
La vita non va giudicata in relazione alla sua durata.
Ogni giorno noi facciamo il processo al destino: Perché quello è stato rapito quando la vita più gli sorrideva? E perché non è capitato a quell’altro? Perché si prolunga quella vecchiaia che è di peso a se stessa e agli altri?
Ora ti chiedo: ti sembra giusto che tu obbedisca alla natura o che la natura obbedisca a te?
Del resto, che importanza ha uscire più o meno da un corpo da cui si dovrà comunque venir fuori?
Non dobbiamo preoccuparci che la vita sia lunga, ma che sia piena: poiché una vita lunga dipende solo dal destino, ma dipende dalla volontà se la vita è piena.
E, se è piena è anche lunga. Si ha pienezza di vita quando l’anima ha ripreso possesso del bene che le spetta e non dipende più che da se stessa.
Che giovano a quell’uomo ottant’anni passati senza fare niente? Costui non è vissuto, ma si è attardato nella vita; né è morto tardi, ma ha impiegato molto tempo per morire.
Quell’altro è morto nel vigore delle sue forze: lui almeno, ha compiuto i suoi doveri di buon cittadino, di amico e di figlio affettuoso, non è stato manchevole sotto nessun aspetto. Se non è giunto al termine della sua età, ha avuto una vita piena.
L’altro è vissuto ottant’anni: no, ha vegetato per ottant’anni, a meno che tu non intenda che è vissuto come si dice che le piante vivono.
Ti scongiuro, caro Lucillo, facciamo in modo che la nostra vita, come ogni oggetto prezioso, valga più per il suo peso che per il suo volume. Misuriamola non secondo la durata ma secondo le opere che realizziamo.
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