
Il Papa che ha inteso testimoniare la Cattolicità
Papa Francesco è morto nel Lunedì dell’Angelo. L’ultima apparizione pubblica l’ha regalata nella domenica di Pasqua, dallo stesso luogo in cui il mondo aveva imparato a conoscerlo il 13 marzo 2013. Il Papa sofferente ha impartito la benedizione dalla Loggia centrale di San Pietro ed ha augurato la buona Pasqua ai fedeli. L’ultimo atto di generosità è stato il bagno di folla a via della Conciliazione sulla jeep bianca con il saluto a diversi bambini.
Dovevano essere due mesi di convalescenza dopo le dimissioni dall’ospedale del 23 marzo; invece, il Pontefice non si è risparmiato tra blitz in Basilica, visite a Santa Maria Maggiore, il Giovedì Santo a Regina Coeli tra i detenuti, le udienze alle autorità. L’ultima è quella concessa la mattina di Pasqua a Santa Marta al vicepresidente degli Stati Uniti d’America J. D. Vanc.
Seguendo l’esempio di Papa Giovanni Paolo II, Papa Bergoglio non ha nascosto al mondo le sue sofferenze, rivelando la sua grande umanità.
La “Sede è vacante”. Sono trascorse 24 ore dalla sua dipartita e oltre alle notizie sulle prossime tappe del rituale vaticano (già da lui semplificato) sul post mortem, l’esposizione della salma e i funerali, sui media si sta riversando di tutto, sino alle pruderie sul Collegio Cardinalizio e le scommesse sul suo successore.
C’è chi giustamente esalta l’apertura al dialogo e gli apprezzamenti che provengono soprattutto dai “lontani”, per il suo anticonformismo e le critiche di coloro che all’interno della Chiesa tradizionale, gli rimproverano certe frequentazioni, i giudizi a volte quasi canzonatori sui rituali antichi e credenze popolari, rispetto a vigorose prese di posizione nell’esaltare la priorità della Fede e del culto mariano, senza perdersi in collaudate esteriorità.
Purtroppo, al momento non abbiamo individuato commenti che ci riportano alla vera essenza del Pontificato di Francesco: il ritorno e la vivificazione della Cattolicità.
La cattolicità è una proprietà essenziale e caratteristica dell’unica e vera Chiesa di Cristo. Significa due cose: in primo luogo, vuol dire che la Chiesa è aperta e continua ad esserlo a tutti gli uomini senza alcun limite di spazio o di tempo fino alla fine della storia in modo da potersi ritenere necessaria per tutti. In secondo luogo, significa che la Chiesa di Cristo è in possesso della pienezza della rivelazione fatta da Dio agli uomini.
La parola cattolica o cattolicità ha radici antiche. Il primo autore cristiano che ne fa uso è Ignazio di Antiochia, agli inizi del secolo II, con cui si riferisce non tanto alla Chiesa nel senso universale, quanto piuttosto alla Chiesa vera ed autentica.
Nello stesso senso, Clemente di Alessandria parla della Chiesa cattolica per indicare la Chiesa vera, contrapposta alle sètte ereticali. Generalmente, i Padri, a partire dal secolo III, vedono nel carattere universale della comunione nella stessa fede un segno distintivo della vera Chiesa, in contrapposizione a quelle eretiche, sempre particolari.
Questo fu un argomento caro ad Agostino contro i donatisti, ma Agostino intende anche la parola cattolica come la caratteristica della Chiesa che si estende in tutto il mondo.
Nel Medioevo, Alberto Magno e Tommaso d’Aquino intendono il termine cattolico non come un valore di ordine quantitativo, numerico, ma come la pienezza del pane di vita che è Cristo e che la Chiesa comunica mediante la fede e i sacramenti della fede. La cattolicità sta nell’essenza profonda della Chiesa ancora prima di apparire nella sua estensione.
A partire dall’inizio del secolo XX, si fa strada una concezione più essenziale e più qualitativa per quanto riguarda la cattolicità.
Non si cerca di dimostrare agli altri che abbiamo ragione e che loro hanno torto, ma si cerca di comprendere e di manifestare il mistero della Chiesa. Seguendo la linea tracciata dal Vaticano II (LG cap. I), da puramente esteriore e sociologica, l’idea di cattolicità propende ad essere sempre più interiore e cristologica.
Le ragioni profonde della cattolicità della Chiesa vanno cercate nel mistero stesso della Santissima Trinità. Dio, e con questo nome la Sacra Scrittura designa il Padre, vuole effettivamente la salvezza di tutti quelli che non rifiutano la sua alleanza. E Dio vuol inoltre il mezzo universale di salvezza che è Cristo. Ad un livello inferiore e subordinata a Cristo, Dio vuole la Chiesa come sacramento universale di salvezza. Per parte sua, Gesù Cristo è stato costituito principio universale di salvezza cosicché la Chiesa, corpo di Cristo, è la comunione degli uomini che, avendo accettato Cristo come loro maestro mediante la fede, si sono uniti al suo corpo pasquale di morte e risurrezione.
La cattolicità è dunque una proprietà che è nello stesso tempo attuale e virtuale; è una proprietà dinamica, data e da raggiungere; è un dono e un compito. Ora, nella realizzazione di questo compito, la Chiesa non deve aspirare ad un uniformismo imposto dall’alto, che distrugga le particolarità delle varie chiese. La tradizione autentica della Chiesa non parla in questo senso, ma ha sempre sostenuto che, salvando l’unanimità nella fede, bisogna sempre rispettare un’ampia diversità nelle usanze. Come l’unità, anche la santità e l’apostolicità della Chiesa devono essere cattoliche, ” secondo il tutto “. Perciò la sua legge non può essere quella di una uniformità livellatrice che porterebbe all’impoverimento, ma deve essere quella di una comunione in cui ognuno continua ad essere e a portare quello che è.
Infine, conviene ricordare l’importanza della cattolicità nel compito dell’ecumenismo. Il decreto sull’ecumenismo del Concilio vaticano II dice: ” Le divisioni dei cristiani impediscono che la Chiesa stessa attui la pienezza della cattolicità a lei propria in quei figli, che le sono bensì uniti col battesimo, ma sono disgiunti dalla piena comunione con lei. Anzi, alla Chiesa stessa diventa più difficile esprimere sotto ogni aspetto la pienezza della cattolicità nella realtà della vita ” (UR 4).
Non è che la cattolicità si perda a causa delle divisioni, ma si perde la realizzazione di questa cattolicità. Si ha qui uno dei compiti fondamentali dell’ecumenismo cristiano: ottenere che questa cattolicità, che esiste sempre nella Chiesa, si possa esprimere in tutta la sua pienezza. In questo modo, si potrà ricuperare il profondo significato apologetico di cattolicità, poiché, come si è già detto l’ecumenismo sta in fondo alla vera apologetica.
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