Kamala Harris, candidata democratica alle presidenziali Usa, sceglie come suo vice Tim Walz, governatore di estrema sinistra del Minnesota
Non c’è pace nel Mediterraneo, anzi si attendono giornate peggiori. Il tempo e la storia galoppano ed oltreoceano prosegue la corsa alla Casa Bianca. Traguardo importante perché da lì potranno partire le scelte decisive sulla soluzione o radicalizzazione delle guerre in corso, oltre ad aprire nuovi canali o prospettive sul ruolo della Cina nell’economia del mondo.
Kamala Harris, candidata democratica alla Casa Bianca, ha scelto il suo nuovo vicepresidente: Tim Walz, governatore del Minnesota ed ex insegnante nelle scuole superiori. Il suo percorso politico è iniziato nel 2006, quando si è fatto eleggere alla Camera da un distretto rurale del Minnesota, solitamente dominato dai Repubblicani. Nella politica identitaria risponde a tutte le caratteristiche del maschio-bianco-etero: sposato e con figli, cacciatore, tanta esperienza militare alle spalle e vicino alla middle class.
Però, dal 2018, da quando è diventato governatore del Minnesota, è stato sempre allineato su posizioni di sinistra estrema, vicino ai sindacati, ecologista e abortista convinto.
La presenza di Walz nel ticket democratico contribuisce a riequilibrarne l’identità: una donna “nera” (indiana e giamaicana di origine) e un uomo bianco e più anziano. Ma dal punto di vista politico sono entrambi di estrema sinistra. Per questo nessuno si aspettava che venisse scelto Walz.
La risposta di Trump è sferzante “Non sorprende che la liberal di San Francisco abbia cooptato un aspirante americano della Costa Ovest” che ha cercato di “trasformare il Minnesota in un’altra California”.
Come governatore dello Stato del Midwest, in effetti, Walz è celebre per: aver introdotto pasti gratis per gli studenti, aver dato diritto di voto ai carcerati, aver consentito la patente di guida agli immigrati illegali, aver iniziato la transizione verde nel suo Stato (energia rinnovabile e mobilità elettrica) e aver liberalizzato la droga leggera.
Per venire incontro alle richieste dei sindacati, Walz ha introdotto le ferie pagate per motivi famigliari e un credito fiscale sui figli. Ma non è favorevole alla natalità, anzi ha anche promosso una legge statale in cui si afferma che l’aborto è un “diritto fondamentale” della donna e vuole fare del Minnesota un “rifugio sicuro” per l’aborto. Uno dei motivi per cui la Harris lo ha scelto.
La rivolta di Black Lives Matter del 2020 è partita proprio nel suo Stato, con l’uccisione di George Floyd. La risposta di Walz è stata lenta, secondo l’opposizione repubblicana.
Tre giorni per chiamare la Guardia Nazionale, quando le città erano già a ferro e fuoco e anche un commissariato di polizia era stato dato alle fiamme. Sulla mancata reazione tempestiva ai saccheggi e alle distruzioni del 2020, autorità statali e cittadine continuano a rimpallarsi la colpa, ma, in quanto governatore, Walz porta una grave responsabilità oggettiva.
Dal punto di vista puramente politico, la scelta del nuovo vicepresidente è una risposta simmetrica alla cooptazione di JD Vance come vice di Trump. Sia Walz che Vance, infatti, si rivolgono soprattutto ad un pubblico operaio, strategico per conquistare gli Stati del Midwest come il Michigan e il Wisconsin. Proprio come Vance non viene da uno Stato conteso o in bilico, ma da un Minnesota che è solidamente democratico da quasi mezzo secolo.
I due vicepresidenti potrebbero scontrarsi sul diritto alla vita: tanto fortemente pro-vita è il cattolico Vance, quanto fortemente abortista è il luterano progressista Walz. Ma per il resto parlano quasi lo stesso linguaggio, rivolgendosi a una platea di lavoratori che sono rimasti svantaggiati dalla globalizzazione e dall’economia post-industriale.
