
Una rapida successione di stati emotivi e di pensieri…
Cosa passa nella testa di un pilota quando si spengono i semafori?
La guida di una monoposto non è di certo come quella di una vettura di tutti i giorni, fatta di automatismi che lasciano spazio ai pensieri personali, pur se si presta attenzione alla segnaletica…o al telefonino, che ti impedisce di registrare quello che vedi strada facendo
Sarebbe bello che fosse così anche per un pilota, in modo da poter pensare solo alla gara, invece ogni azione che compie un pilota richiede un preciso ragionamento e una scelta tempestiva: dov’è il punto di frenata, quale intensità in kg bisogna porre sul pedale, dove sterzare per andare a corda, qual è la traiettoria giusta, dove riaccelerare, dove si trova l’avversario dietro di te, come prendere la scia di quello davanti a te, un occhio al contagiri, uno alle temperature. Intanto sei già a trecento Km/h. e ti stai preparando alla prossima curva.
Per prendere ogni decisione si hanno a disposizione pochi centesimi di secondo: se stai andando a 300 Km all’ora, tutto deve andare 300, i tuoi riflessi, le tue decisioni, la tua vista davanti e dietro (specchietti) e da quando decidi l’azione da compiere devi tener conto anche dei ritardi di esecuzione della manovra. Per fare un esempio: quando la tua mente decide di sterzare in una determinata curva veloce, devi calcolare il fatto che poi l’azione di sterzata vera e propria che segue avviene con un ritardo di alcuni millesimi infatti quando sei a trecento la macchina non esegue immediatamente la tua azione: a Le Mans, come ricordo, dopo il rettilineo per affrontare il curvone bisogna sterzare circa 80 metri prima!
La causa di questo ritardo, (o anticipo da parte del pilota) è dovuto all’inerzia, infatti un corpo lanciato a quella velocità non può deviare istantaneamente la sua traiettoria rettilinea. Ultimamente grazie al carico che generano le ali, e la spalla delle gomme ribassate che assicura una maggior precisione, questi ritardi si sentono meno, ma non di tanto: le leggi della fisica non si possono vincere.
Ogni manovra che il pilota compie deve essere pensata, nulla è lasciato al caso, ecco il turbinio di pensieri: sono in rettilineo, frenatona a 90 metri e pigio sul freno con circa 150 Kg di pressione sul pedale, devo ritardare l’inserimento, ma non troppo, altrimenti non riesco ad andare al punto di corda che è determinante per riallineare il volante e poter riaccelerare al più presto per l’allungo, in cui svilupperò tutte le marce. Sono nuovamente in rettilineo devo adattare la frenata della prossima curva e spostare il ripartitore di frenata agendo sul regolatore del volante per quella determinata curva che magari è più scivolosa di altre
Ovviamente ad ogni giro si cerca di migliorare, in gara non tanto per il tempo sul giro, ma per risparmiare stress alle gomme. Mentre te ne stai con i battiti cardiaci che oscillano da 120 a 180 a seconda del momento, quando tutto va bene, devi pensare agli avversari che cercano di infilarti a destra o a sinistra o indurti in errore. Non c’è nulla di peggio che vedere un tuo avversario che ti punta da tutte le parti, con finte traiettorie di qua e di la per indurti a commettere un piccolo sbaglio e poi sorpassarti. Ci vuole una certa freddezza a non sbagliare mentre stai guidando sempre alla velocità massima possibile cercando di non oltrepassare il limite, non è questione di coraggio ma di consapevolezza di quello che puoi o non puoi osare. I piloti più bravi e più esperti non avrebbero quasi bisogno del cronometro per sapere se il giro è migliorato, infatti basta ricordare a quanti giri di motore sei uscito da una determinata curva il giro precedente; il contagiri non mente: se sono riuscito ad uscire da quella curva in terza marcia con 200 giri di motore in più, li avrò anche in quarta, in quinta, in sesta ecc. Il problema è che non è facile migliorarsi in tutte le curve, infatti quando ti accorgi che stai andando bene la foga ti può tradire: basta arrivare un pelino lungo in una curva che non puoi riaccelerare subito e perdi decimi o centesimi preziosi; Insomma mettere insieme il giro perfetto richiede una freddezza ed una concentrazione massima, un giro senza sbavature alla ricerca del centesimo della perfezione in ogni curva, in ogni staccata e in ogni accelerata calibrata.
