un consenso risicato, mantenuto in piedi da pochi editori e da compiacenti canali televisivi, i quali, insieme alle urne vengono sempre meno frequentati. Simbolo di un popolo che si sente sempre meno rappresentato, nonché sfiduciato verso i media e i partiti ufficiali.
L’idea della vecchia classe dirigente liberale, pur di scongiurare un esito incerto se non sfavorevole delle elezioni, consiste nell’ arrivare ad una perenne tensione, se non ad un conflitto armato, giocando così con le sorti dell’intero pianeta. Questa perenne instabilità garantirebbe loro l’avvicendarsi di governi tecnici o di “emergenza”; scongiurando così il voto, a detta loro, dei populisti, leggasi nella realtà voto democratico-popolare.
Ma l’identità liberale cosmopolita, così come il tiepido patriottismo costituzionale figlio di Rousseau, appare oggi morente se non contro natura.
I popoli tendono a costituirsi in comunità organiche, vogliose di riprendere in mano i propri destini e le proprie identità, e, se non ne hanno una ne producono di nuove, in netto contrasto con un con la narrazione globalista dominante.
I popoli esistono ed esisteranno sempre! Sono i soli che dai tempi preistorici costituiscono, insieme alle famiglie, il nucleo fondante e fondamentale di ogni comunità umana. Ignorare ciò equivale ad ignorare la storia oltre che la Natura.
Le forze che un tempo erano vicine all’Occidente anglo-americano sono e saranno le prime a ribellarsi, laddove gli USA perderanno terreno nella faticosa lotta globale contro Russia e Cina. Come un tempo vi era Roma e Cartagine, oggi vi sono nuove potenze che sfidano il vecchio ordine vigente. Sarà la storia a dirci chi di queste prevarrà sull’altra. Ma quel che è certo è che non vi è spazio per più Imperi, solo uno può e potrà essere quello globale.
Per arrivare a ciò ci sarà un atto violento, ma inevitabile. D’altronde anche la vita e la nascita lo sono. Le radici prima o poi riemergono dal terreno, anche se ci si mette sopra del catrame. I rami delle identità popolari stanno ora riemergendo da un terreno sabbioso che risulta essere sempre più debole. Saranno i posteri a dirci se del dominio americano rimarrà una roccia scalfita ma intatta, o dei semplici granellini di sabbia.
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