Seguono le successive parti nei giorni 21 – 22 – 23 – 24 c.m.
Un giorno di molti anni fa, entrando in una biblioteca vidi la pubblicità di un corso di psico-genealogia e ne fui immediatamente colpita. Così mi prenotai mandando il modulo di iscrizione online come richiesto.
Il giorno in cui mi presentai per prendere parte al corso, successe un fatto veramente incredibile. Venni ricevuta da una signora la quale mi guardò in modo accigliato, dicendomi: “Ah, così è lei!”. E io veramente non capii a cosa si stesse riferendo. Ed ella continuò: “Perché mi ha inoltrato il modulo di iscrizione in alfabeto cirillico?”.
Ed io continuavo a non avere idea di cosa stesse parlando, perché il modulo era stato inviato, ovviamente, in italiano e con l’alfabeto latino. La guardai in modo interrogativo, e la donna proseguì: “Lei è forse russa o di origine russa?”. Io le risposi: “Guardi, non capisco perché mi stia chiedendo questo, comunque, è vero che ho a che fare con la Russia, perché il ramo materno della mia famiglia è parzialmente russo e bielorusso. Tuttavia, le assicuro che il modulo è stato mandato in italiano e con caratteri latini.”.
La donna, insistendo a guardarmi in modo inquisitorio, mi mostrò allora la stampa del suddetto modulo e, in effetti, era scritto con l’alfabeto cirillico russo. La guardai e dissi: “Non so spiegare cosa sia successo. Probabilmente, dato che a volte scrivo in russo e quindi uso il cirillico, forse il computer, per qualche strana ragione che però non so spiegare, ha convertito i caratteri. Non lo ritengo un fatto grave, in ogni caso glielo posso ricompilare qui.” E la signora, guardandomi in modo da un lato accigliato e dall’altro un po’ divertito, mi disse: “La ragione per cui le ho rivolto questa domanda, è perché voi russi siete sempre in mezzo alle palle. Io sono ucraina”.
Non avrei mai potuto sospettare che mi potesse succedere qualcosa del genere, tuttavia, da una partenza con il classico piede sbagliato, la situazione prese un’altra piega inaspettata, diventando addirittura una delle sue studentesse preferite. Forse avevamo più cose in comune di quanto ella stessa potesse supporre. E io, questo, l’avevo sempre pensato. Nell’idea e ideologia del mondo slavo, russi, bielorussi e ucraini, in realtà, hanno sempre costituito un tutt’uno. Sono sempre stati più che fratelli, e, quindi, per me non ci sarebbe mai stata ragione di pensare ciò che si pensa, invece, purtroppo oggi, e che aveva pensato anche la seminarista ucraina di allora presso cui avevo seguito il corso. E con il tempo ho sempre continuato a chiedermi perché. La risposta è poi arrivata. Si trova nel cognome di questa donna, che non è russo ma non è neanche ucraino. È polacco. Come lo sono molti cognomi di nazionalità ucraina. E, pertanto, si intuisce come, lungi dal voler trovare giustificazioni e pretesti, sia necessario andare ben oltre il messaggio di “invasione russa”.
È un dato di fatto, certamente, la Russia ha invaso l’Ucraina. Tuttavia è fondamentale andare oltre questo concetto, che non rappresenta che la superficie di tutta la storia, che, purtroppo, è utile alla propaganda e non serve certamente a uscire dal conflitto, né alla semplice idea di conflitto. Al contrario, la cementifica e instilla nella mente di ogni persona odio smisurato e cecità completa e assoluta.
Ho deciso quindi di intervistare Oleh Sh., un signore ucraino, che conosco da qualche tempo e che, dopo qualche chiacchierata insieme, ho capito potesse raccontarmi qualcosa di diverso e soprattutto di più interessante e approfondito sul suo Paese e sul conflitto Russia-Ucraina.
Silvia: Oleh, quanti anni hai e di dove sei?
Oleh: Ho 45 anni e sono di Kharkiv.
Silvia: Quando sei arrivato qui in Italia? E sei arrivato da solo?
