Analisi puntigliosa sull’impatto della crisi dei valori sulla percezione della Democrazia
Un pubblico attento, domenica scorsa ha ascoltato l’erudita analisi del professor Marcello Pera, presidente emerito del Senato sulle cause della crisi della Società di oggi e sul conseguente impatto sulla Democrazia.
L’esito del voto per il rinnovo del consiglio regionale della Liguria rappresenta il vulnus più recente e riscontrato. Per conoscere il risultato elettorale, ancor prima dello spoglio delle schede, è emerso vincente il partito che totalizza più voti. Quello dell’astensione è purtroppo il motivo dominante e ricorrente di molte tornate elettorali. Quali le cause della disaffezione estesa dalla politica?
Il sistema elettorale maggioritario bloccato, che, almeno nelle elezioni politiche esclude il voto di preferenza obbliga i partiti a comporre coalizioni a volte innaturali e di conseguenza gli eletti, non scelti dagli elettori, saranno sempre solo debitori verso i partiti e non attenti all’elettore.
Il linguaggio di gran parte dei partiti è avulso dalle problematiche dei cittadini. Si discute, si polemizza a iosa di diritti che riguardano una minoranza. Le opposizioni polemizzano contro il governo sul trattamento riservato agli immigrati irregolari, ignorando gli altri aspetti della Società e quelli percepiti dal cittadino. I cittadini non sono più inseriti nel processo formativo e nelle decisioni, mentre le scelte operate dai partiti politici, sono decise da un capo partito che evita ogni confronto sulla linea politica adottata e sul rinnovo degli organi dirigenti.
La Magistratura irrompe nell’attività del Governo, bloccando i provvedimenti che nella massima parte non riguardano la mission garantita dalla Costituzione. Poi c’è l’Unione europea, sempre più detestata e lontana, che fa la sua parte. Ciò e per tutte le particolari e specifiche analisi che possono essere approfondite, il professor Pera ci ha fornito spunti eloquenti. Dove potremo arrivare?
Alla crisi della Democrazia rappresentativa che inclina la limpidezza della divisione dei poteri pronunciata da Montesquieu e solennemente contemplata nella nostra Carta costituzionale?
Il deterioramento di ruoli e rapporti, lo hanno vissuto giorno per giorno i cittadini più anziani, con passaggi sofferti. La cancellazione dei partiti politici storici e quindi di importanti focolai della democrazia, ai tempi di mani pulite, la revisione della legge elettorale, giustificata dalla ristretta durata dei governi in Italia, l’assenza, nei fatti, dei governi italiani degli ultimi trent’anni dalle fasi salienti della costruzione dell’unione Europea, con la presenza acritica in organismi non democratici, il diradarsi delle competenze. La conseguenza di queste scelte, anche sotto il profilo economico condiziona la vita di tutti noi.
Una Democrazia debole rappresenta lo schiaffo sanguinoso ai sacrifici umani dei tanti che persero la vita per riconquistarla.
Per spostare l’attenzione dei cittadini altrove, in modo particolare di giovani, oggi nella società sono presenti strumenti di distrazione di massa, propagatori di luoghi comuni che aggravano ancor più il disagio attuale
Prevale poi il relativismo etico e la conseguenza crisi nei valori di riferimento, religiosi in primis. I giovani respirano quest’atmosfera e si comportano di conseguenza.
Per tracciare un’analisi priva dei condizionamenti dell’oggi, il professor Pera ci induce a meditare le affermazioni sulla crisi della democrazia, che rischia di scivolare nella tirannide, sviluppate da Platone in “La Repubblica”.
Platone era ossessionato da un problema che molti altri, dopo di lui, hanno avvertito in modo acuto e che anche noi avvertiamo, sia pure in circostanze assai diverse.
Il problema di Platone era come mettere ordine, rigenerare, risollevare, cambiare, correggere, uno stato che risulta in preda a decadenza dei costumi, corruzione politica, degenerazione morale, lotte civili, instabilità di governo.
