
La Corte europea conferma l’insabbiamento del Pfizergate
Abbiamo già avuto occasione, nel corso degli anni di approfondire le notizie sulla politica di piccolo cabotaggio dell’UE. Condivisioni di scelte illogiche, come quelle ispirate dalle multinazionali vicine agli ambientalisti che si sono riversate pesantemente su filoni produttivi trainanti come l’automobile, gettando nello scompiglio famiglie e economie dei Paesi più industrializzati, per non tacere sulle politiche agricole, con la penalizzazione progressiva dell’agricoltura mediterranea, della produzione del latte e degli allevamenti del bestiame.
Ma quando, soddisfare i diktat e gli appetiti delle multinazionali arreca pregiudizio alle condizioni di salute dei nostri concittadini, orientandone le scelte in modo fraudolento, non si può più tacere, senza confermare la diffidenza che i popoli europei nutrono sempre di più nei confronti di quest’organismo sovranazionale lontano dalle aspettative e dai sentimenti popolari. Nella lunga stagione del Covid, la disinvoltura di Ursula von der Leyen ha superato i parametri del cinismo e della disumanità. Ma le ciambelle non sempre riescono con il buco.
La Commissione europea, sicura di poter veleggiare sui mari dell’impunità, ha snobbato la richiesta del “New York Times” di consegnare i messaggi di testo scambiati tra il suo presidente e il direttore generale di Pfizer.
A inizio settimana la Corte di Giustizia europea ha pronunciato la sentenza “T-36/23 – Stevi e The New York Times contro Commissione”, stabilendo che l’amministratore delegato era in stretta relazione con l’Ue per i contratti per i vaccini contro il COVID-19 e che la Commissione ha negato senza giustificato motivo i documenti richiesti e oggetto di indagine giornalistica.
Se la Commissione non presenterà ricorso entro due mesi, sarà obbligata a dare libero accesso a tutti i documenti e messaggi intercorsi tra Ursula von der Leyen e Albert Bourla di Pfizer, ai giornalisti della testata americana.
Nel merito c’è dunque il “Pfizergate”, ma nel metodo, cioè nella cocciuta violazione della normativa sulla trasparenza, ci sono le pratiche oscure e politicamente indirizzate della Commissione e della sua Presidente che si confermano inquietanti, come si è anche in passato denunciato e ora dimostrato. Particolare da non sottovalutare, il totale dell’affaire ammonta a 35 miliardi di euro.
Il “New York Times” aveva richiesto l’accesso a tali messaggi di testo scambiati tra il 1° gennaio 2021 e l’11 maggio 2022 tra la presidente della Commissione Ursula von Der Leyen e Albert Bourla di Pfizer, nel tentativo di far luce sull’accordo multimiliardario sul vaccino. Nell’aprile 2021 era stato lo stesso Bourla ad aver affermato di aver negoziato lo storico accordo di fornitura di vaccini con Von Der Leyen per 1,8 miliardi di dosi, almeno in parte tramite SMS. L’ammissione suscitò immediatamente l’interesse di coloro che già sospettavano un gioco scorretto dietro a numeri così elevati, chiedendo la pubblicazione degli SMS per scagionare von Der Leyen dalle accuse di corruzione.
La Commissione ha sempre respinto la richiesta di trasparenza sui messaggi, affermando che Von der Leyen non li aveva conservati. Ha inoltre affermato che i messaggi non rientravano nei documenti dell’UE ammissibili alle richieste di accesso ai dati ai sensi delle norme sulla trasparenza. La Corte non ritiene credibile che la Commissione non sia in possesso dei documenti richiesti, né che tale documentazione sia stata cercata con attenzione; perciò, ha deciso di sanzionare la Commissione perchè non aveva fornito nemmeno una spiegazione plausibile per giustificare la mancata consegna della documentazione. Già l’anno scorso il Tribunale aveva accolto il ricorso per decidere sul caso, per ottenere l’accesso ai contratti e ai messaggi intercorsi tra Von der Leyen e Bourla.
