Ho conosciuto Giovanni Cobolli Gigli nel 1988 a Milano, quando muovevo i primi passi in ambito letterario e lui era direttore generale del Gruppo Editoriale Fabbri Bompiani Sonzogno Etas. Avevamo idee diverse sulla pubblicazione della narrativa e ancora oggi sorrido pensando alla presunzione di una giovane scrittrice che affronta il mamma-santissimo della economia e finanza editoriale. Ci siamo ritrovati molti anni dopo, quando come presidente della Juventus frequentava il circolo Subalpino e, con quasi tenerezza, mi invitava alle partite domenicali.
È un uomo dal poderoso curriculum, combattivo quel tanto che basta per deprecare l’arrivo del partito pentastellato e dichiararlo pubblicamente da subito.
Ha una moglie, una figlia e una cagnetta tra cui divide il suo amore senza per altro dichiararne le percentuali.
Nel 2018 si è ritirato a vita privata.
QUALI SONO LE CARATTERISTICHE PER RICOPRIRE CARICHE AD ALTO LIVELLO IN SETTORI DIFFERENTI.
È necessaria una certa predisposizione, capacità di ascoltare, umiltà, flessibilità ma anche un carattere deciso nel seguire e difendere i progetti e rapida capacità di cambiare quando si intuisce di aver imboccato una via sbagliata… e poi e poi e poi…
Di sicuro è necessario avere dei capi e dei colleghi di valore che ti seguano, ti indirizzino, ti correggano, ti stimolino anche con il loro esempio. A volte è sufficiente guardarli, ascoltarli, vedere come agiscono e reagiscono, come affrontano le difficoltà. In un certo senso bisogna copiare, osservare e prendere spunto dal loro esempio.
Peraltro nella vita professionale ci sono colleghi anche non di livello, incapaci, ma tenaci nel difendere le loro posizioni nell’abbiamo sempre fatto così; a volte non fedeli e persino subdoli. Ci sono, ce ne sono tanti e più si cresce in una posizione di vertice aziendale più bisogna fare attenzione a chi ti circonda; in ogni caso si rimane sempre più soli nel dover prendere una decisione sapendo che se ne verrà un successo sarà, com’è giusto, merito di tutti, ma se ci sarà un insuccesso sarà solo colpa tua e tutti o quasi prenderanno le distanze.
C’ERA UNA VOLTA TORINO…
Sono nato “professionalmente” in una Torino sabauda degli anni Settanta e ho avuto grandi, grandissimi “maestri” e anche colleghi capaci e fedeli.
In primo luogo Gianluigi Gabetti che è stato per tutta la mia vita professionale, maestro severo, esigente, giusto ma talvolta indulgente. Comunicava in gran parte con lo sguardo e poche ma chiare parole. Guida e amico sincero.
Ha capito e condiviso la mia scelta di lasciare il Gruppo Fabbri, dopo il riequilibrio economico e finanziario, per assumere la responsabilità come A.D. di Mondadori e consigliere Fininvest.
Ha poi accolto con piacere il mio ritorno nel Gruppo Rinascente, anche se in quella fase il mio riferimento era Gabriele Galateri.
Ha avuto l’idea, su suggerimento di Sergio Marchionne, di propormi a John Elkann quale presidente di Juventus e ha continuato a essermi vicino, quale “amico saggio” nella successiva esperienza di lobbista-presidente di Federdistribuzione. È scomparso nel 2019 lasciando un libro di memorie, dedicato ai nipoti, scritto con la classe, chiarezza e pacatezza ricordandomi come “Giovanni Cobolli Gigli, ordinato e tenace, tifoso sfegatato della Juventus e grande amico di cui ci si può fidare”.
Ricordo Giovanni Nasi cortese e di gran classe che coordinava in IFI il ramo di famiglia.
E poi Alberto Vitale, Mario Garraffo, Bartolo Bertinotti ed Enrico Piantà dall’acutezza di pensiero e visione uniche.
Franzo Grande Stevens sempre presente nelle decisioni importanti dell’IFI e non solo; in una fase successiva mio presidente al Gruppo Rinascente, raffinato giurista, di grande responsabilità anche operativa e grande senso del dovere. Mi ha seguito e appoggiato, non solo come A.D. di Rinascente, ma anche in una complicata situazione affidando la mia difesa all’avvocato Alessandro Pedersoli, uno dei più importanti civilisti dell’ultimo secolo, durante una vicenda processuale conclusasi con la completa assoluzione.
E, nello stile vecchio Piemonte, l’avvocato Cesare Zaccone, che assunse l’incarico della difesa della Juventus nel processo sportivo di Calciopoli, uomo di grande intelligenza e grandissima professionalità.
