Come sempre puntuale, chirurgico e bene informato. Solo applausi. (C.M.)
Il 1° Ottobre 2024 Julian Assange ha parlato davanti alla commissione affari giuridici e diritti umani dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa in quella che è stata la sua prima uscita pubblica dopo la scarcerazione dal carcere britannico di massima sicurezza di Belmarsh, avvenuta il 24 Giugno 2024.
Dopo più di 5 anni di prigione (2019 – 2024) e 7 anni come rifugiato rinchiuso nell’ambasciata dell’Equador a Londra (2012 – 2019); Assange è un uomo libero. Ma è veramente libero? E se si, quale è stato il prezzo pagato per la sua libertà? Chi lo ha pagato e chi lo pagherà?
Oltre a rispondere alle domande dei presenti, Assange ha letto un comunicato che analizza tutta la vicenda: dalla fondazione di WikiLeaks alla scarcerazione, e sentendo la narrazione sintetizzata, dalla voce stessa del protagonista, ho provato più di un brivido di terrore lungo la schiena.
Il primo l’ho avuto quando ho sentito la parola “commissione”: quante volte ancora dovremo vedere commissioni discutere sul fallimento dei poteri esecutivo, giudiziario e dell’opinione pubblica, sempre così supina come del resto anche la totalità dei mainstream media. È come se i pastori avessero lasciato la porta della stalla aperta e si trovassero a discutere indignati su come sia possibile che le pecore siano sparite.
Ma forse questa indignazione risoluta e posteriore è un rito apotropaico, un sacrificio assolutista al dio dell’ipocrisia.
Il secondo brivido l’ho avuto quando Assange ha accennato alla durezza dell’isolamento, la difficoltà di sopravvivere fisicamente e mentalmente a questa condizione, ai suoi compagni di prigionia morti per impiccagione o negligenze mediche, perché in uno stato di detenzione di massima sicurezza, nessuno può controllare la tua situazione fisica e psicologica dall’esterno e sei quindi alla mercè dei tuoi carcerieri.
Se la civiltà di un paese si misura anche dalle sue prigioni…
Noi, inconsciamente, diamo per scontato che i detenuti, in particolare in un carcere di massima sicurezza, siano altamente pericolosi per l’incolumità pubblica e quindi giustamente reclusi, senza però considerare i reati politici e le persecuzioni del potere dominante ai suoi oppositori.
Il caso Assange dovrebbe essere di monito per tutti i colpevolisti di “pancia”, viste le modalità di persecuzione e dovrebbe essere di esempio per tutta la letteratura giuridica mondiale (ho il sentore che lo sarà sì, ma in negativo, sic).
Analizzando infatti la vicenda, abbiamo un cittadino australiano che fonda una organizzazione internazionale senza scopo di lucro con base in Europa (WikiLeaks), con il proposito di ricevere e diffondere documenti da fonti anonime che rivelano i comportamenti illegittimi e illegali di governi, banche, multinazionali etc…, e come afferma Assange in questa ultima conferenza, dovrebbero servire ad educare le persone sul sistema nel quale vivono oltre a denunciare gli abusi perpetrati dal potere dietro la cortina della segretezza.
Questo cittadino australiano in Europa, viene perseguitato da un governo straniero (USA) che forte della sua influenza politico/militare, induce un governo europeo (Svezia) a instituire una causa di violenza sessuale ai suoi danni, in modo da poterlo bloccare in un paese con accordi di estradizione verso gli USA ed essere così in grado di trasferirlo sul suolo americano, ove processarlo per spionaggio (con le regole del Patriot Act).
Questo porterà Assange a rifugiarsi nell’ambasciata dell’Equador a Londra e ciò che seguirà nei 12 anni successivi sembra la trama di un romanzo di fantapolitica o di spionaggio ma, purtroppo per Assange e per i cittadini europei, non lo è.
WikiLeaks nasce nella seconda metà degli anni 2000, e ottiene notorietà nel 2007 con la pubblicazione di numerosi documenti tra i quali, i più noti, quelli sulla situazione all’interno della prigione di Guantanamo.