Oleh: Sono arrivato in Italia a marzo dell’anno scorso, in macchina, con la mia famiglia, composta dalle tre mie bellissime principesse, cioè mia moglie e le mie due figlie.
Silvia: Raccontami qualcosa di Kharkiv.
Oleh: Innanzitutto, quando si pensa all’Ucraina, so che tutti, o almeno la maggior parte, pensa alla sua capitale Kiev, ma, in realtà, se Kiev ne è la capitale politica, Kharkiv, rappresenta la capitale spirituale e storica dell’Ucraina. Oltre, naturalmente, a essere un importantissimo centro nevralgico del Paese, grazie ai suoi collegamenti. È infatti uno snodo fondamentale per il trasporto, ed è sede di giacimenti di carbone del Donbass, che come si sa è teatro di guerra.
Silvia: Perché hai scelto proprio l’Italia?
Oleh: Sicuramente perché mi piace moltissimo il vostro Paese e l’ho sempre considerato un essere occidentale più prossimo a ciò che è il mio Paese. Un occidente più umano, più sensibile rispetto ad altri Paesi. Culturalmente con ideali e valori più simili ai nostri.
Silvia: Ti eri preparato un piano B? Cioè un altro Paese verso cui espatriare?
Oleh: Certamente, anche perché in molti altri Paesi europei c’è stata mobilitazione nell’accoglierci. Sapevo, in ogni caso, che avrei potuto salvare me stesso e la mia famiglia. Tuttavia, nella mia scelta, ho, per esempio, escluso la Germania.
Silvia: Perché?
Oleh: Questioni climatiche a parte, il governo tedesco ha istituito un piano di aiuti per i cittadini ucraini che, sebbene costituiscano un piano umanitario, dall’altro lato possono avere un risvolto non propriamente positivo. Mi spiego: più che aiuti umanitari, si è trattato di veri e propri incentivi a lasciare l’Ucraina, dando in cambio dei sussidi a ogni ucraino arrivato in Germania. Si tratta di circa Eur 400,00 mensili, più canone di locazione più copertura sanitaria. Che sia tanto o poco, non è questo il punto. È il valore assegnato a questo tipo di aiuto, che è per me, un incentivo ad abbandonare la propria Patria. E io non condivido questo atteggiamento.
Silvia: Esattamente che cosa intendi?
Oleh: Proprio ciò che ho detto. Ovvero, che evidentemente per la Germania e forse altri Paesi europei l’importante non è tanto o solo offrire aiuto agli ucraini, ma cercare, a mio avviso, di fare depopolare il nostro Paese. E, quindi, benché io stesso abbia lasciato l’Ucraina, ho preferito non optare per la Germania proprio per questa ragione. L’aiuto sì, l’aiuto a depopolare no. Per me, pertanto, nell’ottica di lasciare il mio Paese, sarebbe stata l’ultima spiaggia. E, infatti, la Germania ha poi deciso di bloccare tali incentivi economici.
Silvia: Oleh, mi aiuti meglio a capire questa situazione?
Oleh: Per molti, se dici Ucraina, dici Russia, nel senso che il mio Paese sembra, ed è in effetti, ad essa molto legato. Ci sono sicuramente degli interessi. Ma l’Occidente? L’Ucraina interessa moltissimo anche al mondo occidentale. Per renderla, tuttavia, “adatto” a ciò che l’Occidente vuole, è necessario darle una nuova “forma”. Per ottenere ciò, bisogna che il territorio sia libero dagli ostacoli, sia nel senso metaforico che letterale del termine. Quindi, per prima cosa il Paese deve essere svuotato. Per svuotarlo, i suoi abitanti se ne devono andare. Oppure, visto che siamo in guerra, è necessario che muoiano. È brutale, ma non irreale. Comunque plausibile. È, pertanto più che probabile che tale nuova forma potrebbe consistere nello spaccamento dell’Ucraina in almeno due territori, ovvero l’area più a ovest, non toccata dalla guerra, che rientri all’interno del territorio polacco, e l’area centro-orientale, teatro di guerra, lasciata agli israeliani. Infatti, non so se si è a conoscenza del fatto che si stanno dando i documenti per l’espatrio agli israeliani in Ucraina. E in questo la Russia, come si vede, non c’entra assolutamente niente.