I consiglieri “indipendenti” Marzio Saa, Camillo Venesio e Riccardo Montanaro sono stati compagni seri e rigorosi nel rispetto delle regole di una società quotata in borsa, come anche Michele Bergero; per la navigazione nel mare “tumultuoso” della Lega Calcio, l’avvocato Michele Briamonte, è stato fondamentale.
Tanti nomi di persone illustri che mi hanno aiutato e permesso di avere le caratteristiche per dirigere e passare a realtà operative diverse.
TORINO SABAUDA, DOVE IL CONCETTO DI “REGNANTE” ERA ANCORA VIVO…
Giusto, e in effetti il quadro si deve completare con due persone con cui ho avuto la fortuna di avere rapporti, gradualmente più intensi, imparando a gestirmi a essere chiaro efficace e sintetico nell’esprimermi e nel rappresentare le realtà sotto la mia responsabilità: l’Avvocato ed il Dottor Agnelli.
Nei rapporti con l’Avvocato non si poteva essere banali arrivando in modo chiaro e sintetico al nocciolo del tema che si esponeva, in modo da guadagnare la sua attenzione.
Il Dottore era più uomo di business, operativo con approccio pragmatico e analitico, volontà di vivere una vita il più possibile normale, che comunicava a chi gli era vicino la logica del low profile. Gestiva un gruppo di collaboratori che avevano la sua fiducia ma potevano anche essere messi in discussione e sostituiti se giudicati “non più in grado”.
Ricordo bene il viaggio in India: Gabetti mi aveva incaricato di accompagnare il Dottore, ospiti della Confindustria indiana nel 1981. Abbiamo passato tre settimane incontrando decine e decine di aziende, autorità e personalità. Esperienza piacevole, nonostante lunghe ore di attesa di aerei, sempre più in ritardo, in aeroporti fatiscenti, assaliti da mosquitos voraci, difendendoci reciprocamente dagli attacchi e chiacchierando in una atmosfera particolare. Si creò un rapporto che rimase anche finite le tre settimane seppur con maggior formalità. Fu proprio su sua espressa richiesta che fui chiamato quale amministratore delegato del Gruppo Rinascente.
LA SUA MILITANZA NEL WAHALLA DELL’EDITORIA…
Wahalla? Il trio dell’Adelphi, Luciano Foà, Roberto Calasso e Alberto Zevi. Facevo parte del consiglio Adelphi ai tempi della Fabbri che era socia al 49%. Ero stato scelto – e “omologato” dai tre – quale elemento di composizione e sintesi conclusiva sui punti di dissenso che emergevano nelle riunioni di consiglio.
Quando lasciai il consiglio Adelphi per Mondadori, ricevetti a ricordo una raccolta di pensieri di Bob Balzen (il guru), fogli rilegati con una copertina e fuori commercio. Accompagnava il dono un biglietto…”al caro Giovanni a cui Adelphi deve tanta riconoscenza…” Luciano Foà e Roberto Calasso (Zevi nel frattempo era deceduto). Piacevole anche l’apprezzamento di Fedele Confalonieri che mi accolse in Mondadori quale A.D. e consigliere Fininvest: è stato riferimento autorevole, concreto e attento pronto ad ascoltarmi nonché a supportarmi da alcune ingerenze.
Non ha gradito la mia decisione, presa a malincuore, di lasciare Mondadori per tornare al gruppo di appartenenza quale A.D. del Gruppo Rinascente:”Ué Cobolli vorrà mica lasciare i libri per andare a vendere mutande e magliette?”
CI FURONO MOMENTI DIFFICILI?
Certamente! Il Gruppo Fabbri, azienda risanata, venne ceduto da IFI-IFIL a RCS Editori nel 1990 per la cifra di 300 miliardi di lire. Io rimasi amministratore delegato della Società Fabbri-Rizzoli libri sino a settembre 1993. Nel 1995 gli azionisti di RCS Editori decisero un’azione di responsabilità nei confronti del sottoscritto, in qualità di cedente di Fabbri alla Rizzoli e di Giorgio Fattori in qualità di acquirente come capogruppo RCS. La società controllante di RCS Editori era Gemina (presidente Cesare Romiti). Il presupposto dell’azione era una presunta “falla” nel settore delle vendite rateali di enciclopedie.
Processo patrocinato con successo dall’avvocato Pedersoli che però mi lasciò l’amaro in bocca, anche perché svilito dall’aver modificato in falso una dichiarazione di Ben Cuneo che certificava la correttezza della gestione: amaro lenito parzialmente dalle parole dell’Avvocato che con una lettera testimoniava quanto è sempre stato certo della totale infondatezza delle accuse.