Nel 2008 arriva il primo attacco del potere, quando il sito di Assange e soci, viene chiuso per ordine di un tribunale californiano a seguito della causa per diffamazione della banca svizzera Julius Bar.
Probabilmente la Julius Bar fa il lavoro sporco per il governo americano.
Sempre nel 2008 lo stesso giudice californiano della sentenza di chiusura autorizza la riapertura di WikiLeaks.
Probabilmente come dicono gli americani: “The shit were going to hit the fan”.
Gli USA decidono così una strategia a profilo più basso.
Questo è percepito dagli attivisti come una vittoria per WikiLeaks che, forte della “retromarcia” americana, non ha remore nel cogliere l’occasione di colpire duro. L’occasione arriva nel 2010, quando pubblica sul proprio sito (e anche in parte su carta stampata, tramite un accordo con i quotidiani “Il Guardian, Der Spiegel e il New York Times”) i documenti classificati forniti da un “Whistleblower”(poi rivelatosi Bradley Edward Manning, allora analista dell’Intelligence USA in Iraq).
Questo e un colpo fortissimo agli USA, perché non sono solo testimonianze ma documenti ufficiali interni e riservati e video che li inchiodano alle proprie responsabilità e riguardano avvenimenti gravissimi (come l’uccisione indiscriminata di civili tra i quali 2 giornalisti della REUTERS).
Ovviamente la risposta statunitense è stata durissima: fare di WikiLeaks e soprattutto del suo fondatore, un esempio demotivante per tutti i futuri attivisti “non allineati”.
“Unum castigabis, centum emendabis”.
Vorrei però analizzare tutta la vicenda da un punto di vista più, per così dire, “Eretico”.
Assange afferma che l’interferenza USA nel sistema giuridico europeo, sia una sorta di attraversamento del Rubicone, ma sappiamo che questo guado è stato fatto più volte e non solo a discapito di giornalisti, anzi, in altri casi ha avuto conseguenze molto più gravi come la morte (vedi Ilaria Alpi).
La discriminante è l’internazionalità del caso, l’essere non confinato in un singolo paese.
Assange stesso riconosce inoltre, che la sua liberazione non è dovuta al trionfo della giustizia e della legalità di chi esercita il diritto di espressione anche tramite il giornalismo d’inchiesta, ma bensì ad un accordo, un patto con il diavolo, che l’uomo Assange (non l’attivista) sigla con il suo persecutore per avere la libertà che in realtà gli toccava per diritto.
Un patto con il diavolo, appunto, dove Assange perde molto: il suo spirito.
Assange stesso infatti descrive il suo patto: rinuncia a qualsiasi richiesta di documenti riguardanti il suo caso al governo degli Stati Uniti tramite il FOIA (Freedom of information Act); rinuncia a qualsiasi giustizia legale tramite una causa, e si dichiara colpevole di “cospirazione per ottenere e divulgare documenti riservati”(a riguardo afferma: “Mi sono dichiarato colpevole di giornalismo!”).
Dopo anni di oppressione fisica e mentale (Assange rende noto delle evidenze processuali il fatto che la CIA avesse la volontà di ucciderlo, un agente incaricato di seguire o rintracciare sempre sua moglie Stella e se non bastasse…
(terzo brivido) di raccogliere campioni di DNA dai pannolini di suo figlio di 6 mesi!) oltre ad una spada di Damocle sulla sua testa forgiata con “175” anni di reclusione, sfido qualsiasi uomo o donna a non optare per un accordo.
Cosa è servita la vicenda di Assange/WikiLeaks? Chi ne ha tratto vantaggio? Chi ne è uscito realmente vincitore?
Partiamo da chi non ha di certo vinto cioè Assange, WikiLeaks, gli attivisti indipendenti (non di certo quelli dei diritti di genere o del cambiamento climatico tanto cari all’establishment) e i giornalisti investigativi che d’ora in poi, quando si troveranno qualcosa di scottante in mano, sapranno di non avere l’aiuto delle corti di giustizia e saranno anche consapevoli che, non avendo la stessa visibilità di Assange, rischieranno di non avere nessuna possibilità di accordo.
