
A cura del’Avv. Prof. Gianluca Ruggiero
I Paesi europei non sono allineati con la Corte penale internazionale
Il Ministero degli Esteri francese ha dichiarato che la CPI non può chiedere l’arresto e l’estradizione di Netanyahu perché Israele non è parte della CPI e questo garantisce ai suoi ministri l’immunità. Anche il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha avvertito che “l’arresto di Netanyahu non è fattibile, almeno finché sarà primo ministro”. E Dick Schof, primo ministro dei Paesi Bassi – dove ha sede la Corte penale internazionale – ha assicurato che “ci sono scenari possibili, anche nel quadro del diritto internazionale”, in base ai quali Netanyahu potrebbe visitare tranquillamente i Paesi Bassi.
Queste dichiarazioni sono in contrasto con il sostegno degli stessi Paesi Bassi manifestato ai mandati di arresto nei confronti di Vladimir Putin, e l’immagine dei “di due pesi e due misure” mina la credibilità della CPI e la fiducia nella giustizia internazionale.
L’ultima parola sull’arresto di Netanyahu, tuttavia, spetta ai tribunali degli Stati membri della CPI. Questo è stato il caso del 2015 in Sudafrica, quando si è saputo dell’arrivo dell’allora presidente sudanese Al-Bashir, per il cui arresto la CPI ha emesso un mandato, gli attivisti per i diritti umani intentarono una causa presso un tribunale locale, che culminò con l’arresto del capo di Stato.
Ma le autorità sudafricane hanno assicurato la fuga di Al-Bashir, con un volo d’emergenza da un aeroporto militare. Putin doveva recarsi al vertice dei BRICS in Sudafrica alla fine di agosto 2023, per poi rinunciarvi. Nella stessa Francia, dal 2023, è in vigore un ordine di arresto per l’ex presidente siriano Bashar al-Assad. In altre parole, la magistratura del Paese ritiene che la Francia possa arrestare i capi di Stato in carica, mentre la politica ha un atteggiamento di senso contrario.
Il Ministero degli Esteri tedesco ha dichiarato che i mandati di arresto per Putin e Netanyahu non possono essere equiparati. In primo luogo, perché la Russia ha attaccato l’Ucraina, mentre Israele è stato vittima di un attacco di Hamas. In secondo luogo, la Russia, a differenza di Israele, non ha un proprio sistema giudiziario democratico, che si suppone possa occuparsi dei propri criminali di guerra. V’è pero da osservare che, anche se le vittime civili nella Striscia di Gaza sono molto più numerose che in Ucraina, né la Russia né Israele indagano su questi crimini.
Gli Stati Uniti non hanno sottoscritto lo Statuto di Roma e non sono obbligati ad applicare le sentenze della Corte penale internazionale, ma affermano che Israele sta agendo legalmente e hanno minacciato di imporre sanzioni al personale della Corte, anche se in passato hanno accolto con favore il mandato di arresto per Putin. Il presidente ri-eletto Donald Trump, durante il suo primo mandato, aveva già imposto sanzioni contro l’allora procuratore della CPI Fatou Bensouda ed il suo staff per aver indagato sui crimini commessi dalle truppe statunitensi in Afghanistan. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti hanno riconosciuto la legittimità dell’annessione delle alture siriane del Golan da parte di Israele.
La situazione nei territori palestinesi è diventata un banco di prova per capire se gli Stati sono davvero a favore del diritto internazionale penale o se lo intendono come strumento per combattere solo il “nemico” dell’occidente, Vladimir Putin. La Corte penale internazionale ha già sottoposto all’Assemblea degli Stati membri dello Statuto di Roma la questione del rifiuto della Mongolia di arrestare Putin durante la sua visita nel Paese, riconoscendo una violazione dello Statuto.
La situazione sembra essere, quindi, la seguente: i Paesi del Sud del mondo che non sono filorussi, non appoggiano le azioni dell’occidente per sostenere l’Ucraina; fra questi ultimi molti sostengono Israele e non la Palestina e condannano la Mongolia per essersi rifiutata di arrestare Putin o di aderire alle sanzioni contro la Russia.
L’equilibrio precario della Corte penale nel panorama politico internazionale
Le autorità israeliane accusano la CPI di politiche antisemite e anti-israeliane a causa delle indagini e dell’emissione del mandato d’arresto contro Netanyahu, così come le autorità russe la accusano di politiche russofobe e anti-russe a causa del mandato d’arresto contro Putin, perchè non sono gli Stati e le nazioni ad avere responsabilità penali per i crimini imputati, ma individui persone fisiche. Molti israeliti (compresi i discendenti e i sopravvissuti delle vittime dell’Olocausto) non sono d’accordo con le azioni del governo di Netanyahu nella Striscia di Gaza, così come molti russi ( compresi i veterani della Grande Guerra Patriottica e i partecipanti al blocco) non sono d’accordo con la guerra scatenata da Putin in Ucraina.
