Scarica in PDFUna storia d’amore e di guerra
Le storie d’amore interrotte sono quelle che rimangono leggendarie e immutate nel tempo, come nel caso di Gerda Taro e Robert Capa, i due fotografi che fino al 2 giugno si possono vedere a Torino, presso Camera, in via delle Rosine. La mostra si intitola “Robert Capa e Gerda Taro: la fotografia, l’amore e la guerra”.
Lei, nata come Gerta Pohorylle a Stoccarda nel 1910 e lui, Endre Ernő Friedmann, di Budapest, classe 1913, si conobbero a Parigi, nel Quartiere Latino, nel 1934. Erano anni complicati ma decisamente artistici, e grazie a Gerda nel 1936 partono come fotografi alla volta della Spagna, per documentare la guerra civile. S’inventano anche una storia accattivante e nomi nuovi, Endre diventa Robert Capa, un fotografo americano di successo, il cui nome ha una grande assonanza con un regista di fama del tempo, Frank Capra. Sono giovani e avventurosi, hanno tutta la vita davanti, o almeno credono. Fotografano tutto quello che vedono e le immagini vengono mandate ai giornali con il logo “Taro-Capa” e così spesso non si sa bene chi abbia fatto cosa.
Il destino è spesso beffardo e Gerda rimane uccisa il 26 luglio 1937 a Brunete, vicino a Madrid, a causa di un carro armato amico che per una manovra errata urta la camionetta dove si trovava la fotografa e possiamo solo immaginare il dolore del compagno, che rimane in Spagna e l’anno successivo stampa il libro “Death in making”, dove pubblicherà le immagini scattate da Gerda e da lui stesso. Robert diventerà famosissimo per la foto del 1936 che documenta la morte di un soldato repubblicano colpito da un franchista, opera molto discussa nei decenni successivi, poiché parrebbe che sia stata scattata in un altro luogo rispetto alla battaglia, usando una diversa macchina fotografica, che montava rullini di misura non compatibile. In ogni caso Robert, morto lui stesso nel 1954 vicino ad Hanoi a causa di una mina, mentre era in viaggio per fotografare la guerra d’Indocina, ebbe un successo senza precedenti anche per le fotografie dello sbarco in Normandia, molte delle quali andranno purtroppo perse, fu uno dei fondatori della Magnum ed è ricordato ancora oggi come uno dei più importanti fotografi al mondo.
La mostra di Camera Torino ha il pregio di esporre le fotografie dei due fotografi con una vicinanza che ricorda quella che hanno avuto in vita e che fa emergere qualche differenza, ad esempio la mano più tecnica e precisa di Gerda, che tende a mettere a fuoco alcuni particolari con un occhio forse più femminile, mentre Capa rappresenta quello che vede con l’urgenza di ritrarre l’intero campo, con tutte le sue contraddizioni, dando a volte un’impressione di “meno a fuoco”.
Come tutte le belle storie d’amore, anche in questo caso c’è stato un colpo di scena, forse creato ad hoc, non lo sappiamo, ma in ogni caso molto interessante: dal 1937 Capa affitta un piccolo negozietto in rue Froideveaux, a Parigi, che chiude nel 1939 per emigrare negli Stati Uniti, avendo capito che la situazione stata diventando troppo pericolosa.
Chiede a un amico e vicino di casa, Emile Muller, di tenere per lui i suoi beni, una macchina da scrivere, negativi ed altre cose che lo avrebbero fatto condannare immediatamente, perché ritraevano la guerra spagnola e i repubblicani. Di qui si dipana un contorto passaggio di questi materiali, fino a che, alla fine degli anni ’90, il nipote del regista Benjamin Tarver, a conoscenza del fatto che da qualche parte esistevano ancora dei negativi non stampati di Capa e Taro, riesce a trovarli ed acquistarli, dopo una lunga contrattazione, durata anni. Come erano arrivate a Città del Capo?
Le ricostruzioni sono state parecchie, ma la vicenda è indubbiamente contorta, quello che importa è però che grazie a quei negativi è stata riportata alla luce un’epoca nella quale l’avventura e la voglia di comunicare quello che difficilmente si riusciva a sapere in altro modo, affascinava la relativamente giovane arte della fotografia e in quella scatola, chiamata “valigia messicana”, le immagini di Gerda Taro e di Robert Capa hanno ripreso vita, dando la possibilità di conoscere meglio anche il lavoro della fotoreporter che con Robert aveva deciso di condividere molte cose, tra le quali la vita e l’amore.
Ulteriori informazioni su: www.camera.to
Immagine di copertina: Gerda Taro e Robert Capa al Café du Dome, Parigi, 1936 (foto Fred Stein) © International Center of PhotographyImmagini: Marino Olivieri ph e archivio
2 thoughts on “La valigia messicana di Gerda Taro e Robert Capa”
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7 Dicembre 2024
Ho visto la mostra, negli ultimi giorni di apertura; mi complimento con Katia per questa fedele e appassionata ricostruzione dell’ambiente fotografico e di una storia d’amore, vissuta fra pace e guerra, nel pieno del “secolo breve”.
Grazie mille Ezio, la vicenda di Robert e Gerda è appassionante seppur breve, degna delle grandi storie d’amore del passato.