Di Alessandro Mella
All’indomani dell’unità nazionale i Reali d’Italia si prodigarono, per come possibile, per guadagnarsi l’affezione e la simpatia delle provincie che si erano unite al nascente Regno d’Italia dopo l’epica impresa di Garibaldi e dell’Esercito Meridionale.
Al netto dei moderni revisionismi, invero abbastanza fantasiosi, la popolarità dei Savoia nell’Italia del sud crebbe sensibilmente con numerosi episodi di grande devozione popolare. Basterebbe citare i fatti di via Medina a Napoli nel 1946, i successi politici del sindaco monarchico Achille Lauro oppure la partecipazione di popolo ai funerali della Duchessa d’Aosta madre (episodio che procurò qualche pensiero alle autorità repubblicane) per comprendere l’emotività profonda che caratterizzò quel rapporto.
La necessità ed il desiderio di costruire solidi legami con la capitale morale del Mezzogiorno d’Italia si concretizzò prima di tutto nella scelta di alternare i titoli dei principi ereditari (Principe di Piemonte e Principe di Napoli) nonché nella scelta di far nascere gli stessi proprio nella città partenopea. Il primo fu, nel 1869, Vittorio Emanuele destinato a succedere al padre dopo l’infausto attentato del luglio 1900. Il sovrano amò sempre Napoli al punto da saper parlare, tra le varie lingue conosciute, anche il napoletano che alternava con padronanza al piemontese. Non a caso l’allora giovane principe fu allievo della Scuola Militare Nunziatella.
In occasione della sua nascita, il pittore Domenico Morelli disegnò una magnifica culla che venne poi realizzata; in mogano con finiture in argento, tartaruga, coralli e molto altro ancora; dagli artigiani partenopei:
A proposito della magnifica culla tutta a merletto di Burano, donata dalle patronesse dell’Ente della Moda, viene rievocato l’altro dono augurale del genere fatto per la nascita del Principe di Napoli, l’attuale nostro Re. Appunto la Principessa di Piemonte ha voluto rileggere quanto fu pubblicato nel novembre del 1869, in occasione della nascita del Sovrano, e quindi anche la descrizione della culla che la città di Napoli volle offrire al futuro Principe. La ideazione della culla fu confidata a un grande artista. Lo coadiuvarono Domenico Morelli, Ignazio Perriccia e gli architetti Enrico Alvino, Alessandro Bobbio e Antonio Francesconi. La culla fu descritta da uno scrittore insigne: Luigi Settembrini, così come era stata progettata in un opuscoletto edito dal «Giornale di Napoli». (1)
Al Morelli s’erano affiancati diversi altri illustri personaggi, nel quadro di una apposita commissione voluta dal sindaco Guglielmo Capitelli, ognuno dei quali aveva portato il proprio contributo nella realizzazione del magnifico dono:
L’ispettore municipale dei lavori pubblici. – Lunedi notte mancava ai vivi, dopo gravissima malattia, il cav. Alessandro Bobbio, distinto funzionario municipale. Il Bobbio tra i molti incarichi ebbe quello di componente la Commissione che impiantò le scuole serali (…); prese parte alla Commissione incaricata di studiare gli usi ai quali potevano destinarsi ì monasteri ceduti dal Demanio al Comune, e assieme al Morelli, all’Alvino, al Francesconi disegnò la culla che il Municipio di Napoli donò a S. M. la Regina, allora principessa di Piemonte, per la nascita del principe di Napoli. Fece quindi parte della Commissione per le acque ed assieme all’Alvino fu incaricato del piano regolatore della città di Napoli. Dopo essere stato sub-delegato sotto il regio commissariato Marvasi, era ora consigliere tecnico municipale e ispettore di pubblici lavori. (2)
Nel manufatto, ricco di richiami simbolici al territorio napoletano ed alla Real Casa, faceva particolare spicco il lazzariello.
L’opera, che non è peregrino definire d’arte, fu un esempio senza pari della grandezza e capacità degli artisti ed artigiani partenopei, i quali mostrarono al mondo, con questo oggetto, tutta la loro abilità e bravura.
La culla restò presso i principi di Piemonte finché Umberto I fu chiamato a succedere al padre Vittorio Emanuele II sul trono d’Italia. In quel momento lui e la regina Margherita lasciarono Napoli, ove si erano trasferiti nel 1868, per trasferirsi al Quirinale e il prezioso cimelio da quel momento venne affidato alla Reggia di Capodimonte ove mantenne tutto il suo fascino diventando uno dei ricordi più cari di Casa Savoia al punto d’essere oggetto di visite e perpetuo interesse:
Principi e Reali a Napoli. Ci telegrafano da Napoli 11, ore 18,25: Stamane i Principi in vettura si recarono a visitare il palazzo reale a Bosco Capodimonte. La Principessa visitò la Pinacoteca di Salarmi, la camera di porcellana e la culla del Principe di Napoli, dono dei napoletani. (…) (3)
Attorno al 1925 la stessa culla fu trasferita alla Reggia di Caserta e dal 1987 divenne parte del percorso espositivo. (4) Nel 2017, tra l’altro, essa fu ospitata alla Reggia di Venaria Reale in occasione della bellissima mostra “Dalle regge d’Italia”. Esposizione che ancora oggi è ricordata con enorme ammirazione ed unanime apprezzamento.
In quella celebre occasione venne esposto anche un altro singolare cimelio testimone dell’amore di Napoli per i sovrani. Se la meravigliosa città campana aveva dedicato alla Regina Margherita una celebre pizza, i suoi liutai non mancarono di offrirle, anche, un mandolino realizzato apposta per lei. Essi, infatti, ne conoscevano la passione per la musica e le arti.
Realizzato in quattro corde e con finiture in madreperla, argento, oro e avorio, esso fu opera delle mani operose e prodigiose di Pasquale Vinaccia che l’offrì alla sovrana nel 1881. Sulla custodia lo stemma sabaudo e la dedica “a Sua Maestà Margherita di Savoia Regina d’Italia”.
Particolare attenzione ed ammirazione, a riprova dell’abilità dell’artista, suscita ancora oggi l’incisione, frontale sull’avorio, con la raffigurazione di Cristoforo Colombo intento ad offrire ai sovrani spagnoli i doni e le ricchezze portate delle Americhe. Si tratta davvero di un capolavoro senza pari.
Numerose sarebbero le manifestazioni d’affetto e di devozione che si potrebbero elencare per raccontare il complesso rapporto tra Napoli ed i Savoia. Sovviene alla mente, ad esempio, la celeberrima canzone “Passa a’ bandiera” e molte altre.
Di certo questi cimeli, unitamente a tanti episodi ed aneddoti, seguitano a raccontarci come la città abbia saputo mostrare tutte le magnifiche qualità umane e professionali che possiede e che troppo spesso le cronache ci fanno dimenticare.
La grande bellezza di Napoli è custodita anche da questi capolavori che l’amorevole cura dei musei e dei loro custodi ci permette di continuare ad apprezzare. Un modo in più per amare una città che è parte della storia italiana e di noi tutti.
Alessandro Mella
NOTE
1) La Stampa, 68, Anno XXII, 18 settembre 1934, p. 1.
2) Ibid., 340, Anno XX, 9 dicembre 1886, p. 3.
3) Ibid., 161, Anno XXXI, 12 giugno 1897, p. 1.
4) Dalle regge d’Italia, catalogo della mostra omonima, Venaria Reale, 2017, pp. 244-246.
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