Ne escono sconfitti anche tutti i paesi del blocco occidentale, perché sarà molto difficile da qui in avanti, mantenere quella parvenza di paladini dei diritti umani (sempre che dopo gli ultimi 4 anni e l’abolizione in toto dell’Hebeas corpus, ci fossero ancora dubbi).
Vincono sicuramente gli apparati di intelligence e militari che, perdonatemi il francesismo, mettono una bella mano stretta sugli attributi di tutti i “Wannabe” Whistleblower e hanno anche sdoganato il termine “Danni collaterali”.
Risultati? Date un occhio in Medio Oriente… servono altre parole?
Se non bastasse adesso abbiamo anche i Whistleblowers approvati dal Pentagono che vanno al Congresso Americano a parlare di Alieni e UFO (anzi UAP: Unidentified Aerial Phenomenon!?), a buon intenditor…
Chi non ha vinto, anzi ha proprio perso, è quello genericamente conosciuto come il 99%, il popolo, la gente comune, in poche parole NOI.
Qui parte il mio “teorema eretico”: se tutta la vicenda WikiLeaks non fosse altro che “l’Operazione WikiLeaks”? Se tutto fosse stato preparato e spinto? Fantascienza o provocazione? Forse, o forse solo uno spunto alternativo di riflessione.
Abbiamo a che fare con strateghi e analisti di tutto rispetto, dalle menti raffinate, che avevano sicuramente intuito il trend mondiale di presa di coscienza (o “risveglio”).
Questo trend, spinto da nuovi media e dalle nuove tecnologie o da una forza spirituale superiore ma soprattutto dai più illuminati spiritualmente tra noi era, ed è tutt’ora, una forza “rivoluzionaria” impossibile da imbrigliare definitivamente (materialismo, consumismo, droghe, new-age ecc. non sono stati in grado di contenerla).
Serviva una serie di tattiche apparentemente scollegate ma che in realtà convergono in una strategia.
Se appunto WikiLeaks/Assange fosse una di queste strategie?!
Non dico che i protagonisti fossero implicati, anzi generalmente è meglio che siano pedine inconsapevoli perché mantengono nel tempo una certa credibilità.
Se così fosse non sarebbe più una coincidenza che la libertà di Assange e la sua prima uscita pubblica coincidano con l’esatto momento in cui in Australia si discute su una legge altamente restrittiva sulla libertà di espressione e la criminalizzazione delle fantomatiche Fakenews e disinformazione, argomento, la restrizione, che trova tra i suoi sostenitori anche la neo-presidente della Commissione Europea.
Sembrano scollegati ma se anche le notizie vere sostenute da documenti ufficiali (WikiLeaks, appunto) vengono censurate con il bene placido del potere giudiziario, chi garantisce l’oggettività e la non arbitrarietà degli organi preposti a decidere cos’è “disinformazione”?
Sicuramente siamo di fronte a strateghi abili a tramutare ogni crisi, anche la peggiore, in una opportunità, e la mia è solo una teoria che oggi sono ancora libero di esprimere, domani…
“Un uomo è libero nel momento in cui desidera esserlo”. Voltaire
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La libertà di opinione e pensiero sono diritti intoccabili e non perseguibili. La diffamazione e la persecuzione sono da punire. Certo è che mantenere nell’’ignoranza le masse porta ad averne il controllo indiscriminato anche dei pensieri. Rimane la scelta che raccolgo dal film Matrix: pillola rossa o blu? Vuoi assaporare la bistecca? Allora chiudi gli occhi, le orecchie e spegni il cervello. Diversamente, preparati a combattere contro quelli che sono i veri poteri forti che muovono le cordicelle……
“E che giova all’uomo se guadagna tutto il mondo e perde l’anima sua? Infatti, che darebbe l’uomo in cambio della sua anima?”
I Lenape pensarono di aver fatto un buon affare a vendere Manhattan agli Olandesi in cambio di perline di vetro…
In matrix poi, la pillola rossa o blu, non è una scelta che spetta a tutti, ma solo a chi la ricerca. Nel film, ti ricorderai, l’unico che torna indietro lo fa facendo un “patto” con l’agente Smith, tradendo i suoi amici e la sua intera specie. Per cosa? Il piacere di una illusione?
Grazie Aldo per il tuo commento.