Seguono le successive parti il 22 – 23 – 24 c.m.
Silvia: Quindi, Ucraina occidentale alla Polonia. E per quanto riguarda il resto dell’Ucraina?
Oleh: L’Ucraina orientale è considerata la vera patria di coloro che si chiamano Ashkenazim, cioè coloro che, definendosi ebrei, ma non realmente essendolo, almeno dal punto di vista genetico, vogliono il possesso totale di ciò che considerano il loro vero e proprio territorio di origine. Come in effetti, lo stesso presidente ucraino Vololodymyr Zelensky ha affermato in una sua conferenza stampa. Egli ha sostenuto chiaramente che l’Ucraina diventerà la nuova Israele. Essendo egli stesso ashkenazim, sa perfettamente ciò che dice. E, in effetti, in questo contesto, ha senso il rilascio d’ufficio di documenti per l’espatrio agli israeliani così come il dare rifugio a israeliani in fuga dal loro Paese. Il che, certamente, sembra un controsenso. Come è possibile che della gente, in fuga da un Paese in guerra, ovvero Israele e la striscia di Gaza, fugga verso un altro Paese in guerra, ovvero l’Ucraina? E senza alcun timore? L’unica risposta sensata si trova proprio nell’affermazione di Zelensky. Ucraina nuova Israele.
Volodymyr Zelensky docet, come avevo infatti già io stessa affermato nell’articolo di Civico20News uscito il 2 dicembre 2023, in cui avevo accennato a una quarta aliyah, ovvero una quarta migrazione degli Ashkenazim da Israele verso l’Ucraina.
Silvia: Oleh, mi puoi parlare del tuo Paese? Com’era e com’è? Come hai vissuto lì?
Oleh: Io sono laureato in chimica e nel mio Paese avevo una buona posizione sociale ed economica, ovviamente rapportata alle condizioni generali della nazione. Lavoravo come responsabile in una azienda di serramenti, porte e infissi. Prima della guerra del 2022 era un vivere normale, ma con delle difficoltà evidenti, perché, purtroppo, l’Ucraina è stata lentamente portata alla morte. La guerra non è che la classica ciliegina sulla torta. Ciò che intendo dire, è che vi era in corso da tantissimi anni una crisi diffusa, un malessere serpeggiante tra tutta la popolazione. Dal punto di vista economico, l’Ucraina è stato un Paese in cui non si è mai investito. O meglio, mai più investito. Ogni singolo impianto, soprattutto di carattere industriale, era nato con l’Unione Sovietica, e messo a punto e aggiornato finché l’Ucraina ne faceva parte. Con la dissoluzione dell’URSS e la dichiarata indipendenza dell’Ucraina, detti impianti sono stati fatti decadere, non si è mai investito sugli ammodernamenti e sul potenziamento di ciò che era già presente e non si è mai neanche speso un solo centesimo per la formazione del personale aziendale. Non per carenza di soldi, in quanto le aziende hanno sempre lavorato, prodotto e venduto, bensì perché ogni singola entrata, ogni singolo guadagno invece che essere reimmesso nella produzione e investito, è stato destinato altrove. Si è trattato di denaro fluito direttamente nelle casse degli oligarchi ucraini i quali hanno pensato esclusivamente a loro stessi e a compiacere il sistema occidentale. Tanto di questo denaro che avrebbe potuto essere reinvestito in Ucraina e aiutare a sollevare le sorti del Paese è invece poi molto spesso fuggito all’estero, proprio attraverso gli oligarchi ucraini. Di conseguenza, anche il nostro sistema economico è sempre stato continuamente in perdita. La nostra moneta non vale niente. Uno stipendio “normale” può arrivare al massimo a Eur 170,00 appena. Mia mamma, per esempio, è pensionata e percepisce mensilmente Eur 70,00. Non è per niente commisurato al nostro tenore di vita. Certamente, in Ucraina costa meno vivere rispetto ad altri Paesi, ma si è andati ben oltre la soglia di sopravvivenza.
Silvia: Oleh, hai menzionato l’Unione Sovietica. Quanto ancora essa è ancora presente in Ucraina?
Oleh: È presente in tutto. Proprio perché tutto era stato creato in un contesto sovietico e, come detto, il Paese viveva di ciò che erano gli investimenti già fatti a loro tempo, che erano, per l’appunto, sovietici. Di ucraino, purtroppo, molto francamente parlando, non esiste assolutamente niente. Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, per noi è come se il tempo si fosse improvvisamente fermato al momento in cui iniziò il nostro processo di indipendenza, quel lontanissimo 24 agosto 1991, in cui tutto cambiò. In peggio. Certamente, allora ero un ragazzino e forse non avevo ancora strumenti sufficienti per capire. Ricordo l’entusiasmo della gente per questo importantissimo cambiamento.
