Gianluca Ruggiero per Civico20News
La decisione della Corte Penale Internazionale (CPI) che ha spiccato i mandati di cattura, richiesti dal procuratore capo Karim Khan il 20 maggio 2024, nei confronti del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dell’ex ministro della Difesa Yoav Galant e del capo militare di Hamas Mohammed Deif (ora deceduto), era attesa da tempo. Sei mesi dopo, la Camera preliminare ha annunciato la sua decisione circa i ritenuti crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nel conflitto di Gaza, ai sensi degli articoli 7 e 8 dello Statuto di Roma della CPI.
Le richieste erano originariamente rivolte contro il leader di Hamas Jihia al-Sinwar e il capo degli affari esteri Ismail Haniya, ma entrambi furono uccisi durante azioni di guerra. Deif, ricercato per il massacro di Hamas del 7 ottobre 2023, viene dichiarato morto, ucciso nell’attacco aereo del 13 luglio scorso, assieme a Rafa Salama, considerato uno dei più stretti collaboratori del leader militare di Hamas, capo della Brigata Chan Yunis. I servizi di intelligence hanno ora confermato che anche Deif è rimasto ucciso nell’attacco aereo. Israele lo ha dichiarato morto in agosto, coivolto, si dice, in un bombardamento israeliano sulla Striscia di Gaza; ma non c’è mai stata conferma ufficiale della sua morte.
A metà novembre l’accusa ha detto di non essere in grado di determinare se Deif fosse ancora vivo o meno sulla base delle informazioni fornite dalle autorità israeliane e palestinesi. La CPI ha quindi emesso il mandato d’arresto richiesto. Deif è accusato, tra le altre cose, di tortura, omicidio volontario, sterminio e violenze sessuali.
Negare intenzionalmente e consapevolmente beni vitali alla popolazione civile
La camera preliminare si è concentrata sulla catastrofica situazione umanitaria a Gaza, di cui Netanyahu e Galant sono ritenuti congiuntamente responsabili. L’accusa principale è di aver deliberatamente cagionato la morte per fame di civili come strategia di guerra, e che costituisce un crimine di guerra ai sensi dell’articolo 8 paragrafo 2 b) xxv) dello Statuto di Roma.
Ci sono ragioni sufficienti, afferma la Corte nel suo comunicato, per ritenere che Netanyahu e Galant “abbiano intenzionalmente e consapevolmente privato la popolazione nella Striscia di Gaza di beni essenziali per la loro sopravvivenza, tra cui cibo, acqua, medicinali e forniture mediche, nonché carburante ed elettricità”. Le organizzazioni umanitarie non erano più in grado di provvedere adeguatamente ai civili a causa dell’interruzione dell’energia elettrica e della riduzione delle consegne di carburante, gli ospedali non sarebbero stati più in grado di fornire le cure mediche necessarie.
Nonostante gli appelli di diversi Stati, del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, del Segretario Generale dell’ONU, dei Governi e delle organizzazioni della società civile, è stato approvato solo un minimo di aiuti umanitari. Non vi è alcuna giustificazione per queste restrizioni, né per ragioni militari né per altri motivi.
Attacco diffuso o sistematico contro la popolazione civile
Approfondendo l’analisi, l’accusa riguarda i crimini contro l’umanità previsti dall’articolo 7 dello Statuto di Roma consistenti in omicidi intenzionali, persecuzioni e altri atti disumani. La mancanza di cibo, acqua, elettricità e carburante, nonché di alcune forniture mediche, ha causato la morte di civili, compresi bambini, per malnutrizione e disidratazione.
A causa della fornitura inadeguata di materiale medico, i pazienti, compresi i bambini, talvolta dovevano essere operati senza anestesia o venivano utilizzati prodotti sedativi inadeguati, il che causava dolore e sofferenze estremi.
Secondo l’articolo 7 dello Statuto di Roma, l’esistenza di crimini contro l’umanità – oltre al compimento di uno o più atti ivi contemplati – è legata a ulteriori requisiti: le condotte devono essere deliberatamente compiute nell’ambito di un “attacco estensivo o sistematico contro la popolazione civile”; contestazione che la Camera penale ha accolto.
