Il sogno “Net Zero” (Emissioni nette di gas serra pari a zero entro il 2050) potrebbe diventare realtà se…
Le Nazioni Unite definiscono “Net Zero” la “riduzione delle emissioni di gas a effetto serra il più vicino possibile allo zero, raggiungibile con il riassorbimento della CO2 emessa dalle varie nazioni, attraverso la riconversione naturale delle foreste e degli oceani. Un obiettivo che richiede la radicale scelta di una maggiore politica ambientale
Per noi occidentali, ubriachi di abitudini e di oggetti, di superflui prodotti e di miti legati all’apparenza, all’importanza del lusso e della tecnologia, l’idea di un altro stile di vita, ci sfiora a malincuore. Siamo nipoti di uno storico processo di sviluppo che ha pervaso il mondo, senza attenzioni e limiti per altre culture, per forme di vita e per i ritmi della natura. I risultati li raccogliamo adesso: riscaldamento globale, siccità, eventi estremi, isteria energetica, un futuro incerto.
Siamo consapevoli di essere colpevoli, ma non rinunciamo alle nostre vanità che continuano a prosperare saccheggiando masse di energia e di fonti naturali, inseguendo quella “sostenibilità” che non si potrà raggiungere senza cambiare in modo radicale i metodi di un progresso esponenziale. Di certo non con una green economy, che non rallenta la produzione di energia, ma ne sostituisce le fonti, attraverso l’industrializzazione di una grande massa di prodotti tecnologici. Occorre invece rimodulare la necessità e l’uso di energia elettrica di cui, la nostra quotidianità metropolitana, abnorme e inquinante, non può fare a meno.
I paesi emissioni zero esistono, ma basano il loro arco vitale e la loro economia seguendo un intelligente paradigma. Un esempio che fa scuola. Il migliore da perseguire.
I Paesi in questione sono: Bhutan, Comore, Madagascar, Suriname, Gabon, Guyana, Panama, Niue. Otto Stati sovrani, alcuni di piccole dimensioni, ma tutti situati sulla fascia compresa tra i tropici e accomunati da molte caratteristiche piuttosto simili. Altre nazioni centro americane, quali il Costa Rica e la Martinica sono molto vicine all’obiettivo zero. Altrettanto gli arcipelaghi del sud Pacifico e la parte orientale dell’Indonesia.
Sono territori che si distinguono per una bassa densità di popolazione, una fiorente vegetazione ricca di biodiversità e risorse naturali. Paesi governati con politiche ambientali molto rigide, dove le risorse economiche sono ricavate da attività agricole, dalla pesca e da un turismo amante della natura e accolto in strutture non invasive. Il settore manifatturiero è quasi inesistente e la mobilità motorizzata risponde ai bisogni circoscritti in poche necessità e tragitti limitati. Sono luoghi in cui, quasi sempre si vive in modo modesto, ma sano, longevo e felice.
La maggior parte delle Nazioni, e soprattutto gli Stati europei come l’Italia, legati a una memoria storica del tutto differente, al momento attuale non sono strutturati per raggiungere un’impronta climatica paragonabile a quella di un’isoletta del Pacifico, soprattutto in tempi brevi. Tuttavia, quei piccoli Paesi, equilibrati e virtuosi, dovrebbero essere un esempio e un oggetto di studio per una riprogettazione del territorio, per un riesame delle attività sociali e produttive, per rivedere il rapporto tra superfici alberate e urbanizzate.
Si metterebbe in moto un nuovo, “Rooseveltiano” piano di lavoro. Sono molti gli ambiti per valutare i costi e i benefici di un reale apporto energetico, di vaste opere per la restituzione del verde alla natura e per mettere in atto i progetti di bioarchitettura che da troppo tempo languono negli studi di urbanistica più avanzati. Il tutto circoscritto verso un’economia circolare e una riduzione sempre più concreta delle emissioni di gas serra, attraverso una conversione verso il basso delle reali necessità vitali dell’intera società.
Un procedimento di ambiziosa umiltà, da concordare a livello di Nazioni Unite e innanzitutto europeo. Per comprenderlo non serve certo una intelligenza artificiale e l’insieme può sembrare un’ingenuità solo a chi non sa gettare lo sguardo oltre l’orizzonte. In realtà è l’unico sentiero percorribile per avvicinarsi all’obiettivo Net Zero il più in fretta possibile.
Il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre. C’è molto lavoro da mettere in atto e il negazionismo “Trumpiano” non è di buon auspicio. Il Pianeta ammonisce da tempo e otto piccoli Stati ci riportano a un modello “sostenibile” che esisteva già, e da reinventare in chiave moderna e globale. Non basta che convincere il resto del famelico Mondo, noi singoli compresi.
Il dibattito è aperto, ogni commento è il benvenuto.
Un sogno!
Non serve l’intelligenza artificiale, per capire che il pianeta ,e stato rovinato da noi essere umani. E, non sapremo se riusciremo a salvarlo.,..sara’un’impresa complicata.