ll suo ruolo legato alle lobby che privatizzano la diplomazia
Matteo Renzi, pizzicato dalle telecamere di Sky al GP di Formula 1 del Bahrain, ha suscitato una certa antipatia, ma è da mesi che il senatore fa la spola tra l’Italia e i palazzi arabi; Perché? Le sue note e criticate moine a Mohammed bin Salman sono state valutate come un atto di folklore da parte del nostro allegro politico, ma c’è dell’altro? Le visite di Renzi in terre d’Arabia sono state archiviate come vanità del Matteo, ma quel plateale gesto di riverenza ha riabilitato l’immagine negativa del principe–dittatore Saudita a livello cosmopolita, e questo non è per caso.
Come riportato da articoli de “Il fatto quotidiano” e “La Repubblica”, oltre al principe ereditario del Bahrain Salaman Hamed al Kalifa, incontrato in diretta tivù al GP di Formula 1, e il sinistro Mohammed bin Salman, Renzi frequenta altri importanti personaggi in zona: da Netanyahu a Mohammed bin Zayed, un’autorità degli Emirati Arabi, nazione che finanzia la fondazione renziana Open, sostenuta anche da imprenditori italiani e varie società estere, che vanno dalla British American Tobacco, al Gruppo Moby (l’indagine del Sole 24 ore).
Dunque, Renzi dimostra di recarsi in Arabia per reconditi motivi. Ci sono in ballo potenti amicizie politiche, aree strategiche, multinazionali petrolifere, montagne di petro-dollari e tutto ciò che ne deriva. Il disinvolto fiorentino merita più attenzione, perché l’ambiente che frequenta è alquanto tirannico, dove i diritti umani non sono di casa, ma non sembra curarsene.
I frequenti viaggi di Renzi verso il Golfo Persico, non hanno avuto la debita eco da parte dei nostri mass media, assai addomesticabili, né dalla politica, eppure Renzi si muove come un ministro degli esteri, saltellando tra società internazionali su cui gravitano immensi interessi. A pensare che dietro alla sua baldanza, Matteo abbia solidi e complici santi in Paradiso, forse ci si azzecca.
Nel 2010 l’influente rivista americana Foreign affaires sosteneva che un centinaio di Paesi affidavano le pratiche di interesse nazionale più spinose a delle società autonome dalla diplomazia ufficiale, cosiddette di lobbyng, in grado di trattare e pilotare gli affari di potenti gruppi politici ed economici che richiedono discrezione.
A suo tempo, Foreign affaires definì queste operazioni sottobanco: la “privatizzazione della diplomazia”, attività che si presume si sia estesa negli anni, coalizzando e coordinando interessi comuni dei “clienti”, abbattendo le frontiere, le appartenenze e le ideologie, accelerando sgradevoli pratiche di qualsiasi interesse reciproco.
Nel corso degli ultimi anni Arabia Saudita, Emirati e Qatar hanno usufruito delle società di lobbying americane per screditare avversari e riabilitare le proprie discutibili politiche, implicando soprattutto negli USA: politici, industrie, luminari, mass media, e spy story. Tutto nella massima discrezione.
La rapidità con cui i paesi del Golfo Persico si sono liberati di una immagine integralista, ospitando eventi mediatici e sportivi di primissimo piano, offrendo una vetrina di benessere, civiltà e ricchezza, si presume sia stata accelerata proprio da agenzie di persuasione mediatica, capaci di smuovere: consensi d’opinione, flussi di capitali, sovranità territoriali e ogni d’altro.
Se la politica estera di molti Stati, come sostiene Foreign Affars è influenzata da agenzie che intrecciano ogni interesse in modo sistematico e non ufficiale, molti scenari si aprono a una fantapolitica alternativa. Qui, Matteo Renzi appare come esecutore di una probabile congiura parallela, prima indirizzata alla fine del governo Conte 2, e poi a intrecci dal profumo di petrodollari di cui la penisola arabica è ancora il forziere mondiale.
Un merito del governo Conte 2, minato da Renzi, era la sua estraneità alle lobby e al capitalismo della “casta”. L’insediamento del nuovo esecutivo a Palazzo Chigi, e finora poco incisivo, ha messo al timone del Paese Mario Draghi, membro delle grandi corporazioni finanziarie, e un ristretto numero di ministri capaci di influenzare ogni scelta in questa Italia che sta scendendo in piazza. Era prevedibile o previsto?
Come verrà ripagato Matteo Renzi per lo sgambetto a Conte? Da mesi si rincorrono voci sulla sua candidatura a prossimo segretario della Nato. Pur essendo leader di un partito di poco peso, il senatore a vita Renzi dimostra quindi dietro il suo sorriso canzonatorio, di essere un soggetto di sottostimato potere, con cui ci ritroveremo a far di conto, anche se aveva giurato di farsi da parte dopo aver perduto un referendum autocelebrativo a base di sì e di no. Soggetto perfetto in un mondo afflitto ormai da ben più di una pandemia, dove la verità e l’umanesimo sono due termini in via di estinzione.