Tutto questo per tutti i giri e per quasi due ore con il cuore a 180 battiti al minuto, pur essendo seduto nell’abitacolo: non stai correndo come in una partita di calcio, ma i battiti aumentano grazie all’adrenalina dovuta alla tua tensione e concentrazione. Inoltre il caldo diventa insopportabile, hai la testa che si è gonfiata e il casco sembra che si sia ristretto grazie proprio alla concentrazione.
Ricordo che durante una gara al Nurburgring in Formula 2 un professore che voleva valutare l’intossicazione del sangue dopo uno sforzo, fece un prelievo a me ad Hans Stuck e a Jaques Laffite 10 minuti prima della partenza per confrontarlo dopo lo sforzo della gara con un altro prelievo. Contemporaneamente applicò sul nostro petto un apparecchio per misurare i battiti cardiaci. Dopo la gara ci recammo dal medico per vedere i risultati, che arrivarono due ore dopo, ma potemmo vedere quasi subito il risultato parziale, cioè i battiti del cuore. Incredibile: confrontando i tre diagrammi potemmo notare come durante il percorso ci fossero delle analogie di precisione impensabile: 5 minuti prima del via, dunque già nell’abitacolo, durante il giro di lancio i battiti erano circa 100 (io ho 64/66 battiti a riposo) quando scatta il via da semaforo i battiti salgono a 120 immediatamente, e restano tali sul rettilineo di partenza, alla prima staccata si verifica un immediato incremento fino a 180 battiti! Insomma si poteva seguire il percorso in base ai battiti con le punte più acute nelle curve più impegnative, e relativi rallentamenti sui rettilinei. I 3 grafici erano perfettamente identici, dunque i battiti oscillano sempre da 120 a 180 per tutta la gara (durante un testa coda o errore grave i battiti arrivavano a 200 al minuto!)
Il tuo compagno di Team può essere il tuo avversario principale in quanto ha la tua stessa macchina e dunque il valore assoluto è dato solamente dalla guida e non dal mezzo più o meno performante; potrebbero esserci degli ordini di scuderia a tuo sfavore o favore, ma fa parte dell’abilità del pilota guadagnarsi il grado di capitano.
Alla fine della gara, sia essa andata bene o male, si è veramente tutti esausti, alcuni hanno il broncio altri il sorriso, ma credo che tutti si divertano, ognuno a cercare di dare il meglio di se stessi aspettando la pacca sulla spalla del proprio team manager.
Dall’immagine della TV, stando fermi in poltrona, con l’effetto schiacciato dai teleobbiettivi, sembra tutto facile, senti i commenti degli appassionati al bar, o dei tuoi amici, o dei giornalisti che dicono la loro opinione e spesso sparano la loro critica, era meglio così o cosà…… ma dentro all’abitacolo non è così facile, hai solo pochi centesimi di secondo per decidere e per agire… Provare per credere!
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Bell’articolo,sembra scritto da un giornalista professionista… interessante il punto di vista di un ex pilota… bellissimo!!!
Eccellenti considerazioni di un pilota di F2 che fanno veramente comprendere la complessità fisica e mentale nel guidare un bolide lanciato a 300 all’ora in gara.
Un articolo da conservare e da rileggere di tanto in tanto.
Roberto Favero
Bravissimo Duilio !!!
Well done
Complimenti Duilio per l’interessante articolo molto circostanziato sulle sensazioni e azioni del pilota.
Bravo Duilio! Un bellissimo articolo scritto con passione e competenza ! Bravo!