L’ascolto di se stessi
Troppo spesso non ci accorgiamo dell’armonia che vive in noi e che solo a noi può apparire perché fa parte della nostra unicità, del mondo interiore a cui nessun altro può accedere.
Troppo spesso ci aspettiamo che dall’esterno arrivi la soluzione di un problema nostro, risolvibile con un’accurata introspezione.
Ricordo il momento di folgorazione avvenuto alla lettura del saggio “Guarire con i perché” di Robin Norwood, l’autrice del bestseller “Donne che amano troppo”: ammalatasi di cancro inspiegabilmente, visto che aveva una famiglia “normale” il successo come autrice era innegabile, non aveva problemi economici… eppure qualcosa non andava per il verso giusto.
Separatasi dal marito e dai figli, era andata a lavorare da una dottoressa che usava la riflessologia plantare, abbandonando ogni riferimento alla vita precedente, apparentemente di grandi soddisfazioni.
La prima domanda che la dottoressa rivolgeva al paziente era “A che cosa le serve questa malattia?”
Le risposte potevano essere le più strane, ma sempre molto vicine al nucleo della temporanea inabilità.
Aveva così scoperto l’esistenza di una motivazione profonda che spinge il nostro corpo a non godere appieno della nostra salute, quando questo accade.
La leggenda indù è una delle tante perle di saggezza che ci arrivano dall’Oriente e che ben traduce in termini poetici il concetto dell’importanza dell’ascoltare se stessi.
Il profumo
Gli indù raccontano una strana leggenda. La leggenda del capriolo delle montagne.
Tanti anni fa, c’era un capriolo che sentiva continuamente nelle narici un fragrante profumo stupendo, penetrante, dolcissimo.
Sfrecciava nella foresta e quel profumo era nell’aria, tutt’intorno a lui.
Il capriolo non riusciva a capire da dove provenisse quel profumo che tanto lo turbava.
Era come il richiamo di un flauto a cui non si può resistere.
Perciò il capriolo prese a correre di bosco in bosco alla ricerca della fonte di quello straordinario e conturbante profumo.
Quella ricerca divenne la sua ossessione. Il povero animale non badava più né a mangiare, né a bere, né a dormire, né a nient’altro. Esso non sapeva donde venisse il richiamo del profumo, ma si sentiva costretto a inseguirlo attraverso burroni, foreste e colline, finché affamato, esausto, stanco morto, andò avanti a casaccio, scivolò da una roccia e cadde ferendosi mortalmente.
Le sue ferite erano dolorose e profonde. Il capriolo si leccò il petto sanguinante e, in quel momento, scoprì la cosa più incredibile.
Il profumo, quel profumo che lo aveva sconvolto, era proprio lì, attaccato al suo corpo, nella speciale “sacca” porta muschio che hanno tutti i caprioli della sua specie.
Il povero animale respirò profondamente il profumo, ma era troppo tardi.
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Ci fa riflettere, molto interessante. Grazie Chicca.Luisella
Corriamo… corriamo e non sappiamo fermarci, mannaggia!
È una storia bellissima e struggente. Da farci riflettere ogni qualvolta perdiamo di vista noi stessi…grazie!!!
Carla
Grazie e te… magica guaritrice!
La prima domanda che la dottoressa rivolgeva al paziente era “A che cosa le serve questa malattia?”
È davvero illuminante…tutti noi , credo, in un certo qual modo ci attacchiamo ai malanni che abbiamo per sentirci meno soli…a volte questo porta all’ autodistruzione, proprio come racconta la leggenda…
Grazie mille
Roberto
Guarire con il perché è edito da Feltrinelli ed è un libro che consiglio caldamente a tutti…