
Non risolvono il problema dell’intreccio tra politica e affari
Il presidente della Liguria Toti si è dimesso dopo due mesi di arresti domiciliari e la parola tornerà ai cittadini.
E’ bene precisare che al momento è incensurato, soltanto indagato e arrestato sulla base di ipotesi della magistratura inquirente; con lui nell’inchiesta che ha scosso le fondamenta della regione ligure sono finiti anche il suo capo di gabinetto e il presidente del colosso delle utilities Iren per fatti riferiti ai tempi in cui era presidente dell’autorità portuale.
Le dimissioni di Toti permettono alla regione di proseguire la sua attività, una , o più, riflessioni andrebbero però fatte su diversi aspetti della questione.
Un magistrato, sulla base di suoi sospetti che il tribunale poi potrà giudicare infondati, può privare della libertà il presidente della regione come il comune cittadino; con ciò il regolare funzionamento delle istituzioni è compromesso.
Se Toti merita di essere arrestato dovrebbe esserlo dopo una sentenza definitiva e dopo i vari gradi del processo che, nel caso in questione, non si sa nemmeno se e quando inizierà.
Se i rilievi mossi al capo di gabinetto e al presidente di Iren ed ex presidente del porto sono abbastanza gravi, precisando di avere avuto notizie solo da organi di stampa e non avendo letto le carte giudiziarie (cosa che non mi ritengo personalmente in grado di fare essendo altra la mia formazione) mi pare di capire che i fatti imputati a Toti non siano altro che la normalità per politici di un certo livello; Toti avrebbe chiesto centinaia di migliaia di euro di contributi per le campagne elettorali a facoltosi imprenditori; chi conosce come funziona una campagna elettorale in un comune di medie dimensioni sa che i responsabili dei partiti maggiori di tutti gli schieramenti fanno la fila da imprenditori e dirigenti d’azienda a chiedere finanziamenti regolari effettuati, come prevede la legge, su conti correnti dedicati. Tutto tracciato, come peraltro ha dichiarato l’avvocato difensore di Toti.
Non si è più voluto il finanziamento pubblico e si ricorre a quello privato, aprendo una volta in più il capitolo dei rapporti tra politica e affari.
A Genova come a Milano, ad Alessandria o Cuneo o qualunque centro di medie dimensioni, imprenditori facoltosi finanziano le campagne elettorali dei candidati sindaci, consiglieri regionali etc…. c’è da pensare che non tutti lo facciano per amore della politica o simpatie verso questo o quel candidato, anzi, non è raro che lo stesso imprenditore faccia consistenti donazioni a più di un candidato.
Tra l’altro, a giudicare dalla cartellonistica a pagamento e dalle inserzioni sulla stampa nelle ultime elezioni regionali piemontesi, europee e amministrative vien da pensare che il flusso di finanziamenti abbia seguito una scommessa sicura, infatti tutti abbiamo potuto notare la preponderanza di manifesti a pagamento di un particolare schieramento.
Ribadisco, tutto regolare, la normativa permette di ricevere finanziamenti regolarmente tracciati su conti dedicati.
Per questo credo che alla fine del processo, nei tempi biblici della giustizia italiana, Toti verrà giudicato innocente, ha fatto quello che TUTTI i politici fanno sotto elezioni, chiedendo contributi e finanziamenti a persone facoltose con affari in Liguria, e queste puntualmente hanno contribuito con regolari bonifici.
Se si aprissero i registri delle donazioni elettorale e si confrontassero coi provvedimenti presi dalle amministrazioni nei primi mesi dopo le elezioni ci sarebbero delle belle sorprese.
Dopo le politiche del 2022 , quando sono stati depositati i dati relativi ai finanziamenti ai partiti si è scoperto che la campagna elettorale del primo partito , i FdI, è stata generosamente sostenuta da diverse industrie della difesa e delle armi da guerra; casualmente, ma proprio casualemtne, c’è stata subito un’accelerazione nell’invio di armi all’Ucraina.
Forse sarebbe necessario che spontaneamente i partiti, le liste , le coalizioni ed i candidati, contestualmente all’invio agli organi preposti della documentazione relativa ai finanziamenti ricevuti, lo comunicassero anche alla cittadinanza, sarebbe un bel segno di trasparenza; ma certo, sapere che la campagna elettorale ha ricevuto contributi di decine di migliaia di euro da questo piuttosto che da quell’altro può essere “scomodo”.
Allora è meglio lasciare che sia Toti a pagare per tutti.
Luigi Cabrino
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