Ci vorrebbe, si rispose Platone,” uno scienziato della politica, un “maestro di virtù”, come lui lo definiva. Ma questo maestro, si disse sconsolato Platone guardandosi in giro, non solo non c’è, anche se ci sono molti candidati, ma sembra che non possa neppure esserci, primo perché la virtù non è insegnabile, secondo perché quei pochi che la virtù la posseggono ce l’hanno per caso, non la conoscono per scienza”.
Platone identifica il politico atto a mettere in evidenza i disagi e tracciare la retta via nel filosofo, perché è colui che guarda in profondità, guarda alle forme, alle essenze, alle idee, dietro o sopra o dentro le cose.
”Queste idee il filosofo le conosce da sé solo, per intuizione, per contemplazione, grazie al nous, al pensiero noetico. Tra le idee che il filosofo contempla, la principale è l’idea del bene, dell’idea di un ordine perfetto, in cui ogni cosa è al suo posto naturale, quel posto, appunto, che è “bene” che occupi. Questa idea del bene è anche l’idea della giustizia, perché, per Platone, la giustizia, applicata all’individuo, equivale ad “esplicare i propri compiti” e, applicata alla società, ad assolvere, da parte delle classi sociali, ciascuna con la funzione che le spetta per natura o che è “bene” che svolga per natura, gli artigiani produrre, i guerrieri combattere, i governanti reggere lo stato. E questa idea del bene e del giusto è anche l’idea del bello, perché, come scrive Platone, “la misura e la simmetria risultano dovunque bellezza e virtù”. Avendo “visto la verità su bello, giusto e bene” ed essendo vissuti “in armonia con ciò che è divino e ordinato”, i filosofi di Platone possono mettersi all’opera e diventare, per usare la sua espressione, “pittori di costituzioni”.
Tornando ai nostri giorni, per il professor Pera, l’Italia avrebbe bisogno di riforme liberali, con tanta libertà per lavoratori, imprenditori, ricercatori, con tanta competizione fra scuole, con tante associazioni, istituzioni, corpi intermedi, con tanto volontariato non politicizzato, con tanta sussidiarietà non sussidiata, con tante autonomie, con tanto libero mercato.
”Credo che in Italia una maggioranza che si è presentata come liberaldemocratica e con un programma politico riformatore abbia vinto legittimamente le elezioni, abbia il diritto di governare e il dovere di realizzare il suo programma, senza prevaricazioni, certo, ma con la ferma convinzione che il rispetto del patto con gli elettori è un punto cardine a cui non si può rinunciare. Credo che l’essenziale diritto dell’opposizione di contrastare quel patto, in Parlamento e fuori, non debba essere confuso in alcun modo con un diritto inesistente di negare alla maggioranza di rispettarlo”.
“In un modello liberale, sostiene il professor Pera “l’opposizione non può illudersi di cancellare o alterare il responso elettorale, se non mediante un altro responso elettorale. L’integralismo è un male, ma anche il relativismo è una malattia intellettuale e morale”.
Com’ebbe modo di affermare nel libro “Perché dobbiamo dirci cristiani” (2008) il professor Pera condanna il relativismo e l’incertezza culturale della società contemporanea e sviluppa il tema della vera identità dell’Europa da ricercarsi nella forza etica e sociale del cristianesimo. Secondo Pera, la religione cattolica non può essere una convinzione privata o tradizionale: l’impegno del cattolico deve essere presente nella coerenza del suo comportamento etico. Secondo lui, il cristiano si deve impegnare in tutte le sfere della vita civile e istituzionale, prestando la sua attenzione ai problemi di tutti i cittadini e alla solidarietà sociale.
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Chi fosse interessato alla registrazione della conferenza del Presidente Pera può richiederla a sanmartinofondazione@gmail.com