A cura di Filippo Manuelli
Plus 24, il settimanale di finanza e risparmio de Il Sole 24 ORE, descrive nell’ultimo numero (11 maggio) un quadro della previdenza italiana assai deludente. I numeri illustrati nell’articolo sono impietosi, a fine 2023 gli iscritti alle forme previdenziali erano poco più di 9,5 milioni di italiani pari a circa un terzo dei possibili aderenti, rappresentato da 25,5 milioni di persone.
La “disaffezione alla previdenza integrativa” spiega il settimanale è dovuta anche alla “percezione ancora poco diffusa del bisogno previdenziale”, eppure dallo studio citato nell’articolo, condotto dal The European House-Ambrosetti, il tasso di sostituzione del sistema pubblico obbligatorio, che esprime il rapporto tra il primo cedolino di pensione e l’ultimo stipendio lavorativo, passerà dal 81.5% odierno al 67,6% nel 2050, situazione ancora più difficile per color che non possono contare sul posto fisso.
È uno scenario preoccupante che dovrebbe far riflettere sul futuro dei giovani ed indurli a pianificare per tempo una pensione integrativa come avviene in tutte le economie più evolute.
La questione è ben nota alla classe politica, per questo negli ultimi 30 anni mentre adottava una serie di complesse riforme strutturali volte a controllare la spesa pubblica per le pensioni ha istituito un sistema di previdenza complementare da affiancare a quello pubblico.
Per favorire lo sviluppo delle pensioni integrative, sono state adottate importanti misure fiscali. Purtroppo, come dicono i numeri, non tutti conoscono le agevolazioni e allo stesso modo non sanno quantificarne i benefici.
Ma vediamo un esempio pratico. Due gemelli residenti nel comune di Torino decidono di risparmiare 100 euro al mese (1.200 all’anno) per i prossimi 20 anni. Sono entrambi lavoratori autonomi con un identico reddito di 30.000 annuo lordo, costante per tutto il tempo.
Decidono di rivolgersi allo stesso consulente finanziario; il Gemello 1 sceglie di investire i suoi risparmi in un Fondo Comune di investimento mentre il Gemello 2 preferisce aderire ad un Fondo Pensione promosso della medesima società di gestione del risparmio.
Dobbiamo sapere che aderire ad un Fondo Pensione, diversamente da quanto accade per il Fondo Comune, consente di dedurre dal reddito l’importo versato a titolo di contributi (fino ad un massimo di 5.164,57 euro all’anno) prima che venga applicata l’aliquota fiscale, ciò comporta di fatto un minor imponibile e meno tasse da pagare.
Per effetto di questi benefici fiscali, il Gemello 2 che investe nel Fondo Pensione potrà versare un ammontare superiore al fratello (1.973 euro all’anno rispetto a 1.200) e conservare tuttavia un identico importo netto in euro sul conto corrente alla fine dell’anno, dopo tasse e investimenti.
Semplificando, con le vigenti aliquote 2024, possiamo riassumere i dati per un singolo anno:
Questo semplice esempio è stato fatto volutamente in assenza di rendimenti finanziari per 20 anni di entrambi gli investimenti, per apprezzare unicamente il beneficio fiscale ottenibile.
Il Gemello 1 che non ha utilizzato i vantaggi fiscali ha versato in 20 anni 24.000 euro (100/1.200€ al mese/anno) mentre il Gemello 2, approfittando dei benefici concessi dalla normativa, ha potuto versare – a parità di residuo finale sul conto corrente – quasi 40 mila euro che al netto della tassazione finale agevolata, a cui sono soggetti i Fondi Pensione dopo 20 anni (dal 15% al 9%), ammonta ad un valore di 34.133 euro, ben 10.133 euro in più del fratello, equivalenti ad oltre 500 euro all’anno. Questo dato cresce all’aumentare dei versamenti e del reddito e sarà maggiormente influenzato dai rendimenti finanziari che si possono ottenere nel lungo periodo di permanenza al Fondo Pensione.
Sono tanti i vantaggi concessi a questa tipologia di risparmio, difficile condensarli in poche righe, viene piuttosto spontaneo pensare a dove sia il trucco, i Fondi Pensione hanno solo lati positivi?
No certamente, ma quelli negativi sono rappresentati da vincoli legati alla discrezionalità sull’uso di questa tipologia di risparmio, che rimane e deve rimanere sempre con finalità previdenziale.
Tuttavia anche in questo caso, il legislatore nel tempo ha pensato a valide soluzioni in caso di necessità. Dopo otto anni di permanenza minima è possibile richiedere in tutto o in parte il capitale accumulato sotto forma di anticipazioni, riscatti e RITA – la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, misura di sostegno utilizzabile a ridosso della pensione.
In questo contesto il Fondo Pensione – se ben usato – può trasformarsi in una “banca previdenziale” in cui attingere e riversare le somme in base alle disponibilità lungo tutto l’arco lavorativo, recuperando con i reintegri le tassazioni applicate alle anticipazioni.
Meglio pensarci presto.
Filippo Manuelli
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