Il melodramma è un genere che ha suscitato emozione fin da subito. Si tratta di un testo poetico musicato, ed è stato ideato a Firenze agli inizi del Millecinquecento, da un gruppo di artisti interessati al passato, che volevano a tutti i costi riproporre la tragedia greca.
Possiamo immaginare la trepidazione di quei ragazzi che s’incontrarono, in una sera primaverile, a casa del conte Giuseppe Bardi, Palazzo Bardi, in via de’ Benci.
Probabilmente pensavano di aver avuto un’idea incredibile, e agli effetti fu proprio così.
Il melodramma come lo conosciamo noi è nato però a Parigi, nei boulevard degli artisti, tra Settecento e Ottocento, quando s’iniziarono a concepire divertimenti per un pubblico molto ampio e soprattutto abbastanza colto. I temi erano gli stessi del romanzo popolare, si cercava l’emozione, la lacrima, il colpo di scena e a volte un po’ di scandalo, che serviva a interessare anche i più refrattari.
Si parlava di “consumo visivo” – che due secoli dopo sarebbe diventato la norma -, nelle sue prime battute, quando ancora faceva sensazione. Il cambiamento era in atto, e sarebbe diventato dato di fatto solo ad Ottocento inoltrato. Era il momento dei romanzi di Charles Dickens, Eugène Sue, Walter Scott, Alexandre Dumas e in Italia di Carolina Invernizio, scrittrice popolare (ma certamente la prima giallista italiana) che, sulla strada del successo, scriveva romanzi a puntate sui principali quotidiani dell’epoca.
Dal 1792 il Theatre de la Gaité, nel boulevard du Temple, era diventato uno dei principali luoghi dell’intrattenimento e nel linguaggio popolare veniva anche soprannominato “Boulevard du crime”, per gli spettacoli con assassini e storie peccaminose che vi venivano continuamente rappresentati. Si lamentavano, le persone più anziane, del cambiamento dei teatri tradizionali, di stampo alfieriano, che per tanto tempo erano rimasti immutati, sostenendo che le nuove generazioni volevano solo vedere violenza.
Ma il melodramma non guardava al passato, i personaggi cantavano arie a tutto spiano e le vicende erano divise in atti, per facilitare il cambio di scenografia, gli effetti venivano studiati a tavolino, i costumi sfarzosissimi.
Dalla fine del XVII secolo la musica era stata inserita negli intermezzi e le storie erano diventate mano a mano più quotidiane e meno auliche, spesso virate al comico, come nel caso dell’Opera buffa di qualche decennio dopo, un genere nato a Napoli ed esportato ovunque, che andava a toccare anche gli strati sociali più bassi, portando con sé un’incredibile novità: l’assenza di schemi.
I cantanti iniziarono a diventare delle star, dai castrati del ‘700 fino ai cantanti lirici e poi oltre. L’Italia era considerata la patria dell’operetta (molto simile al melodramma) e anche gli autori stranieri scrivevano le loro opere in lingua italiana. La prosa musicata era diventata di gran moda e l’Italia era in pole position anche per il numero di teatri, oltre che per la lingua. I temi variavano leggermente a seconda del luogo; nello stivale s’insisteva sull’amore per la patria e per la famiglia e si prediligevano le conclusioni infauste, con la morte dell’eroina; nel nord Europa invece amavano riprodurre le storie della mitologia nordica e del Medioevo, in Francia, con la Grand-Opéra, i temi diventavano più leggeri e divertenti.
Solo successivamente le vicende saranno più tormentate, tragiche, con ambientazioni gotiche e musiche decisamente più popolari. Il focus dell’interesse si sposterà sui compositori, amati, seguiti, imitati: Gioacchino Rossini, Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti, e poi, naturalmente, Giuseppe Verdi.
Celebre la frase “Paganini non ripete”, Nicolò Paganini, altro illustre compositore, la pronunciò al teatro Falcone rivolto al Principe di Sardegna Carlo Felice, che aveva chiesto di ripetere un brano. L’episodio causò al compositore il blocco della tournée, che non sminuì il suo successo, talmente vasto da far mormorare che avesse fatto un patto con il diavolo per ottenerlo.
Il melodramma è stato uno degli elementi fondamentali nella costruzione dell’identità italiana, contribuendo ad innalzare la cultura anche degli strati più bassi della popolazione e anche se oggi la percentuale di coloro che ascoltano questo genere musicale è piuttosto bassa, le vicende dei personaggi che si sono alternati nelle opere e i compositori che le hanno musicate, sono di primaria importanza e ancora molto amati.
Fotografie di Marino Olivieri e archivio
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