
L’elezione di Ursula von der Leyen, allontana sempre più la Commissione dall’Europa dei Popoli
E’ trascorso più di un mese dalle elezioni del Parlamento europeo. Giovedì l’Ue si è data un assetto che non ha colto i fermenti che provengono dagli elettori del Paesi fondatori. Ursula von der Leyen, sostenuta da Olaf Scholz e Emmanuel Macron, grandi perdenti delle Europee, capeggia nuovamente la Commissione. Ossia un soggetto dominante, un direttorio che forse non consulterà neppure i governi dell’Unione e si trincererà dietro al voto statutariamente unanime per ogni provvedimento emesso, cassando ogni differente valutazione e esigenza.
Emblematica una frase del discorso d’investitura:” Gli ultimi cinque anni hanno mostrato di cosa siamo capaci se lavoriamo assieme, quindi continuiamo a lavorare assieme, facciamo una scelta di leadership, scegliamo l’Europa”. Così la nuova Commissione che ha ricevuto l’apporto determinate dei Verdi resta sorda al grido di dolore che viene da milioni di donne e uomini spesso non più giovani e meno fortunati economicamente. Quelli che vivono con disagio la globalizzazione, i flussi migratori irregolari e imponenti, una transizione ecologica e digitale che spazza via certezze e posti di lavoro tradizionali.
Le forze politiche di destra, non potranno che accentuare i toni di critica verso un’Europa «nemica» senza se e senza ma. Von der Leyen doveva lottare fino all’ultimo per unire, ha scelto di dividere, ignorando che i veri nemici dell’Europa sono fuori dal continente.
A Strasburgo si è celebrata la negazione della democrazia.
Quante illusioni frustrate nel nome dell’Europa!
Siamo i superstiti della generazione che dopo le macerie della seconda guerra mondiale si esaltava nell’apprendere i presupposti e le finalità espresse dalla Carta di Chivasso del 19 dicembre 1943, dai Patti di Saretto del 31 maggio 1944, dalle speranze che un colto e combattivo Movimento Federalista Europeo, negli anni sessanta del secolo scorso stava infondendo sulle giovani generazioni.
Un concetto di Europa che riallacciandosi storicamente a Carlo Magno metteva in evidenza già allora la miopia dei nostri politicanti, provinciali e sacrestani, tutti presi in scaramucce e battaglie di piccolo cabotaggio.
L’attenzione e le aspettative di coloro che palpitavano per l’Europa dei Popoli era concentrata sui primi incontri a livello internazionale che furono lunghi e faticosi per l’Italia, Paese sconfitto nella seconda guerra mondiale, ma, sostenuta dall’espressione di Alcide De Gasperi pronunciata nel corso del discorso dl 9 giugno 1949 “La nostra Patria Europa, una finalità che sta maturando nella mente e nella coscienza dei popoli”.
Per ricordare poi l’emozione vissuta nel 1979 al primo voto per l’elezione del Parlamento europeo e la richiesta e speranza ribadita ad ogni elezione perché mutasse il ruolo legislativo dell’ingessato Parlamento di Strasburgo, affinché i deputati eletti potessero incidere sui provvedimenti presentati dalla Commissione.
Purtroppo svanita la stagione dei Principi, i politicanti italiani eletti a Strasburgo con il loro menefreghismo hanno tradito le speranze di un popolo. Costoro hanno abdicato alla funzione legislativa lasciando campo libero ai colleghi di altri Paesi, sempre attenti e presenti, i cui interessi in campo agricolo, ambientale e industriale, poco hanno in comune con la realtà italiana.
Si sono così prodotte le conseguenze nefaste sulle attività economiche nelle quali come Paese primeggiamo. La mannaia dell’Europa ieri come oggi si è accanita senza difese. Nessuno è intervenuto nelle diverse commissioni a spiegare le peculiarità dell’agricoltura mediterranea, di quella vinicola, degli allevamenti del bestiame e della qualità dei nostri prodotti, inconcepibili alle latitudini del nord Europa, e in ultima analisi del nostro stile di vita.
Quale bilancio possiamo trarre in questo momento ove le norme sulla pesca d’altura, come la sopravvivenza economica di molte attività produttive che non dimentichiamo danno lavoro a milioni di persone, sono in balia di norme assurde, concepite dal peggior ideologismo?
Se dal particulare torniamo alle grandi tematiche quale bilancio possiamo redigere sul percorso della versione Ue dell’Europa?
Per limitarci agli ultimi anni l’’Europa ha gestito nel modo peggiore e contro i propri interessi l’occupazione dell’Ucraina, piegandosi dietro i diktat degli Stati Uniti, geograficamente lontani. Stesso atteggiamento nei confronti della guerriglia palestinese.
