
Insieme a Francesca Mogavero, editrice di Buendia Books
La casa editrice Buendìa Books ha appena festeggiato il suo compleanno e la sua mente, anima e cuore… in una parola, l’editrice, Francesca Mogavero, ha scritto lei stessa la bozza di questa intervista, mi ha trasmesso impressioni e suggestioni riguardante la sua ispirazione, il suo lavoro letterario e librario, fino al rapporto con la città di Torino.
Iniziamo questo viaggio, insieme a lei, con i libri, i buoni libri: essi sono biglietti – spesso di sola andata – verso destinazioni favolose, attraverso una trama coinvolgente, uno stile che funziona e incanta, e ci proietta in un Altrove di carta e inchiostro. Se a questo aggiungiamo un’ambientazione ben tratteggiata, l’incantesimo è completo e il viaggio assume contorni ben definiti: intorno a noi possono sbocciare dal nulla torri e castelli gotici, brughiere schiaffeggiate dal vento dello Yorkshire e dune di pianeti lontani, forse inesistenti.
Questa descrizione attiene al campo della fantasia e si muove sui percorsi dell’immaginario, individuale e collettivo, Cosa succede quando l’ambientazione diventa reale e lo spazio dipinto dalla lettura coincide con quello che ci circonda, magari su un altro piano temporale?
In questo caso, secondo Francesca accade un fenomeno suggestivo, una specie di “doppia vista”, un’ebbrezza di parole che fa camminare i lettori sospesi sull’oggi e sul passato, con la tentazione di sporgere un piede un poco oltre e precipitare in un’epoca passata che appare più affascinante ed esotica, preferibile a un presente a volte grigio o privo di prospettive folgoranti.
Francesca Mogavero, nella sua qualità di editrice di Buendìa Books – e prima ancora come lettrice – ha potuto vivere questa sensazione particolare grazie ai due libri scopriremo insieme a lei e grazie alle sue parole.
Sotto le stelle di Fred di Marina Rota, pubblicato nel novembre del 2021 in occasione del centesimo compleanno di Fred Buscaglione, presenta una serie di “Incontri da sogno”, come recita il sottotitolo, non solo con il “duro facile alle cotte”, ma soprattutto con Torino, così simile e così distante da quella dei nostri giorni. Ne risulta una biografia umana e corale, in cui si avvertono “l’odore del nostro cortile, i suoni e le voci della portineria, il giallo e il rossastro dell’autunno in piazza Cavour…”, per prendere a prestito alcune parole del libro.
Proprio in piazza Cavour, al numero 3, inizia l’esperienza onirica, nel “palazzo con la sommità a timpano”, dove la protagonista e voce narrante – alter ego dell’autrice – si è da poco trasferita. La sua nuova casa le permette di scoprire che, nella portineria, ha mosso i primi passi e suonato le prime note Ferdinando, quando ancora doveva diventare Fred.
Conquistata dal magico caso – c’è qualcosa che avvenga veramente per caso? – la protagonista scivola all’indietro nel tempo e vive tre notti speciali, che la condurranno sulle tracce dell’artista; in questo viaggio ne ripercorrerà, non soltanto metaforicamente, la gavetta, la carriera, le prime esperienze musicali fino al successo, stroncato troppo presto dalla tragica morte.
In questo inseguimento, o caccia all’uomo, agile e sincopato, le vie, i palazzi, i negozi, i quartieri che conosciamo sbiadiscono per lasciare il posto ad altri nomi ed altre insegne, che ci portano all’età dell’oro del jazz (come non pensare a Francis Scott Fitzgerald, oggi molto trascurato?), dello swing, della voglia d’America e di “ballare sopra le macerie”.
Marina Rota dipinge a colori tenui una città minuziosamente ricostruita grazie a una solida ricerca storica, a testimonianze, ai ricordi di chi c’era, e restituita con immediatezza a chi legge.
