
Il più grande pittore russo.
In questo modo venne definito da molti critici d’arte.
Ivan Konstantinovich Aivazovsky nacque nel 1817 a Theodosia (scritto anche come Feodosia), un piccolo porto del Mar Nero che aveva visto secoli di commercio cosmopolita
Famosissimo per i dipinti che rappresentano mari tempestosi e naufragi, rappresenta una punta di diamante della pittura romantica che sembra esprimere al meglio il manifesto romantico dello Sturm und Drang.
Impeto e tempesta sembrano, infatti, emergere fisicamente dalle sue opere maggiori, coinvolgendo emotivamente lo spettatore in uno spettacolare gioco di colori, trasparenze e aspetti drammatici che collegano il mare alla morte.
Aivazovsky fu uno degli ultimi grandi accademici del mondo dell’arte russa, con una produzione che supera le 6.000 opere si colloca ai primi posti degli artisti russi.
Grande viaggiatore visitò le maggiori capitali artistiche europee.
Pur provenendo da un ambiente estremamente povero, ubicato nel mar nero, conobbe in un porto del suo mare alcuni mecenati ben introdotti presso la famiglia imperiale che lo condussero nel mondo scintillante di San Pietroburgo.
A Roma un giovane Aivazovsky incontrò l’anziano pittore inglese JMW Turner, si ammirarono reciprocamente le opere ed entrambi dipinsero il mare con una turbolenza espressiva.
Presso la Royal Academy di Londra un membro giunse a definire i dipinti tardivi di Turner come “macchie“, mentre i primi lavori di Aivazovsky stavano raccogliendo consensi per le loro virtù classiche.
Uno dei suoi lavori più noti, “La Creazione (Caos)”, dipinto a Roma in età giovanile fu acquistato da Papa Gregorio XVI che lo fece appendere in Vaticano, nonostante molte controversie sul significato oggettivo e letterale di una presenza divina. A questo proposito, Nikolai Gogol, scrittore russo-ucraino e amico di Aivazovsky, scrisse: “Il tuo Caos ha causato un caos in Vaticano“. Il dipinto ebbe grande successo e dimostrò al giovane, che stava facendo il suo tour europeo, che il sublime vende nel giusto contesto.
Ma l’opera più famosa di Aivazovsky, “La nona onda”, è un enorme dipinto di quasi tre metri per due, che ritrae un gruppo di naufraghi aggrappati ai legni di una nave inabissata. Il nome deriva da una credenza della tradizione nautica, secondo la quale le onde si ripetono con cicli di nove, e l’ultima onda (la nona) rappresenta quella più devastante, che in questo caso ha causato il naufragio della nave. Sicuramente non casuale la forma di croce dell’albero maestro al quale sono aggrappati i naufraghi, mentre un sole nascente sembra precedere gli effetti drammatici dell’onda che sta sopraggiungendo. Fig 1
Venne dipinto quando Aivazovsky aveva trentatré anni, ed è caratteristico del suo Romanticismo più maturo.
“La Nave“ esprime la violenta forza della natura che si abbatte sui poveri naufraghi in una cornice di cromatica criticità, dove proprio l’intensità dei colori e la presenza di metafisiche trasparenze sollecitano emozioni di grande intensità. Fig 2
Lo stesso Dostoevskij sosteneva che Aivazovsky era diventato un “maestro senza rivali”. Il dramma è il vero protagonista che coinvolge l’osservatore proiettandolo in un contesto dal quale sembra non poterne uscire vivo.
Nei dipinti più tardi, eseguiti alla fine dell’800, Aivazovsky sembra perdere la speranza verso il futuro dell’umanità. I mari si fanno sempre più tempestosi, i colori dalle tinte chiare e morbide di alcuni quadri precedenti si traducono in tonalità più fredde, con i “blu e i bianchi” che invadono pervasivamente lo spazio, senza permettere ad alcun tipo di luce di affacciarsi per donare un poco di speranza ai personaggi rappresentati. Quella della morte è l’ultima voce che riusciremo ad udire, l’ineluttabilità farà scomparire ogni protagonista, solo qualche rottame resterà a galleggiare per testimoniare quanto il destino dell’uomo sia stato implacabile e spietato.
La natura non prova pietà per l’uomo, e solo la coltre del mare chiuderà per sempre l’ultimo sepolcro.
Ivan Konstantinovich Aivazovsky morì il 2 maggio 1900 a Theodosia.
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