Il Tribunale, dopo aver ricordato che è necessario dare il massimo accesso al pubblico alla documentazione delle istituzioni, ha fatto notare che, quando una istituzione afferma di non essere in possesso di una particolare documentazione, come nel caso in specie, dove si è detto più volte che i messaggi siano andati dispersi, l’affermazione dovrebbe essere presuntivamente vera. Tuttavia, si legge in una precisazione della Corte relativa alla Sentenza, “le risposte fornite dalla Commissione nel corso dell’intero procedimento in merito ai messaggi di testo richiesti si basano o su ipotesi, oppure su informazioni mutevoli o imprecise”.
Per contro, la giornalista e il “New York Times” ha presentato elementi pertinenti e concordanti che descrivono l’esistenza di scambi, in particolare sotto forma di messaggi di testo, tra la presidente della Commissione e l’amministratore delegato di Pfizer nell’ambito dell’acquisto, da parte della Commissione, di vaccini presso tale società durante la pandemia di COVID-19. Essi sono quindi riusciti a superare la presunzione di inesistenza e di non possesso dei documenti richiesti. In una situazione del genere, la Commissione non può limitarsi ad affermare di non essere in possesso dei documenti richiesti, ma deve fornire spiegazioni credibili che consentano al pubblico e al Tribunale di comprendere perché tali documenti siano irreperibili».
Quindi secondo la Corte i messaggi e gli accordi via Whatsapp tra i due protagonisti dello scandalo esistono o sono esistiti e dunque la Commissione è in fallo, in particolare perchè non ha spiegato in dettaglio quale tipo di ricerche avrebbe effettuato per trovare tali documenti, né l’identità dei luoghi in cui esse si sarebbero svolte; Inoltre non ha spiegato il non possesso dei documenti richiesti e se i messaggi di testo richiesti fossero stati eliminati e, in tal caso, se l’eliminazione fosse stata effettuata volontariamente o automaticamente o se il telefono cellulare della presidente fosse stato nel frattempo sostituito. Infine, perché essa avrebbe ritenuto che i messaggi di testo scambiati nell’ambito dell’acquisto di vaccini contro la COVID-19 non contenessero informazioni sostanziali o che richiedessero un monitoraggio di cui dovesse essere garantita la conservazione.
Dopo le denunce civili al Tribunale di Liegi, boicottate con la complicità del governo di Bruxelles e l’insabbiamento dell’indagine da parte della Procura Europea (EPPO), che riceve proprio dalla Commissione i fondi per operare, la sentenza della Corte di Giustizia europea conferma la pericolosissima mancanza di trasparenza della Commissione europea, più volte evidenziata da giornali di più nazioni. Ennesima prova di opacità grave a nocumento degli interessi dei cittadini e degli Stati, che segue ad un’altra circostanziata ammissione dell’aprile scorso della Corte dei conti Europea (CCE), in cui si afferma come da anni la Commissione viola i propri standard di trasparenza, rendendo deliberatamente «praticamente impossibile» l’individuazione di responsabilità all’interno delle strutture esistenti e opachi i finanziamenti miliardari alle Lobbies e ONG.
Perciò il “Pfizergate” è molto più di un ennesimo presunto scandalo di corruzione. È il simbolo della lotta senza fine per la trasparenza e la democrazia a Bruxelles, per altro verso, è il tallone d’Achille della cricca di burocrati irresponsabili, inclusa Ursula Von der Leyen, che si credono al di sopra delle leggi da loro stessi create. Qui si parla di opacità dei rapporti tra la Commissione UE e la casa farmaceutica, ma non si entra nel merito dell’affaire vaccino e nel suo contenuto. Argomento oggetto di commissioni parlamentari di inchiesta in Italia e in altri Paesi UE.
Non è la prima volta che la presidente della Commissione ha utilizzato questi metodi. Quando era ministro della Difesa della Germania, nel 2018, era stata accusata di aver contrattato appalti per decine di milioni di euro sempre tramite scambi di messaggi. Una violazione che portò all’apertura di un’inchiesta nei suoi confronti, ma quando gli investigatori le chiesero di fornire loro i messaggi emerse che l’allora ministra li aveva già cancellati.
L’Europa è sotto attacco dal suo interno, c’è del marcio a Bruxelles!
È ampiamente dimostrato, anche dalle azioni contradditorie e inconsistenti assunte nei confronti della guerra tra Russia e Ucraina, che l’Europa è sempre più marginale sullo scacchiere del Mondo e ormai destinata alla totale irrilevanza.
Civico20News
Francesco Rossa
Editorialista
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