Secondo la sinistra il Governo vuole egemonizzare le televisioni
Dopo il caso Antonio Scurati e del suo monologo antifascista “censurato”, è partito l’attacco della sinistra contro il Governo Meloni che vuole egemonizzare le televisioni. Oscar Sanguinetti, uno studioso di Storia, ma attento alle istanze culturali oggi è intervenuto sulla questione con un interessante editoriale (“Telemeloni?”, 18.5.24, alleanzacattolica.org). Partendo da un detto napoletano: “chiagne e fotte”, che significa “lamentati e nel frattempo colpisci basso”, da siciliano potrei aggiungere il nostro detto che viene rinfacciato a chi si lamenta sempre ma poi sta bene, sei un “ciangiminestra”.
Ecco la Sinistra sta facendo questo da quando si è insediato il governo di centrodestra e la bandiera rossa è stata ammainata dalle torri del potere, di fatto però continua a riempire pagine e pagine dei giornali e, in generale, ostruisce i canali del sistema comunicativo mass (e social) mediatico.
“Le sinistre, un tempo egemoni, hanno perso “qualche” posizione di potere nel modulare i loro messaggi distorcenti, indirizzati a una opinione pubblica sempre più influenzabile dagli strumenti di comunicazione di massa — basti pensare alla figura dell’“influencer” e al suo peso crescente, come rivelano vicende di cronaca ancora recenti —, e usano quelle loro rimaste per strillare alla dittatura, al monopolio, alla censura, al regime, al complotto, al pericolo”.
Tuttavia, la realtà è un’altra, le sinistre post-comuniste hanno perso qualche centimetro di quel strapotere che avevano, conservano tuttora la maggior parte delle “cattedre” — di cui il talk show è la riedizione 2.0 — tanto nella sfera comunicativa pubblica quanto in quella privata. Sanguinetti si è curato di fare una breve rassegna — ovviamente imperfetta e parziale — dei principali programmi televisivi che popolano l’etere ai nostri giorni. Si è limitato ai canali televisivi, escludendo le radio nazionali e locali e i social media, inoltre, ha tralasciato le varie “vita in diretta” e le varie “domeniche in”, concentrandosi sulle trasmissioni specificamente dedicate a formare l’opinione politica, e non solo, degli italiani.
Dalla sua mappatura, emerge che uomini e donne di sinistra partitica o culturale animano le principali trasmissioni serali. A questo punto è bene fare l’elenco di alcuni di questi “salotti”: 1) Massimo Gramellini (La 7); 2) Giovanni Floris (Di Martedì, La 7), dal 2014; 3) Lilli Gruber (Otto e mezzo, La 7; giornaliero); 4) Fabio Fazio (Che tempo che fa, ora su Nove), dal 2003; 5) Bianca Berlinguer (È sempre Cartabianca, Rete 4), dal 2016 su Rai3; 6) Corrado Formigli (Piazzapulita, La 7); 7) Serena Bortone (Che sarà…, Rai 3); 8) Sigfrido Ranucci (Report, Rai 3); 9) Diego Bianchi (“Zoro”) (Propaganda live, La 7); 10) Corrado Augias (La Torre di Babele, La 7); 11) Marco Damilano (Il cavallo e la torre, Rai 3).
Mentre dall’altra parte, a sostegno del governo cosiddetto “autoritario”, avremmo: 1) Bruno Vespa (Porta a porta, Rai 1), il talk più longevo; 2) Paolo Del Debbio (Dritto e rovescio, Rete 4); 3) Mario Giordano (Fuori dal coro, Rete 4); 4) Nicola Porro (Stasera Italia, Rete 4).
Volendo fare un bilancio tipo calcistico, siamo 11 a 4, nel privato; nell’area pubblica 4 a 1. Inoltre, Sanguinetti segnala di avere trascurato poi le cosiddette presenze “volanti” di ospiti “orientati”— autentico “soccorso rosso” dell’informazione — che queste rubriche prevedono: uomini di partito, noti intellettuali, uomini di spettacolo, conduttori di altri talk — attuali o ex, come Lucia Annunziata, Michele Santoro, Marco Travaglio, Gad Lerner, Davide Parenzo — e, ancora, giornalisti e letterati.
Infine, lo scrittore cattolico evidenzia un particolare: la brutta abitudine tutta italiana del giornalista che intervista un altro giornalista, cosa che non accade per esempio all’estero. Allora si domanda Sanguinetti: “dove sta il regime, dove sta la censura, dove sta il monopolio, dove sta “Telemeloni”, dove sta l’assalto ai media perpetrato dal governo?”.
Peraltro, l’intervento di Sanguinetti non tocca la nota dolente della cosiddetta egemonia culturale della sinistra nel campo più largo come l’editoria, l’università, la scuola, ma anche quello della musica, del cinema. In tutti questi ambiti dal dopo guerra in poi, almeno dagli anni ’60, il Pci e poi chi gli è succeduto hanno occupato e dominato ogni angolo della società. Ma qui il discorso si complica, anche perchè la stessa Destra politica e culturale dovrebbe darsi da fare, senza aspettare chissà quale direttiva dall’alto.
A questo proposito tempo fa il giornalista e scrittore Marco Valle, curatore del vivace blog “destra.it”, aveva offerto delle interessanti riflessioni, che meriterebbero ulteriori sviluppi, sul tema si chiedeva come mai in Italia “il mondo che esprime una corposa maggioranza relativa (cioè il Centrodestra) quando si va alle urne, diventa un insignificante “zerovirgola” quando si tratta di tramutare il “sentimento” maggioritario nella società in attività culturali e di informazione di ampio respiro”.
E secondo Valle, “Non mancano gli intellettuali, le case editrici, i siti internet e neanche i giornalisti (c’è pure qualche valida realtà sui social) ma mancano risorse e idee per “fare sistema” e quindi tutto inevitabilmente si perde, si parcellizza, sfuma nel mare magnum della comunicazione, tradizionale e digitale, sempre ben presidiata da chi di dovere”.(Inutile cianciare di egemonie se manca una “fabbrica della cultura”, 10.1.24, destra.it)
Comunque sia per l’ideologia sinistra, il controllo totale dei canali comunicativi è vitale. Solo così si può far credere al Paese reale — già “distratto” in tanti altri modi: sport, festival musicali, feste civili “partigiane”, “concertoni”, vacanze, film e tv-spettacolo — che la realtà è diversa da quella che percepisce, talora drammaticamente, tutti i giorni.
Ancora ieri sera a “Prima di domani”, su rete 4, il problema del presidente Bonaccini era che Ignazio La Russa, teneva in casa il busto di Mussolini, al che Mario Giordano irridendolo le faceva rilevare che i suoi concittadini dell’Emilia Romagna devono fare i conti con le liste d’attesa per le visite specialistiche negli ospedali. Non solo, mentre la sinistra lamenta censure inesistenti,
presso la Caritas ci sono lunghe file di poveri in attesa di un pasto, stessa cosa davanti al “laico” Pane Quotidiano milanese, oppure, tanti altri italiani, costretti a vivere nell’immondizia e nella malavita, come in certe smaglianti metropoli.
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