L’analisi di Luigi Cabrino
Se la cronaca internazionale è presa dalle tragedie in Ucraina e a Gaza non va dimenticata la guerra che continua dal 2011 in Siria.
Otto ministri degli esteri UE , tra cui l’italiano Tajani, propongono di rivedere la strategia politica sulla crisi alla luce del fallimento di quella intrapresa anni fa.
Austria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Italia, Grecia, Slovacchia e Slovenia vogliono rimettere la Siria al centro dell’agenda europea. Il futuro del Paese mediorientale è infatti considerato fondamentale per la sicurezza europea, data la sua posizione geografica e il contesto più ampio delle crisi umanitarie, con milioni di persone che continuano a soffrire, incrementando i flussi migratori verso l’Europa.
L’Unione Europea dovrebbe adoperarsi per alleviare la situazione, creare condizioni di vita dignitose e le condizioni per un ritorno volontario sicuro e dignitoso in conformità con gli standard dell’Unhcr, e contribuire in modo proattivo alla ricerca di una soluzione politica sostenibile al conflitto.
Sono questi, secondo quanto di apprende, i concetti alla base della proposta inviata dal titolare della Farnesina, Antonio Tajani, e dagli omologhi di Austria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Grecia, Slovacchia e Slovenia all’Alto rappresentante Josep Borrell per rivedere la strategia dell’Ue per la Siria, in vista del Consiglio europeo del 22 luglio.
L’ultimo documento sulla strategia da adottare in Siria risale al 2017 e tra i punti prevedeva che “non può esserci pace duratura in Siria sotto l’attuale regime”. Tuttavia, alla luce dell’evoluzione della situazione sul campo e nell’intera regione del Medio Oriente, secondo gli otto Paesi l’Ue dovrebbe adottare un approccio realistico e sostenibile.
È quanto riporta Agenzia Nova.
Gli otto ministri europei propongono di rivedere ed esaminare i risultati finora raggiunti, l’efficacia delle azioni intraprese e degli strumenti a disposizione e le varie opzioni per modificare l’approccio dell’Ue verso la crisi in Siria.
L’esame della situazione in Siria deve coinvolgere anche le diverse considerazioni degli Stati membri, del Servizio per l’azione esterna (Seae) e della Commissione europea. A titolo di esempio, nella proposta inviata a Borrell, vengono citate le sanzioni imposte all’inizio della crisi nel 2011 con l’obiettivo di esercitare pressione su Damasco, ma dopo più di un decennio influiscono negativamente sulla popolazione e hanno scarso peso sui decisori politici.
Il conflitto siriano persiste ormai da più di 13 anni, causando sofferenze umanitarie senza precedenti della popolazione siriana e portando a livelli record il numero degli sfollati verso i paesi vicini e l’Europa.
Inoltre, nuovi conflitti – come in Ucraina e nella Striscia di Gaza – hanno messo in ombra la situazione in Siria nell’agenda diplomatica internazionale e alcuni dei principali donatori stanno riducendo il loro sostegno umanitario a causa dell’elevata domanda di aiuti umanitari a livello globale, contribuendo così ulteriormente al peggioramento della situazione umanitaria.
Nel 2023, la Lega araba ha deciso di riammettere la Siria nella Lega Araba e di aprire un dialogo con Damasco, le cui autorità detengono il controllo di circa il 70 per cento del territorio. Nel frattempo, il processo politico guidato dalle Nazioni Unite per portare avanti il Processo di Ginevra o il Comitato costituzionale si è bloccato e oggi una soluzione politica in linea con la risoluzione 2254 delle Nazioni Unite sembra irraggiungibile, mentre la crisi umanitaria sta peggiorando insieme ad un imminente collasso economico.
Pertanto, gli otto ministri sollecitano una revisione della strategia per la Siria, esaminando, tra le altre cose, la necessità di nominare un inviato incaricato di gestire i contatti con le parti, e come rafforzare la cooperazione con l’inviato delle Nazioni Unite.
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Luigi Cabrino
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