
Le curiose ipotesi sull’origine del nome del più noto dolce natalizio…
La storia del nome del più famoso dolce natalizio nasce nella città di Milano e si perde nelle notte dei tempi.
Siamo nel 1495, l’America era stata appena scoperta da Cristoforo Colombo ed il mondo medievale stava vivendo la straordinaria trasformazione rinascimentale. Si narra che in questa cornice, alla corte di Ludovico Sforza, meglio conosciuto come Ludovico il Moro, si stesse celebrando un’importante cena natalizia, con la presenza di numerose Autorità politiche locali.
Una cena di grande importanza, i cui dettagli non potevano essere trascurati o interpretati in modo arbitrario.
La cena della Vigilia di Natale era stata affidata ad un Capo Cuoco che coordinava un buon numero di apprendisti e garzoni.
Tutto si stava svolgendo secondo la rigida etichetta concordata con Ludovico il Moro, ma poco prima della presentazione del dolce avvenne un fatto disastroso.
Toni, il garzone che avrebbe dovuto curare la cottura del dolce, affaticato dalla giornata pesantissima, si assopì al tepore del forno.
Il dolce proseguì la sua cottura, oltrepassando il tempo previsto, fino a carbonizzarsi completamente.
Forse fu proprio il fumo e l’odore del dolce bruciato che fece ridestare il povero Toni… un risveglio sicuramente drammatico che lo gettò nel panico e nella disperazione.
Toni sapeva che sarebbe stato punito a suon di frustate e forse non sarebbe neppure sopravvissuto a tale sventura.
La disperazione lo attivò facendogli trovare una scappatoia davvero originale: fortuna volle, che avesse preparato un dolce per sé e i suoi colleghi utilizzando gli avanzi dell’impasto del pane a cui aveva successivamente aggiunto uova, burro, canditi e uvetta. Una miscela tanto improbabile quanto originale, aggiunse una buona quantità di miele per addolcirlo e si rimise a mescolare il tutto.
Con grande titubanza propose al Capo cuoco quell’improbabile impasto, terrorizzato da una sua possibile reazione. Il Capo percepì un profumo inconsueto e dopo un primo momento di incertezza si convinse a servirlo in tavola.
Ludovico e i sui commensali apprezzarono il dolce che venne soprannominato ‘el pan de Toni‘, in dialetto meneghino, in onore del suo creatore.
Come tutte le più belle storie che profumano soprattutto di leggenda, il Pan de Toni divenne un dolce straordinariamente apprezzato in tutta la Penisola e col gli anni trasformò il proprio nome da Pan de Toni… in Panettone.
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Un’altra leggenda, sicuramente meno credibile della precedente, narra di Giovanni, un pescatore di origine milanese, che trovandosi al largo delle coste liguri nel bel mezzo di una tempesta, per vincere un fastidiosissimo mal di mare, si mise a mangiare una fetta di “Pan del Marinaio”.
Il dolce, una vera bontà, ricordava vagamente il gusto del panettone, che non aveva ancora visto i propri natali: il Pan del Marinaio era più secco ma riproponeva un simile impasto di uvetta dolce e canditi.
La tempesta non sembrava diminuire di intensità e il marinaio terrorizzato pensava che fosse stato proprio il suo gesto di inequivocabile golosità ad aver fatto irritare Nettuno, il dio del mare.
Il tempo peggiorò ancora e Giove scatenò i suoi fulmini che caddero vicino alla barca del povero pescatore.
Il marinaio sollevò il pezzo di dolce che aveva avanzato, offrendolo alle divinità per ammansirle, mentre la voce inconfondibile di Giove prese forma tra i lampi, urlando nelle orecchie del povero sciagurato: “Tranquil l’è pa’ Netun, tranquil cha pasa tut”…
E fu così che dopo poco tempo le acque si calmarono e Giove smise di infierire sul povero Giovanni, al quale rimasero impresse nella mente solo le parole del più potente degli dei… “L’è pa’ Netun”, “L’è pa’ Netun”, “L’è pa’ Netun”…
Ovviamente Giove, come avrebbe compreso chiunque, voleva dire a Giovanni di stare tranquillo perché a creare quella tempesta non era stato Nettuno…ma proprio lui, il più importante degli dei dell’Olimpo.
Nella mente innocente di Giovanni si creò una sorta di collegamento tra l’offerta di quel pezzo di Pan del Marinaio, che aveva donato agli dei, e le parole di Giove… “L’è pa’ Netun”…
Quindi pensò che proprio Giove in persona avesse voluto ribattezzare il Pan del Marinaio con il nuovo nome di Panettone…
Probabilmente si tratta solo del frutto di qualche fantasioso cronista dell’epoca… sta di fatto che Giovanni iniziò a chiamare Panettone, quel miscuglio di pane, canditi e uvetta, al quale, in epoca successiva, aggiunsero anche del dolcissimo miele…
Fotografie di Giancarlo Guerreri
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Mi sembra che la storia + probabile del panettone sia quella che si colloca alla Corte di Milano. Noto però che in Italia anche un garzone fornaio poteva trovare e utilizzare con ingegno “avanzi” di cucina. Nella stessa epoca in altre parti d’Europa le popolazioni vivevano affamate in tuguri di fortuna. Il Bel Paese è tale anche perché qui la natura ha permesso agli abitanti di vivere e allocare risorse nella realizzazione di quel che ci sta attorno, monumenti, istituzioni, tradizioni.