Insieme alla scrittrice e al suo “Virgilio” Claudio (l’americanista Claudio Gorlier), ci sediamo a un tavolino del Bar Faro, tra via San Massimo e via Po, “il ritrovo notturno più rinomato e à la page di Torino, grazie a Fred”, immaginiamo le baruffe in piazza Carlo Felice tra Blacky la Iena e Jack la Tigre (due “gangster” in salsa sabauda, “che, abbigliati in stile Al Capone, si fanno passare per capobanda rivali, limitandosi per lo più a ‘fare le vasche’ in via Roma”), ci concediamo un boccone alla Birreria Mazzini e visitiamo l’Einaudi dell’epoca di Fruttero, per poi andare al cinema, a bere e a ballare in una delle tante sale danzanti, più o meno eleganti, più o meno costose, frequentatissime e piene di fumo e di risate liberatorie, che oggi non sentiamo più per le strade.
Rimane addosso la sensazione di muoverci nel cuore di una città che non dorme mai, tra i ritmi della Fabbrica e la vivace vita notturna… mentre Fred cresce, ama ed è amato, fa cantare il suo “lovely violin”, afferra il successo, alimenta speranze e fantasie e di nuovo ci sfugge per sempre, mentre ci fa assaporare per una manciata di istanti quei luoghi e quegli anni irripetibili, lasciando che la bolla di sapone del sogno si libri su piazza Castello, via Bava e via Pomba, giusto il tempo di afferrare un nuovo libro, di immergerci in un nuovo racconto…
…Con La tele a Torino di Aldo Dalla Vecchia, pubblicato a inizio 2024, in concomitanza con il settantesimo anniversario della televisione italiana, restiamo nelle vicinanze. Questa avventura inizia alla Direzione generale dell’EIAR, “prima in Via Bertola, nell’attuale palazzo Enel, poi in Via Arsenale 21”, dove, dagli anni Venti, si sperimenta la “trasmissione delle immagini”, ben prima del debutto ufficiale a Milano e Roma!
Con il cuore dell’appassionato, l’acume del giornalista e il talento dell’autore televisivo, Dalla Vecchia ci apre la “scatola magica”, tuffandoci nel tubo catodico della tecnica e della meraviglia, presentandoci, attraverso interviste inedite, le “grandi signore” del piccolo schermo – tra le quali Alda Grimaldi, la prima regista in assoluto, scomparsa recentemente a più di cento anni – e una carrellata di piemontesi, di nascita e di adozione, che hanno fatto la storia del medium.
Il tempo di un Carosello ed eccoci in via Verdi 16, all’ingresso del Museo della Radio e della Televisione, un’esperienza multisensoriale che abbraccia il presente, valorizza il passato e si apre al futuro: in questi spazi l’autore ha incontrato e dialogato a lungo con il direttore Alberto Allegranza.
Abiti di scena, filmati esclusivi e strumenti prodigiosi animano le sale, regalando uno spettacolo senza fine che ci sembra di vivere in prima persona… proprio come in Questione di fili, la perla narrativa che completa l’agile libriccino: la scena è ancora Torino, la tematica forte, la trama nutriente, come il sugo d’arrosto su un piatto di plin, innaffiato da un bicchiere di rosso, di quelli robusti che si trovavano nelle nostre “piòle” scolpite nella nostra memoria.
Con queste due descrizioni avvincenti, Francesca Mogavero ha raccontato un viaggio attraverso la città che amiamo, scorrendo le pagine di due libri, due recenti “creature” della sua creatività e sensibilità di editrice.
Proprio lei ha scelto di rispolverare dagli archivi (il verbo è azzeccato, per l’oblio caduto su di lei) Amalia Guglielminetti, con la ripubblicazione de L’adagio della sesta sinfonia, un libretto esile nel formato, di quelli che contraddistinguono la linea editoriale di Buendìa Books, ma ricco di significati.
C’è qualcosa che unisce e lega queste due donne, una Musa del primo Novecento e una giovane editrice del terzo millennio, all’ombra della Mole? Secondo me sì, lo si può scoprire sfogliando il catalogo della casa editrice.
Buona lettura, dunque, buon viaggio attraverso Torino con questi due libri, buon compleanno a Buendìa Books.
Davvero un capolavoro letterario, questo articolo, in cui scorrono le atmosfere torinesi così lontane, così suggestive: un “biglietto di sola andata”, perché da questo viaggio, sinceramente, non si vorrebbe più ritornare…Bravissimi, Ezio Marinoni e Francesca Mogavero!!! ❤❤
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di un libro… anzi, due… forse tre – Civico20 < Liked it!
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