In Russia, gli attivisti dell’opposizione e i cittadini comuni vengono imprigionati in massa con l’accusa di alto tradimento anche per aver pubblicato articoli o stampati ritenuti sovversivi. Per aver contribuito all’esecuzione dei mandati d’arresto della Corte penale internazionale contro Putin e altri funzionari e ufficiali militari russi, si rischiano pene detentive fino a cinque anni.
Le proteste non sono vietate in Israele – migliaia di persone accusano apertamente Netanyahu di non aver fatto abbastanza per mediare un accordo con Hamas per il rilascio degli ostaggi. Haaretz, tuttavia, ha riferito di aver vietato alle agenzie governative pubblicizzare ciò, a causa di articoli che il governo ritiene dannosi per il suo diritto all’autodifesa.
In entrambi i casi, russo e palestinese, assistiamo ad un populismo manipolatore che fa figurare le accuse della Corte penale internazionale come un attacco allo Stato e non ai singoli esponenti politici.
Putin e Netanyahu sono nati dopo la Seconda guerra mondiale, ma entrambi utilizzano la “manipolazione tossica della memoria”. Netanyahu usa spesso il tema dell’Olocausto nella sua retorica ed entrambi i leader hanno partecipato insieme alla campagna “Reggimento Immortale”.
La preoccupazione per l’uso improprio ideologico della memoria dell’Olocausto non è un fenomeno nuovo. Eminenti sopravvissuti ebrei e intellettuali come Jean Améry, Primo Levi, Zygmunt Bauman e Hannah Arendt hanno condannato l’uso della memoria dell’Olocausto per scopi politici da parte di Israele. Tuttavia, questo aggancio parassitario è stato amplificato solo dopo il 7 ottobre: i politici e i media israeliani hanno ripetutamente e sempre più equiparato Hamas ai nazisti (così come ha fatto Putin durante la campagna anti ucraina), e hanno anche chiamato i palestinesi “animali umani”, richiamando la retorica nazista contro gli ebrei. Assurdamente, alcuni hanno chiamato gli ebrei che sostengono la liberazione palestinese “Kapos”.
Questa attuale militarizzazione dell’Olocausto e dell’antisemitismo è qualcosa – lo si ripete – già oggetto di contestazione, suscitando attuale preoccupazione il modo in cui tale militarizzazione autorizza la violenza di ritorsione e di eliminazione, anche se sotto le mentite spoglie della sicurezza e dell’autodifesa.
L’argomento illegittimo che Israele e i suoi sostenitori usano attivamente contro la Corte penale internazionale è che Israele è una democrazia e non può essere messa sullo stesso piano del gruppo terroristico di Hamas. Anche questa, però, ha tutta l’aria di una manipolazione politica: la CPI non sta confrontando un gruppo terroristico con uno Stato democratico, ma sta rapportando le azioni di una persona con i divieti dello Statuto di Roma.
“Guardate la luna, non il dito che la indica”, ha sentenziato bruscamente la presidente della Corte, la giapponese Tomoko Akane, il 2 dicembre scorso all’Assemblea degli Stati membri della CPI, in quella che ha definito una situazione straordinaria per la CPI. “Milioni di persone innocenti sono vittime di atrocità e persecuzioni inimmaginabili” e “la Corte viene minacciata con sanzioni draconiane come se fosse un’organizzazione terroristica”, ha dichiarato con veemenza, affermando che le minacce, i sabotaggi e le pressioni sulla CPI mirano a minarne la legittimità. Se la Corte dovesse crollare, ha avvertito la giudice, “sarebbe la caduta definitiva dello Stato di diritto nel mondo”.
Sulle minacce alla CPI e al suo procuratore
Prima di richiedere il mandato d’arresto per Netanyahu, a maggio, l’ufficio del procuratore della CPI ha inaspettatamente pubblicato un post sui social media della CPI, chiedendo di fermare immediatamente “tutti i tentativi di ostacolare, intimidire o influenzare indebitamente i funzionari di questo tribunale”.
Il post non specificava a chi o a cosa si riferisse. Ma una settimana prima, un gruppo di senatori statunitensi aveva inviato una lettera a Khan, minacciando di fatto sanzioni e divieti di viaggio per lui, il suo staff e le loro famiglie: “Prendete di mira Israele, e noi prenderemo di mira voi”.
Di lì a poco il Guardian (Regno Unito), e l’edizione ebraica di Local Call hanno pubblicato un pezzo giornalistico investigativo congiunto. In esso si afferma che negli ultimi 10 anni – da quando è iniziata l’indagine preliminare sul caso palestinese – i servizi segreti israeliani hanno condotto una campagna per screditare la CPI, intercettando le comunicazioni dell’ufficio del procuratore al fine di analizzare le informazioni sul proseguimento delle indagini.