Silvia: Sono senza fiato. Perché fare questo?
Oleh: Nel caso della Polonia, anche se la Polonia ha sempre negato tale fatto, vi sono degli antefatti storici di primaria importanza. L’Ucraina occidentale prima di essere integrata nell’Unione Sovietica, apparteneva alla Polonia, intesa come sorta di confederazione polacco-lituana, dopodiché è diventata parte dell’Impero austro-ungarico. La città di Leopoli infatti, era la capitale della Galizia austro-ungarica, in tempi non poi così lontani. Secondo varie correnti di pensiero, la Polonia starebbe quindi preparando il suo esercito per l’occupazione dei territori occidentali dell’Ucraina. Notizia sempre smentita, come detto, ma plausibile, e possibile. Io non ho trovato prove di questo, ma, d’altra parte, se il fatto inizia a essere ventilato, per me significa che qualcosa di vero c’è, e, quindi, non ne sarei stupito. Ma verosimilmente preoccupato.
Ed è così che ho immediatamente collegato questo dettaglio al mio incontro di anni fa con la seminarista ucraina dal cognome polacco. Inoltre, verificando ciò che Oleh mi ha detto in merito a tale fatto, l’Ambasciata polacca in Italia con un comunicato del 9 febbraio 2023 si era affrettata immediatamente a smentire l’idea di una possibile invasione in Ucraina occidentale, così come una sua eventuale annessione alla Polonia. Tuttavia, sembra che, d’accordo con il governo ucraino, la Polonia stia in realtà controllando, non ufficialmente, ma ufficiosamente, alcuni apparati statali dell’Ucraina.
E ciò è provato dal fatto che il centro elaborazione dati utilizzato in Ucraina da qualche tempo si chiama Siltec, che è un ente polacco. Tali operazioni non vengono peraltro nascoste al fronte occidentale, in quanto Siltec collabora a questo merito con le occidentali Cisco, Dell e IBM. Quindi, è lecito pensare che tutti, ai vertici, sappiano già tutto. Gli ignari e non considerati, come sempre, sono i civili ucraini e il resto della popolazione mondiale. E tutto ciò ha senso a maggior ragione in quanto voler tenere sotto controllo l’Ucraina, più che sostenerla, anche dal punto di vista economico-finanziario. I dati, infatti, che vengono controllati ed elaborati sono, per la maggior parte di natura finanziaria.
Allo stato attuale, in Polonia stanno nascendo varie rivolte da parte dei cittadini, i quali, ad esempio, respingano il grano ucraino e, più in generale, tutto ciò che arriva dall’Ucraina. Ma sarà solo questo? È possibile che i cittadini polacchi siano a conoscenza del disegno di annessione dell’Ucraina occidentale alla Polonia, e, probabilmente, non intendono assumersi questa sorta di responsabilità obbligata, perché si tratterebbe di annettere un territorio in forte crisi anche e soprattutto dal punto di vista economico, e in crisi identitaria, nonostante in origine quel territorio fosse appartenuto alla Polonia.
Con l’andare del tempo, lo strato ucraino vi si è sovrapposto e, visto con gli occhi dei polacchi, ciò costituirebbe una specie di corpo estraneo, all’interno del loro territorio. Non si tratta solo, pertanto, di rifiutare prodotti ucraini, ma di rifiutare in blocco tutto ciò che è ucraino, boicottando ancora prima che si paventi ufficialmente un tentativo di annessione. La Polonia e i polacchi sono sempre stati al fianco dell’Ucraina da quando il conflitto è scoppiato. Come mai adesso se ne sentono, invece, minacciati? Sicuro si tratti solo di “faccende di grano”?
Il giudice polacco Tomasz Schmidt non la pensa così, dal momento che ha appena chiesto asilo politico in Bielorussia, in quanto ha egli stesso dichiarato di temere per la sua vita a causa di certe sue dichiarazioni in merito alla violazione degli accordi di Minsk da parte dei firmatari occidentali. Rivolgo un’altra domanda a Oleh.