Per comprendere la designazione di Walz, è necessario risalire alla Harris. Kamala nasce nel 1964 in una famiglia molto agiata. La madre – Dr. Shyamala Gopalan Harris – era una famosa ricercatrice medica, figlia di un famoso diplomatico indiano di alta casta. Il padre giamaicano – Prof. Donald J. Harris – era professore di economia a Stanford e serviva come collaboratore di vari ministri giamaicani. Una famiglia molto benestante e, nello stile anni 60 di Berkeley, apertamente marxista.
Kamala si laurea in legge nel 1989 e comincia a lavorare nell’area metropolitana di San Francisco. È una bella donna e pochi anni dopo, si lega a uno dei più potenti politici della California – Willie Brown, 30 anni più anziano di lei. Willie è un leader di estrema sinistra, carismatico, e con uno stile di vita sgargiante. Da quel momento Kamala ottiene una notevole serie di promozioni ed incarichi, ed alti salari, in campi in cui non ha nessuna competenza, per esempio la California Medical Assistance Commission (CMAC).
La carriera di Kamala continua, con legami ed appoggi di gruppi estremisti ed antisemiti. Viene eletta senatore nel 2016 e si distingue con una serie di voti che le danno un record speciale: quello del senatore più di sinistra di tutto il Senato (stesso record di Obama anni prima…).
La carriera sfocia nella vicepresidenza. La campagna presidenziale di Kamala nel 2020 era stato un fallimento – aveva ottenuto solo il 3.4% dei voti nelle primarie democratiche. Ma fu scelta da Biden come vicepresidente, essenzialmente perché donna e non bianca. Kamala si era spesso definita indiana, di razza e di cultura, ma poi scoperse che definirsi nera portava più vantaggi. Biden la scelse nonostante gli insulti (segregazionista) che aveva da lei ricevuto durante i dibattiti nelle primarie.
Il lavoro di Kamala come vicepresidente è stato un fallimento, come fino all’altro ieri ammettevano anche i democratici. L’incarico più importante a lei affidato fu quello di border czar, e cioè quello di far rispettare le leggi di immigrazione al confine con il Messico. Kamala non fece nulla; non si curò nemmeno di salvare la forma e fare una visita di routine al confine.
L’amministrazione Biden-Harris ha incoraggiato l’entrata di 10 milioni di immigranti illegali in USA.
Le azioni forse più scandalose di Kamala sono rappresentate dal suo supporto alle azioni violente di estremisti di sinistra in USA. Per esempio, ci sono stati mesi di disordini e di violenze nell’estate del 2020. Disordini dimenticati dalla stampa mondiale ma molto più gravi dell’assalto al Congresso del 6 Gennaio 2021, che in confronto è una goliardata. Ebbene, Kamala ha dato aiuto morale ed economico ad una organizzazione di “supporto rosso” – la Minnesota Freedom Fund – che si è prodigata per liberare i delinquenti arrestati durante i disordini e le violenze del Black Lives Matter.
Kamala ha appoggiato organizzazioni estremiste islamiche e dato supporto ai tagli dei budget per la polizia in vari stati e città, proprio quando il crimine andava esplodendo negli ultimi anni.
È raccapricciante il fatto che una persona come Kamala sia riuscita a fare la carriera che ha fatto. Senza il teleprompter, fa dei discorsi imbarazzanti e spesso senza senso. Le chiamano appunto word salads (insalate di parole).
Un vantaggio Kamala però ce l’ha. Molti elettori erano perplessi per la scelta tra Biden e Trump, ed oggi, con Kamala, hanno trovato una possibile soluzione. Molti di loro però dovranno rivedere il loro entusiasmo iniziale, quando approfondiranno meglio il passato ed il presente di Kamala. Anche i dibattiti con Trump, quando ci saranno, serviranno a chiarificare le idee, le competenze, e le capacità dialettiche dei candidati.
La formazione dei ticket è completa ed è rivelatrice della forte polarizzazione della politica americana. Non c’è più spazio per i centristi o per i moderati, si sfidano una sinistra-sinistra (Harris-Walz) e una destra-destra (Trump-Vance), quasi per mandare un messaggio chiaro agli elettori che sarà una contrapposizione muro-contro-muro e senza compromessi.
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