A differenza del procuratore capo Khan, la Camera non ha dato per scontato il reato di sterminio, anch’esso considerato crimine contro l’umanità. Secondo la definizione giuridica contenuta nell’articolo 7, comma 2, lettera b), dello Statuto di Roma, lo sterminio comprende l’imposizione intenzionale di condizioni di vita – compreso il divieto di accesso al cibo e ai medicinali – che potrebbero comportare la distruzione di una parte della popolazione. Nel comunicato stampa si dice che la Camera, sulla base del materiale presentato dall’accusa, che copre il periodo fino al 20 maggio 2024, non è stata in grado di determinare la presenza di tutti gli elementi dei reati contestati.
Cambiamento nella Camera preliminare della CPI
Israele aveva messo in dubbio, tra le altre cose, la giurisdizione della Corte penale internazionale sui fatti contestati, dato che esso non ha sottoscritto lo Statuto di Roma, sebbene la Palestina abbia dichiarato la sua adesione nel 2015. Nonostante la controversia sul riconoscimento della Palestina come Stato, la situazione giuridica è abbastanza chiara. Nel febbraio 2021, la Camera preliminare I della CPI ha affermato la propria giurisdizione sui territori occupati dal 1967, come la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza. Ciò significa che gli atti commessi sul territorio palestinese – inclusi quelli da parte di cittadini israeliani – ricadono sotto la giurisdizione della Corte penale.
La Camera preliminare sarebbe competente, tra le altre cose, ad emettere mandati di arresto e di confermare eventuali accuse. Per fare ciò, esamina le prove prima che le accuse vengano effettivamente presentate.
Una nota da farsi riguarda il mutamento della composizione della Camera durante la fase decisionale. La decisione presa collegialmente da un giudice e due giudici donna è stata unanime. Inizialmente il giudice presidente era la rumena Iulia Motoc, ma il 20 ottobre 2024 sono state annunciate le sue dimissioni per non meglio specificati “motivi di salute”. La Motoc è stata sostituito dal giudice sloveno Beti Hohler, mentre la presidenza è stata assunta dal giudice francese Nicolas Guilloui. Il terzo membro della camera è la giudice del Benin e secondo vicepresidente Reine Alapini-Gansou.
I Paesi europei dovrebbero arrestare Netanyahu?
La questione cruciale, tuttavia, è se e come sarà possibile eseguire il mandato d’arresto contro Netanyahu, dato che la Corte penale internazionale non può farlo autonomamente.
In linea teorica i 124 Stati membri dello Statuto di Roma sarebbero obbligati a eseguire mandati di arresto contro capi di Stato anche di paesi terzi: se una persona ricercata si trova in uno Stato membro, la CPI può, ai sensi dell’articolo 89 dello Statuto di Roma, richiedere allo Stato di arrestare e trasferire la persona. L’Italia ha ratificato lo Statuto di Roma con legge 2 luglio 1999 , n. 232, che contempla questo obbligo all’art. 59, comma 1, sottraendolo, quindi, alla discrezionalità politica.
Le accuse contro la leadership di Hamas
I crimini di diritto internazionale di cui è accusata la leadership di Hamas riguardano tre fatti: l’attacco del 7 ottobre 2023, la presa di ostaggi stessa e il trattamento degli ostaggi rapiti.
In questo contesto, la leadership di Hamas è accusata, tra le altre cose, del crimine di sterminio (articolo 7, paragrafo 1, lettera b) dello Statuto della CPI), che è molto vicino concettualmente al crimine di genocidio. Tuttavia, a differenza di quest’ultimo, lo sterminio non richiede la prova che l’autore del reato fosse interessato alla distruzione totale o parziale del gruppo in quanto tale. Le uccisioni di massa nel contesto di un attacco esteso o sistematico contro la popolazione civile – come l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 – possono essere, secondo il diritto internazionale penale, punite come crimini secondo il diritto internazionale penale, anche indipendentemente dal reato di genocidio.