E RECUPERARE LA JUVENTUS DAL DISASTRO?
L’ambiente era sconcertato e scosso anche da un “infortunio” che aveva coinvolto un importante ex giocatore a fine carriera. Le accuse erano pesantissime e lasciavano molti dubbi. Fondamentali furono la presenza, quale avvocato difensore, di Cesare Zaccone e un consiglio di amministrazione costituito ex novo con amministratori indipendenti preparati; un A.D. Jean Claude Blanc, catapultato dalla Francia in Italia; la serietà del direttore amministrativo Michele Bergero; l’appoggio consulenziale dell’avvocato Michele Briamonte e l’assistenza nel settore “comunicazione” di Giuseppe Gattino. Questa squadra riuscì ad arrivare a una conclusione del giudizio sportivo con una penalizzazione di 9 punti dai 30 iniziali e una retrocessione in serie B: solo l’eloquenza di Cesare Zaccone ci evitò la retrocessione in serie C.
Il ritorno in seria A fu immediato e nei due anni successivi la Juventus guadagnò il terzo e il secondo posto e partecipò a due Champions League. Per gestire tutto questo Blanc e io fummo costretti a operare grandi sacrifici, cedendo giocatori importanti e grandi campioni ma rimanendo con una squadra competitiva non solo con i grandi Del Piero e Buffon.
Tutto questo con una struttura di governo societario non sempre del tutto collaborativa, attenta più a chi comandava o avrebbe comandato in futuro nella società, piuttosto che a operare con sincero entusiasmo e nel rispetto delle regole. I “collaboratori fedeli” si mimetizzano spesso.
Ho lasciato la Juventus a novembre 2009 per far posto ad Andrea Agnelli. Giusto! La presidenza di Blanc è stata solo temporanea.
Penso di avere fatto il mio dovere. Me l’hanno testimoniato una lunga serie di attestati di apprezzamento al momento dell’addio e testate sportive che ancora mi interpellano.
CIRCOLA LA VOCE LAPO PRESIDENTE
La Juventus ha già un presidente. Ultimo in famiglia a portare il cognome Agnelli. A mio avviso deve essere presidiato da collaboratori di livello; forse rivedere alcune sue posizioni e nel gestire con maggior rigore una società “quotata in borsa”. Lapo Elkann è uomo brillante con idee innovative e molto apprezzato dai tifosi. Pur non essendo affari che mi riguardano, la mia opinione è che potrebbe aiutare la Juventus, con il suo spirito ed entusiasmo, entrando nel Consiglio con la carica di vice presidente.
IL FUTURO DEI GIOVANI E L’ARROGANZA BABY GANGS
Sono reduce da una riunione nella sala dei 500 al Lingotto, organizzata da Fondazione Agnelli e De Sono. La Fondazione, capitanata da Andrea Gavosto, ha programmato un ciclo di lezioni su come imparare ad apprezzare la musica, che avrà durata poliennale. Quella di Torino rappresentava un test (davvero ben riuscito) per poi proseguire in giro per l’Italia: lezioni rivolte ai giovani, studentesse e studenti delle scuole superiori.
Il corso porta il nome di Gianluigi Gabetti che tanto ha fatto come uomo d’azienda e tanto ha amato la musica.
Uno spettacolo davvero piacevole, nella sala giovani composti, intelligenti, ironici reattivi ed educati ben sollecitati da una regia di spettacolo di grande livello.
Questi giovani avranno di sicuro un futuro, sapranno posizionarsi e diventeranno adulti nel vero senso della parola.
Ma tutti gli altri? O quantomeno la maggior parte?
Quelli che non hanno potuto avere una educazione da famiglie che si disgregano, da scuole che non hanno più capacità e volontà di insegnare, da un sistema di comunicazione composto da media che cercano la sopravvivenza, con spettacoli di amorazzi tra veline e tronisti: sono vittime di un sistema in rapida involuzione, sempre più rapida nel corso degli ultimi 40 anni.
Non posso nascondere la mia preoccupazione sul futuro dei giovani, in generale, non solo italiani.
Ovviamente non posso fornire ricette o soluzioni; certo è difficile poter contare sul mondo della politica e su rappresentanti sempre più attenti a conservare “la poltrona” senza indicare soluzioni rigorose di “reazione”.
Il fenomeno delle baby gangs ne è la naturale conseguenza. Mancanza di una sana aggregazione, punta crescente di un iceberg di assenza di educazione.