L’UE non hai mai anteposto la diplomazia rispetto alla guerra sanguinaria e non dando soverchia importanza alle vittime innocenti. Il problema è cocente, ma la ragione latita. Ogni giorno di guerra e di misure di facciata adottate dall’Europa, espongono i Popoli europei a rappresaglie.
L’altro aspetto che ci tocca da vicino, riguarda i flussi migratori.
L’UE ha dimostrato di non essere in grado di arginare i flussi migratori e come proteggere gli interessi europei reali nel mondo. Di stabilire una linea efficace e unitaria in tema di sicurezza, di controllo degli sbarchi, di sanità, di diritti sociali, di difesa dei popoli e dei loro interessi primari.
Tornado agli ideali degli Europeisti da Spinelli a Galimberti sino all’indimenticabile Professor Alessandro Passerin d’Entreves, questa versione sconcia dell’Europa, nei fatti si dimostra la prima nemica dei popoli europei, tra vessazioni, mancate tutele e primato costante degli assetti contabili sulla vita reale della gente.
Si elargiscono denari su cose inutili o dannose e si sorvola sulle reali esigenze primarie e sulle politiche sociali. In questo frangente internazionale, tra venti di guerra che rischiano di coinvolgerci, crescente antipatia del mondo intero verso l’occidente euro-atlantico e gravi instabilità nelle aree attigue, l’Unione Europea alle porte delle elezioni, ha deciso di giocare la sua faccia e il suo profilo sul tema dei diritti lgbtq+, con diciotto paesi contro nove (tra i quali, meno male, c’è l’Italia) che hanno votato per promuovere politiche europee a favore delle comunità transgender, dopo aver giurato guerra all’omotransfobia.
Stiamo pericolosamente scivolando verso una terza guerra mondiale e l’Europa si balocca coi gay pride…Pazzesco!!!!
La retta ragione umana dovrebbe riportare i fatti alla realtà e al diritto: ogni cittadino europeo ha pari diritti e doveri degli altri, di qualunque etnia, sesso o inclinazione; bastano le norme civili e penali esistenti nei paesi europei per condannare chiunque usi e abusi con violenze, offese, discriminazioni; senza creare speciali categorie protette.
Anche perché le vere categorie fragili sono i malati, i bambini i vecchi e per certi versi, le minoranze linguistiche. Le leggi valgono per tutti, sono universali, non possono diventare di genere o di tendenza, a tutela di singole minoranze, gruppi o lobbies. Se qualcuno aggredisce o offende un gay o un trans, ci sono già le leggi per condannarlo, se ci sono realmente gli estremi.
In ogni caso, è veramente assurdo che di fronte a problemi enormi sul piano militare, strategico, sociale, economico, sanitario, l’Unione Europea debba occuparsi di omotransfobia, come se ci fosse una persecuzione di massa e si trattasse di una priorità per i popoli europei.
O in alternativa, davanti agli imponenti nemici reali di oggi e ai falsi amici e alleati, è assurdo che l’Europa debba additare quale nemico assoluto ed eterno, i fantasmi del passato, cogliendo le provocazioni di un manipolo di minorati che si esibiscono con gesti e frasi che neppure comprendono. E debba perciò innalzare cordoni sanitari per sbarrare la strada a chiunque non la pensi in continuità con il pensiero unico.
C’è un altro aspetto gravissimo. Quest’Europa ignora e si vergogna della civiltà da cui proviene, rinnega e cancella la sua storia, le sue tradizioni civili e religiose, il sentire comune. L’ultimo caso non proviene dai paesi più sradicati e scristianizzati d’Europa, ma da un paese che è stato il simbolo di una cristianità vera, vivente, partecipata, la Polonia di Woytila.
Il sindaco di Varsavia, già candidato alla guida della Polonia, Rafal Trzaskowski, sostenitore dei transgender, ha firmato un’ordinanza in contrasto con la tradizione e con la costituzione polacca, per vietare croci, immagini di santi e altri simboli religiosi dai muri, dalle scrivanie dei dipendenti pubblici e bandirli da ogni evento civile. Magari sarà possibile esibire simboli lgbtq+ ma non la croce, non i simboli cristiani.
Smobilitando la civiltà europea, l’alternativa che resta è tra nichilismo globale o islamizzazione radicale. O peggio, il loro mix.
La cancellazione riguarda non solo la tradizione religiosa, investe pure le tradizioni civili, nazionali, laiche, l’arte, la letteratura, la storia e i suoi protagonisti. Stanno smantellando pezzo su pezzo l’edificio della civiltà europea.
La retorica dell’Europeismo ostentato dai sepolcri imbiancati che in realtà affossano le origini e l’idealità dell’Europa, rappresenta il primo nemico del nostro continente e della sua civiltà.
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Civico20News
Francesco Rossa
Editorialista
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