L’attenzione è posta anche sul crimine di guerra della presa di ostaggi – considerando gli almeno 245 ostaggi che Hamas e altri gruppi hanno sequestrato a Gaza nel corso del loro attacco – e sui crimini sessuali violenti commessi contro gli ostaggi: le accuse di violenza sessuale nel corso dell’aggressione del 7 ottobre 2023 non sono (ancora) state poste alla base della richiesta di mandato d’arresto, ma sono oggetto di ulteriori indagini.
Sulla responsabilità di Netanyahu e Gallant
Si sostiene che Gaza sia stata completamente isolata da Israele all’inizio dell’offensiva dell’8 ottobre 2023 e che le consegne di aiuti non fossero più consentite. Sono stati interrotti anche i condotti provenienti da Israele, essenziali per la fornitura di acqua ed elettricità a Gaza. A questo proposito, il pubblico ministero parla esplicitamente di un “assedio” di Gaza da parte di Israele.
Secondo l’accusa, anche nel periodo successivo gli aiuti sarebbero stati arbitrariamente ostacolati o limitati. Ciò era giustificato dalla necessità di tagliare fuori Hamas dalle linee di rifornimento. Allo stesso tempo, queste operazioni hanno portato alla mancanza di rifornimenti per la popolazione della Striscia di Gaza, che dipendeva quasi completamente da Israele per le necessità vitali da quando si era ritirato dalla Striscia di Gaza nel 2005
Lo zoccolo duro dell’accusa è il taglio dei rifornimenti per la popolazione civile. Ciò rappresenterebbe un metodo di guerra proibito anche se dovesse perseguire un obiettivo militare fondamentalmente legittimo: l’eliminazione di Hamas e la liberazione degli ostaggi. Il pubblico ministero accusa inoltre Netanyahu e Gallant di aver inteso, oltre a questi obiettivi (ammissibili in uno stato di guerra difensiva), punire collettivamente la popolazione civile della Striscia di Gaza, percepita come una minaccia per Israele.
Accusa di sterminio e persecuzione
Abbiamo detto che, secondo il pubblico ministero, le azioni di Israele non costituiscono solo un crimine di guerra. Piuttosto, la chiusura di Gaza costituisce con sufficiente probabilità anche il crimine di sterminio in quanto crimine contro l’umanità. Secondo la definizione giuridica dello Statuto della CPI, lo ‘sterminio’ comprende l’imposizione intenzionale di condizioni di vita – compreso il diniego di accesso al cibo e alle medicine – che potrebbero portare alla distruzione di una parte della popolazione (Art. 7 Par. 2 lett. b) Statuto della CPI).
In questo contesto, la connessione tra i due fatti è davvero evidente. Tuttavia, il crimine di sterminio deve essere parte di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile. Finora Israele si è difeso risparmiando il più possibile la popolazione civile. Tuttavia, il pubblico ministero sembra avere prove sufficienti per dimostrare che questa affermazione è infondata alla luce della situazione reale a Gaza. Ciò concorda con l’accusa secondo cui Netanyahu e Gallant sono responsabili di crimini di guerra per gli attacchi (militari) mirati contro la popolazione civile.
In definitiva, l’accusa secondo cui Netanyahu e Gallant sono sospettati di aver commesso crimini contro l’umanità è di vasta portata. Tale ipotesi di reato si riferisce al fatto mirato contro un gruppo o una comunità identificabili con motivazione discriminatoria, ossia per “motivi politici, razziali, nazionali, etnici, culturali o religiosi, per ragioni di genere […] o per altri motivi universalmente riconosciuti inammissibili ai sensi del diritto internazionale […]”. In definitiva, il pubblico ministero sostiene che la popolazione civile palestinese viene attaccata a causa del suo status di palestinese. Considerata la portata dell’accusa – vista la motivazione discriminatoria degli autori vi è una certa vicinanza al genocidio – è preoccupante che il pubblico ministero si astenga dal fornire alcuna motivazione nella sua richiesta e le motivazioni in fatto e in diritto sono piuttosto concise, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti più delicati.