Silvia: Tale entusiasmo è stato poi adeguatamente ricompensato?
Oleh: Visti gli sviluppi, devo dire proprio di no. Tutto ciò che è accaduto dopo non si è rivelato salutare per l’Ucraina. I successori del primo presidente ucraino, Leonid Kravčuk, eletto giusto nel 1991, non si sono mai distinti per chiarezza di intenti verso il loro Paese, nel quale hanno quindi regnato il marasma e la confusione più totali. Oltre, naturalmente a continuare a favorire il depauperamento delle risorse territoriali, imprenditoriali e economico-finanziarie grazie all’azione onnipresente degli oligarchi ucraini, i quali non sono mai stati avversati dal governo, ma sostenuti. Anzi, in varie occasioni, la politica si è mescolata con il loro mondo. Alcuni politici sono essi stessi oligarchi.
Silvia: Oleh, che cosa può essere andato storto? Come si è potuti arrivare a questo punto?
Oleh: In realtà, sono andate storte un sacco di cose, ma per farti capire e fare capire ai lettori, è necessario andare indietro nel tempo. La guerra che stiamo vivendo oggi è naturalmente un riflesso, grave, di ciò che è stato ieri, altrettanto grave. O forse anche di più. Perché tutti dicono di voler aiutare l’Ucraina e gli ucraini, ma in realtà noi siamo stati strumentalizzati in funzione anti-russa. Veniamo strumentalizzati ogni giorno della nostra vita. Lo siamo stati anche in passato. Quindi, io non penso proprio che questo significhi un reale e disinteressato spirito umanitario nei nostri confronti. Noi, ogni giorno, siamo vittime non solo dei bombardamenti, ma della propaganda. E questo non è aiuto. È speculazione. È viltà. È falsità. È mostruosità. Da moltissimi anni, non solo da adesso.
Silvia: Bene, allora parliamo del passato.
Oleh: Come dire, cambiano le epoche, ma gli attori sono sempre gli stessi. Non so se la gente sappia, per esempio, che il mio Paese, l’Ucraina, ha ceduto la propria sovranità proprio in quel 1991, osannato come l’anno della libertà. Esiste un accordo firmato dal primo Presidente ucraino che venne eletto allora, Kravčuk, e controfirmato dall’ex-Presidente statunitense George W. Bush per cui l’Ucraina ha scelto il suo disarmo nucleare in cambio di protezione e promesse di sicurezza e benessere da parte degli Stati Uniti. E, naturalmente, in cambio di soldi, versati dal governo americano nelle casse ucraine, diciamo, per risollevare il Paese. In Ucraina però noi non ci siamo accorti dell’arrivo di questo famoso denaro. Non abbiamo visto in che modo sia stato reimpiegato. La prova si trova proprio nel fatto che l’Ucraina è andata in bancarotta invece che rialzarsi. Forse, è più appropriato pensare, vista la situazione di allora, come la attuale, che questi soldi siano serviti per finanziare progetti politici legati all’oligarchia. Pertanto, l’Ucraina da sovietica è diventata americana già a partire dal 1991. Da allora vi è un piano di smantellamento in atto di tutto ciò che è sovietico, aziende comprese, e, quindi, di ciò che è russo. Io stesso ne ho visto moltissime chiudere, e non solo per pura questione economica.
Mentalmente rivolgo uno sguardo all’anno 1991. E allora ricordo che l’opinione pubblica mondiale non avrebbe potuto realmente rendersi conto di quanto stava avvenendo. Troppi entusiasmi facili per la neonata Ucraina, il quasi recente crollo del muro di Berlino, ma anche troppi riflettori puntati in Medioriente. La Prima Guerra del Golfo era in atto. Tutti stavano in realtà guardando già quel film. E di nuovo, quel focolaio mediorientale, ai giorni nostri, si è riacceso, contemporaneamente al conflitto russo-ucraino. Decisamente curioso.
Silvia: E la vostra libertà, la vostra indipendenza, che fine hanno fatto?
Oleh: La risposta si trova in ciò che ho detto prima. Gli Stati Uniti ci hanno, come detto, versato dei soldi, molti soldi, ma si sa che tutto ha un prezzo. In questo caso, la nostra libertà, o se preferisci, indipendenza. Ci avevano detto che con quei soldi avremmo affermato la nostra sovranità rispetto alla Russia. Avevano ragione. Il patto è stato più che rispettato: addio Russia. In cambio abbiamo ceduto libertà, indipendenza e sovranità agli Stati Uniti.