Uno spaccato infernale nell’atmosfera luminosa del Paradiso
Di seguito i link degli articoli dedicati alle precedenti quattro donne della Commedia:
Link articolo 1 https://civico20-news.it/cultura-e-spettacolo/le-donne-nella-commedia-dantesca-francesca-da-rimini/05/03/2024/
Link articolo 2 https://civico20-news.it/cultura-e-spettacolo/le-donne-nella-commedia-dantesca-pia-dei-tolomei-2/18/03/2024/
Link articolo 3 https://civico20-news.it/cultura/le-donne-nella-commedia-dantesca-sapia-unanima-in-trasformazione-3/15/04/2024/
Link articolo 4 https://civico20-news.it/cultura/le-donne-nella-commedia-dantesca-piccarda-donati-4/05/05/2024/
La quinta, ed ultima, donna che parla con Dante nella Commedia è Cunizza da Romano; l’incontro avviene nel cielo degli spiriti amanti, dominato dalla stella di Venere. Un personaggio strano, questa Cunizza, lontana mille miglia dalla gioiosa beatitudine di Piccarda; Dante ha un bel dire che “ogne dove in cielo è Paradiso” (Par., III, vv.88-89) e che la beatitudine è una sola, ma i personaggi che incontra sono diversi e le loro parole seguono registri ed appartengono ad ambiti semantici lontanissimi tra loro. Esaminiamo il nome proprio e la famiglia di appartenenza della beata, quando non lo era ancora e viveva sulla terra: Cunizza, con le due zeta allitteranti e il suono cupo della u, non è certo un nome dolce e soave, così come il toponimo “da Romano” ci riporta al fratello di Cunizza, Ezzelino III, noto nella tradizione come efferato e crudele, posto da Dante stesso nell’ Inferno, nel girone dei violenti contro il prossimo.
Risulta poi interessante, sempre sotto l’ aspetto della peculiarità del personaggio, il racconto del percorso seguito dallo spirito per raggiungere la salvezza.
Cunizza si trova nel cielo degli spiriti amanti “perché mi vinse il lume d’esta stella”, cioè di Venere,
ma lietamente a me medesma indulgo
la cagion di mia sorte, e non mi noia:
che parria forse forte al vostro vulgo.
(Par., IX,vv.34-36)
I versi ci raccontano che per gran parte della sua vita l’influenza di Venere sullo spirito di Cunizza, cioè la sua indole amorosa, la indirizzò verso una smodata passione carnale, fino a che proprio quella stessa indole divenne motivo di salvezza e di beatitudine. Infatti ora perdona con gioia se stessa ( ma lietamente a me medesma indulgo) e ricorda la sua storia di peccati, pentimenti e penitenze, comprese quelle subite in Purgatorio, senza dolore ( e non mi noia).
La sua, quindi, è un’indole, una propensione vissuta prima nel peccato e poi rivolta al bene comune, al fuoco della carità, una storia di purificazione e di ascesa verso la salvezza eterna.
Certo la beatitudine è uguale dovunque in Paradiso, è una e una sola, ma Piccarda ci ha raccontato qualcosa di più alto e più gioioso:
Li nostri affetti, che solo infiammati
son nel piacer de lo Spirito Santo,
letizian del suo ordine formati.
………
E’n sua voluntade è nostra pace:
ell’è quel mare al quale tutto si move
ciò ch’ella cria o che natura face.
(Par., vv.55-57; 85-87)
Del resto l’impasto linguistico della Commedia prevede incursioni terrene e realistiche anche nel Paradiso, il mondo trascendente per eccellenza; ed infatti il discorso di Cunizza è in gran parte una feroce invettiva profetica contro gli abitanti della Marca Trevigiana, la zona delimitata dal corso dell’Adige e del Tagliamento, colpevoli di guerre fratricide e di terribili nefandezze reciproche, tant’è che imminenti sciagure si abbatteranno su Padova, Vicenza, Treviso e Ferrara. Una terribile profezia, dunque, a conclusione della quale l’immagine di Dio che ci dà Cunizza è quella di Dio giudicante, la divinità che giudica e punisce. Una volta di più un’incursione infernale nel Paradiso. Del resto è proprio nella terza cantica, nel canto XVII, che Cacciaguida, l’avo di Dante, rispondendo alla domanda del poeta, che temeva, raccontando quello che ha visto nell’aldilà, di essere inviso ai suoi contemporanei, oppure, tacendo, di passare per vile davanti ai posteri, lo sprona a dire la verità con i celebri versi:
Ma nondimen, rimossa ogne menzogna,
tutta tua visïon fa manifesta;
e lascia pur grattar dov’è la rogna.
( Par., XVII,vv.127-129)
Un impasto linguistico davvero straordinario, la Commedia di Dante: altissima teologia e raffinata filosofia si mescolano a feroci invettive e ad un linguaggio basso e colloquiale, a dare un’immagine profonda e completa dell’animo e del pensiero umano in tutta la sua variegata complessità.
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Molto interessante!
Grazie Pati, troppo buona! Un abbraccio e a presto