Come e quando è avvenuto il (brevissimo) passo dall’eccesso del “politicorretto” iperprogressista elitario al successo del volgare turpiloquio?
Domenica 7 luglio 2024 (CIII). Appena sballottati dai ballottaggi desistenziali dei cuginastri transalpini (l’Involuzione Francese?), che non commenteremo, e sferzati dalla forte ventata d’est, atra burrasca marina impennata d’origine uralica, intendiamo soffermarci sulle verba che volant ma manent (o menant?!), quand’anche non scritte.
Al principio fu la famosa “esternazione” cambronniana – ferale fecale esclamazione! – a Waterloo (monofona frase forse mai pronunciata in quel battagliero frangente, il 18 giugno 1815), poi le strepitose espressioni onomatopeiche futuriste, quindi gli uterini slogan femministi sessantottini, per approdare al provocatorio “vaffa” dei grillini sparlanti… ed ecco oggi sfociarci in faccia (sfacciata) codesta deriva postribolante pompeiana, tutto un pittoresco florilegio di mazzi e razzi colla c iniziale, nonché di allegre stron…cature vicendevoli, una coprofila fiumana oceanica che esonda e tracima dall’incontenibile scemenzaio dei dissociati asociali social, coi loro impavidi “leoni-da-tastiera”, e riesce ad intasare di sboccato guano linguistico i canali tivù, con disinibiti commentatori nei demenziali talk-show pomeridiani o serali (per niente sereni), farciti di contumelie e ingiurie dagli sguaiati ospiti, rigorosamente infallibilmente incompetenti, e guarniti da fasulli applausi su ordinazione o buuuati popolar-bovini.
Dai tempi-bui del fascinoso menefreghismo littorio (“nostalgia canaglia!”, direbbe qualcuno, o qualcuna), si è giunti adesso, con convinta soddisfazione, alle risse da peggior bar di Caracas, perpetrate nell’Aula urlante e colorita, piuttosto che “sorda e grigia”, occupata dalle disonorevoli orde di maneschi picchiatori ultras, probabilmente ubriacati dal giambrunello di Montecitoro. Speriamo che “i” pistola non comincino a spararle troppo grosse!… E – per carità divina! – non menzioniamo le infelici allusioni giovanili (dal sen fuggite?) a tifoserie “giudee” e forni crematori o gli insalubri saluti nazi-romani eccetera eccetera. I termini (e gli… stermini) “sono importanti”, per citare Moretti (Ecce bombo, 1978).
Dove siamo finiti? Com’è potuto accadere? E che brevissimo passo dall’eccesso del “politicorretto” elitario al successo del volgare turpiloquio!
Certo, sembrava un tantinello assurdo chiamare “diversamente alto/alta” un/una tizio/tizia bassetto/a (ossia brevilineo/a), secondo le ferree regole inculcate dalla sofisticata gauche caviar – lodevolmente miranti ad evitare il body shaming (lemma ovviamente anglosassone) –, o usare sempre, instancabilmente, in ogni specie di discorso, entrambe le varianti di genere (“compagne/compagni”, “camerati/camerate”, ehm…), se non l’impronunciabile schwa napoletanizzante, ovvero l’asterisco (*), in luogo dell’ultimo morfema della desinenza flessiva (si scusi il pretestuoso tecnicismo semiotico); vi pare, però, un notevole progresso libertario aver licenza di chiamare neri con la g in mezzo (solo lo spagnolo non ha scelta, a meno che noi non gli prestiamo l’aggettivo in italiano) gli africani di pelle scura (a-a-abbronzatissimi), o di apostrofare con epiteti ortofrutticoli chi – vannaccia la miseriaccia! – ha gusti sentimentali differenti dalla maggioranza “normale”?
Storicamente, proprio i codini conservatori si ergevano a paladini e custodi del tradizionale rispetto del sacrosanto decoro formale e del galateo lessicale istituzionale, mentre adesso spesso, per compiacere il tamarro pubblico plebeo nella platea del circense teatrino audiovisivo massificato, si atteggiano a buzzurri cafoni coatti de’ quartiere: nel lontanissimo Otto-Novecento, l’elettore auspicava governanti migliori di lui, colti, intelligenti, saggi e stimabili (per esagerare, della caratura di Cavour, Manzoni, De Gasperi, Moro…), non al suo livello o ad uno inferiore, e magari preferibilmente dotati di uno straccio di laurea, di un degno titolo-di-studio accademico, non col diploma turistico-alberghiero (esempio puramente casuale) di cui vantarsi in giro per il “Globo terracqueo”; mo, invece, i malvezzi viziosi, vili, della villania, della crudeltà e dell’ignoranza bruta salgono insolenti in cattedra per proclamarsi ed accreditarsi al ruolo di desiderabili, encomiabili virtù civiche.
Classismo snob? No, no, è che mi augurerei tornasse in voga, nel Belpaesello dello Stivaletto nostro, ciò che io ho appreso da mio padre e dai salesiani: la semplice educazione, la buona creanza.
Sì, insomma, siamo signori, porcavacca, perdindirindina, oibò!
Od ohiboh?!?