Pressioni dalle parti politiche
Nel periodo precedente l’emanazione del mandato d’arresto, il pubblico ministero ha subito molte pressioni, da diverse parti. Mentre gli Stati del Sud del mondo erano parecchio scettici sull’intervento della Corte penale internazionale circa la situazione palestinese dopo aver emesso un mandato di arresto contro Vladimir Putin, agendo così per la prima volta contro la leadership di uno stretto alleato degli Stati Uniti e di numerosi Stati occidentali, i rappresentanti di questi ultimi hanno chiesto moderazione.
In questo contesto, la decisione del pubblico ministero è certamente coraggiosa, ma porrà probabilmente sfide significative per l’intera istituzione della CPI. Le prime dichiarazioni dei rappresentanti statali sono state ambivalenti: chiare critiche sono arrivate da parte statunitense e tedesca, mentre Francia e Belgio hanno sostenuto la CPI nelle loro dichiarazioni. La critica, secondo cui il pubblico ministero avrebbe formulato un’equazione inammissibile, richiedendo contemporaneamente mandati di arresto contro la leadership di Hamas così come contro Netanyahu e Gallant, è indicativa dell’attenzione e della cautela con la quale egli debba procedere per evitare che l’accusa sostenga tesi troppo labili. Anche se le critiche non sono convincenti al riguardo – il pubblico ministero deve esaminare il comportamento di tutti coloro che sono coinvolti in una situazione in egual modo e Karim Khan ha chiaramente differenziato il linguaggio e le accuse mosse – esse illustrano il notevole disagio che esiste in alcuni Paesi nei confronti di Israele e dei suoi rappresentanti.
Una cartina di tornasole per i teorici del diritto penale internazionale
Nel suo commento del 20 maggio 2024, il gruppo di esperti nominato dalla Corte sostiene che l’attacco di Hamas del 7 ottobre e la risposta militare di Israele hanno spinto al limite il sistema giuridico internazionale e con esso il diritto internazionale penale. Il procedimento sulla “Situazione della Palestina”, che ora è giunto al culmine con l’emissione dei mandati di cattura richiesti, diventerà probabilmente una vera cartina di tornasole per il diritto e per la Corte penale internazionale.
La domanda cruciale qui è: possono gli alleati di Israele, in particolare gli stati contraenti della CPI, prendere le distanze dalle dichiarazioni del pubblico ministero e dalla Camera penale? Inoltre. Questi Stati adempiranno ai loro obblighi ai sensi dello Statuto della CPI e coopereranno all’arresto e al trasferimento di Netanyahu e/o Gallant in esecuzione del mandato di cattura? Secondo la Camera I della CPI, l’immunità personale di Netanyahu probabilmente non sarebbe in conflitto con questo obbligo.
La situazione è particolarmente delicata per i Governi europei. Inutile dire che l’Europa è al fianco di Israele quando si tratta di difendersi dagli attacchi di Hamas contro la popolazione civile israeliana. Allo stesso tempo, la Germania, ad esempio, ha recentemente sostenuto chiaramente la CPI come istituzione indipendente e ha più volte assunto posizioni favorevoli al diritto internazionale penale. Di contro, il primo ministro ungherese Viktor Orban, il cui Paese detiene la presidenza di turno dell’Ue, ha annunciato che inviterà Benyamin Netanyahu per protestare contro il mandato di arresto emesso dalla Corte penale internazionale. V’è da chiedersi come possa ammettersi una frammentazione della politica europea e della politica estera in particolare.
Questo può essere un preoccupante segno del disaccordo nei confronti del mandato di cattura, sia da un punto di vista politico che nel merito delle prove raccolte dalla Procura della Corte penale. È un dato di fatto che molti esponenti del mondo politico ritengono che i dati forniti a sostegno delle accuse siano solo parziali o riportati in modo distorto, senza tenere conto che gli attacchi, da ogni parte, sono rivolti verso obiettivi militari precisi.
Avv. Prof. Gianluca Ruggiero
© 2024 CIVICO20NEWS – riproduzione riservata
Scarica in PDF