I giornalisti hanno affermato che il procuratore della CPI Fatou Bensouda ha incontrato più volte il capo del Mossad, Yossi Cohen, il quale ha fatto pressione per impedire l’indagine della CPI. Il The Guardian riferisce che un’altra fonte israeliana informata sull’operazione contro Bensouda, ha affermato che l’obiettivo del Mossad era quello di compromettere il procuratore o di arruolarla come persona che avrebbe collaborato con le richieste di Israele. Israele ha negato questa circostanza in una risposta alle domande dei giornalisti. Una settimana dopo che la CPI ha emesso il mandato d’arresto contro Netanyahu, Bensouda ha confermato pubblicamente per la prima volta che lei e la sua famiglia sono stati minacciati mentre lavoravano su alcuni dei casi politicamente più sensibili della Corte.
Il caso palestinese non è stato l’unico della sua carriera: la stessa procuratrice ha iniziato a indagare anche sulle prigioni di tortura della CIA in Afghanistan e sugli eventi in Crimea e nel Donbass, dopo i quali il Cremlino si è formalmente rifiutato di ratificare lo Statuto di Roma.
Nel 2022, poco dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia, Sergei Cherkasov, un ufficiale della GRU russa, è stato scoperto nei Paesi Bassi mentre cercava di ottenere un lavoro nell’ufficio del procuratore della CPI sotto le mentite spoglie di un tirocinante brasiliano. Questo è accaduto quasi un anno prima che la CPI emettesse un mandato di arresto per Putin.
Come influirà il mandato di arresto di Netanyahu sulla situazione a Gaza e in Ucraina?
Sia la detenzione di ostaggi da parte dei militanti di Hamas, che l’uso da parte di Israele del blocco degli aiuti umanitari a Gaza continuano. I mandati di arresto, che hanno poche possibilità di essere eseguiti, mirano, tra l’altro, a fermare e prevenire questi crimini; ecco perché la CPI li ha resi pubblici.
La stessa tattica è stata adottata per i mandati di arresto contro Putin, il difensore civico dei bambini Lvova-Belova e i comandanti militari russi Sergei Kobylash, Viktor Sokolov, Valery Gerasimov e Sergei Shoigu: i testi dei mandati rimangono segreti, ma si sa che sono stati emessi. Tali segnali non hanno solo un valore simbolico se pensiamo che alcuni bambini hanno iniziato a essere rimpatriati dalla Russia all’Ucraina. Possiamo inoltre ritenere che all’accusa di crimini di guerra e di crimini contro l’umanità nei territori palestinesi consegue logicamente che i leader di altri Stati sostenitori sia di Hamas che di Israele – fornendo armi o finanziamenti – possono di fatto essere ritenuti complici dei crimini. Anche gli Stati possono essere ritenuti responsabili. Secondo il New York Time il Nicaragua, ad esempio, da sempre sostenitore della causa palestinese, sta ampliando la battaglia legale sul conflitto di Gaza presso la Corte internazionale di giustizia, intentando una causa contro la Germania, uno dei principali fornitori di armi a Israele, lo Stato tedesco sta facilitando la commissione di un genocidio a Gaza, fornendo a Israele aiuti militari e finanziari (in violazione della Convenzione sul genocidio). Carlos Jose Arguello Gomez, ambasciatore del Nicaragua presso i Paesi Bassi, ha detto alla Corte che “non importa se un proiettile di artiglieria viene consegnato direttamente dalla Germania a un carro armato israeliano che bombarda un ospedale” o se va a rifornire le scorte di Israele. L’impatto del mandato sul processo di pace è un classico dilemma “giustizia o pace?” ed è spesso oggetto di ricatto da parte dei presunti criminali internazionali. La giustizia internazionale deve allora contribuire ad allontanare dalla politica legittima coloro che raggiungono i loro obiettivi politici commettendo crimini contro i civili, ed è compito degli Stati parte della CPI garantire che questi individui non ricevano un’ulteriore impunità sotto forma di immunità. In Israele ci sono già accuse di corruzione contro Netanyahu e in generale lui, come Putin, è politicamente dipendente dalla guerra.
Le prese di posizione degli Stati sulla CPI non sono uniformi e ciò indebolisce la Corte sotto il profilo operativo e sul piano della credibilità. È insensato sostenere che i leader di uno Stato democratico siano incapaci di commettere un crimine internazionale, perché il pericolo che ciò accada è attuale e presente ovunque.
© 2025 CIVICO20NEWS – riproduzione riservata
Scarica in PDF