Ho conosciuto Alessandro Meluzzi quando, giovane assistente del professor Luigi Ravizza, rappresentava il nuovo che avanzava, sotto lo sguardo preoccupato dei vari baroni dell’Ateneo torinese, dai professori Giorgio Cavallo a Umberto Dianzani, a Franco Di Carlo a Guido Filogamo a Beppe Zina.
Era sicuramente un fuoriclasse, indomabile e inquietante per chiunque non riuscisse ad accogliere la sua anima infuocata e cercasse di incanalare l’esuberanza animica entro schemi socialmente accettabili. Ricordo il commento del suo capo quando, da un viaggio in Perù era tornato sposato, con una splendida donna: “È da lui, vediamo quanto dura”. Invece è durata tra alti e bassi, come per ognuno di noi dai matrimoni longevi, fino al febbraio di due anni fa, quanto lei ha lasciato il corpo ed è tornata a esistere come coscienza. Lui ha assorbito il colpo, ma ha rincominciato a vivere come si conviene a un uomo che non vive solo per se stesso, ma che ha il compito di indicare il cammino a chi ne comprende il valore.
È stato in quel periodo che l’ho intervistato più volte, sempre disponibile nonostante la fatica di accompagnare la sposa all’Oltre: non lo sapevo e oggi ne sono ancora più ammirata. Nonostante ci sia stato un lungo periodo in cui non ci siamo frequentati, ho sempre seguito da lontano le sue mille imprese, a volte sorridendo, a volte perplessa, ma sempre riconoscendone la forza intellettuale dell’uomo libero. Ho avuto bisogno di lui e quando ha preso in cura mio marito i risultati si sono visti: dalle sessioni in cui la musica 432 Hz favorivano il rilassamento e la predisposizione a contattare la causa del suo malessere profondo alla allegria di scambi tra uomo e uomo con un’arguzia unica e guaritrice. L’ultima volta che è venuto a cena è stato il lunedì prima di quell’orribile 2 dicembre in cui l’emorragia cerebrale lo ha reso inavvicinabile. Non era felice al suo arrivo: mi aveva confessato una lite familiare e questo lo aveva turbato molto. La cena, una polentata con quattordici amici aveva però ristabilito il suo buon umore e conoscere la sua compagna era stato per me motivo di gioia: non era di quelli che decidono di non voler più vivere, perché la vita di ognuno di noi è sacra e va portata al termine attraverso tutte le possibilità che abbiamo.
Quell’orribile 2 dicembre ha portato via a ognuno di noi qualcosa: a lui la salute, a chi lo ha amato un sentimento profondo, perché era quanto suscitava in chiunque incontrasse… non passava inosservato, o lo si amava o lo si detestava. Sparito dai luoghi che frequentava con una presenza gigantesca, ha lasciato gli amici orfani, interdetti dalle poche notizie che sono trapelate in questi undici mesi dai pochissimi ammessi alla sua presenza, oltretutto reticenti, preoccupati delle reazioni della famiglia, l’unica “avente diritto”. Sì, da un punto di vista legale potrebbe averne il diritto, ma da un punto di vista umano mi permetto di dissentire: siamo sicuri che ad Alessandro non farebbe piacere avere dei contatti con il suo vecchio mondo quello dove è stato amato e dove ha aiutato tanti di noi? Il crollo emotivo di molte persone (e ne conosco alcune) è stato determinato da questo silenzio disumano, un silenzio che nuoce in primo luogo ad Alessandro stesso, un uomo che aveva alle spalle una storia familiare molto particolare. Non da molto era avvenuto l’incontro con un vecchio amico di famiglia, dai tratti somatici similissimi ai suoi, che aveva sciolto ufficialmente molti dubbi sulla sua nascita, anche se lui stesso mi aveva confessato si fosse sempre trattato del segreto di Pulcinella.
Infine. Siamo in molti che vorremmo sentire la sua voce, poter andare a trovarlo nella sua casa, un luogo davvero magico: molti rispettosi della sua privacy qualora lui ci faccia sapere con parole veramente sue il desiderio di non essere disturbato.
Ho sempre seguito il dottor Meluzzi, lui con il suo timbro di voce inconfondibile. Ho avuto il piacere di conoscerlo due anni fa e di stringerle la mano. Lui per me è un gigante che avrebbe sconfitto tutti i cattivi. Penso che manchi a molti e poi non capisco perché la sua famiglia gli stia facendo il vuoto intorno. Non è giusto e Lui non se lo merita.
Mi auguro che i suoi familiari vengano illuminati e concedano delle visite agli amici.
Caro, carissimo Alessandro , uomo eclettico e trascinatore. Lo conosco dal liceo classico Era il primo della classe , il professor Verlengia di italiano lo portava sul palmo della mano. La sua dialettica era unica, 10 di tema ! Mai visto!
Voglio ricordalo in un incontro magico mentre camminavo nei boschi adiacenti alla sacra di San Michele , spuntato dal nulla …
Avevo 17 anni…
Ho ricordi intensi con lui, possibili solo con un uomo così accesso nel suo fuoco di corpo, anima e spirito. Lo penso tanto , mi collego a lui mandandogli Amore e Luce , nella fiducia che possa fare la sua strada di crescita , sempre e comunque. E grazie per tutto ciò che ha fatto per noi tutti .
Grazie Chicca per questo tuo pensiero per lui.
Carissima Chicca, essendo stato uno dei quattordici fortunati commensali che hanno partecipato alla storica “Polentata”, che hai organizzato per condividere una magnifica serata in compagnia di Alessandro Meluzzi, desidero confermare che l’Ospite ha donato a tutti una tangibile quantità di energia positiva. Il suo carisma, i modi semplici e diretti con i quali espresse, durante quella memorabile occasione, idee originali e al di fuori di ogni schema convenzionale resteranno nel cuore di tutti. Il suo sorriso, la sua inconfondibile voce e le carezze del suo sguardo resteranno impresse nella nostra Anima. Non avere più notizie del suo stato di salute o notizie del suo umore è un dolore che si aggiunge al dolore. Chi ha avuto la fortuna e l’onore di conoscerlo sa perfettamente di cosa sto parlando. Grazie Chicca per quello che stai facendo.